Carlo Pelanda, MilanoFinanza 27/3/2015, 27 marzo 2015
IL VERO PERICOLO CINESE È L’INSTABILITÀ POLITICA
Da tempo il potere emergente della Cina pone un dilemma agli strateghi occidentali: il gigante asiatico è un nemico o un partner? Le nazioni dell’Ovest vedono la Cina sia come possibile nemico che come partner, ma questa posizione va interpretata in diverse gradazioni: americani e nipponici sono più propensi a vederla come nemico, e di conseguenza cercano di contenerla, mentre gli europei sono più inclini all’altra ipotesi. Nel 1978 Deng Xiaoping avviò una serie di riforme con l’obiettivo di creare un’economia di mercato come strumento di potenza che avrebbe permesso alla Cina di dominare in 4 o 5 decenni l’Asia e da tale posizione il resto del mondo. L’arretratezza, e l’aiuto dell’America in cambio del divorzio dall’Urss, fece scegliere a Pechino un modello trainato dall’export e dall’attrazione degli investimenti esteri, il che ne fece un mercato di importanza centrale.
Tale strategia di lungo termine, poco variata dai leader successivi, sta avendo successo. La Cina è ormai così centrale che crearle problemi si ripercuoterebbe, in misura amplificata, sul mercato globale. Ciò spiega lo stallo strategico dell’Occidente: la Cina è un partner inevitabile anche se possibile nemico. Ma apre un problema finora poco discusso: al centro del mondo c’è una non-democrazia dove la sostituzione periodica delle élite è regolata dalla violenza e non dal voto. Se nel 2022 la successione a Xi Jinping accendesse un conflitto destabilizzante, la tempesta globale che ne seguirebbe porterebbe il mondo a una depressione prolungata.
Più che l’aggressività cinese, il mercato finanziario deve temere la possibile implosione della Cina e cominciare a misurarne il rischio. Da un lato Pechino vuole mostrare che le procedure di sostituzione sono e resteranno ordinate. Dall’altro c’è evidenza di scontri violenti tra fazioni in ogni evento di successione. Inoltre nei prossimi anni Pechino dovrà cambiare modello economico e gestire probabilmente una recessione. La combinazione tra instabilità politica e possibile impoverimento impongono di alzare il rischio prospettico e di pensare a misure di salvaguardia, in particolare: (a) a una convergenza euro-dollaro per creare un prestatore di ultima istanza abbastanza grande da gestire l’impatto globale di un’eventuale implosione cinese; (b) al blocco della convertibilità dello yuan; (c) a una strategia di condizionamento della Cina, affinché renda più affidabile il sistema politico. Per salvare il Paese da se stesso e il mondo da una sua destabilizzazione, l’Occidente dovrebbe ricompattarsi su una strategia in grado di condizionarla più che di contenerla.
Carlo Pelanda, MilanoFinanza 27/3/2015