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 2015  marzo 27 Venerdì calendario

I TEST E LA SCIENZA

È possibile che una delle più sicure compagnie aeree, Lufthansa, abbia reclutato un pilota aspirante suicida, ovvero predisposto ad andare in sovraccarico e quindi a diventare depresso come conseguenza di stress prolungato? In altre parole, può essere che i test psicometrici a cui sono sottoposti i piloti per rilevare eventuali vulnerabilità psicologiche non abbiano consentito di capire che a quell’uomo non si doveva lasciar pilotare un aereo?
In altre parole, può essere che i test psicometrici a cui sono sottoposti i piloti per rilevare eventuali vulnerabilità psicologiche non abbiano consentito di capire che a quell’uomo non si doveva lasciar pilotare un aereo? Per la verità non ci sono ancora prove, ma solo congetture quelle che portano la procura di Marsiglia a sostenere che Andreas Lubitz avrebbe intenzionalmente fatto precipitare il volo Germanwings 9525 da Barcellona a Düsseldorf, per uccidersi insieme ad altre 149 persone. E forse sarebbe stata opportuna maggiore prudenza prima di accusare pubblicamente il ventottenne di un atto tanto sciagurato, con le conseguenti ripercussioni sulla vita dei familiari. Non si può ancora negare che ad esempio egli non abbia aperto al comandante perché impegnato nel tentativo di evitare una tragedia che già risultava inevitabile, anche perché l’andamento della discesa è regolare ma rapido. Se si consultano i blog degli esperti di voli aerei, l’ipotesi del suicidio è al momento ritenuta ancora una delle ipotesi su cui lavorare. Per esempio, il giornalista scientifico Gianfranco Bangone, rileva nel suo blog analogie con altre situazioni rischiose che si erano già presentate in passato per l’Airbus A320, e vede una possibile spiegazione di quanto accaduto nel fatto che questa aviomacchina dipende da controlli automatici che se vanno in avaria non possono facilmente essere disinseriti per passare al volo manuale (http://gianfrancobangone.net/2015/03/25/lincidente-del-320-in-francia-ha-dei-precedenti/). Per sapere come è davvero andata bisognerà aspettare l’analisi del dispositivo che registra le tracce di volo e i cambiamenti eventualmente messi in atto con intento suicida.
Ma prendiamo seriamente l’ipotesi avanzata pubblicamente e ufficialmente dal procuratore di Marsiglia che sta conducendo l’indagine, ovvero che si tratti di un suicidio del pilota. Se davvero fosse così, come si tende a dare per scontato anche perché drammatizza ancor di più il fatto, allora le compagnie aeree e il sistema dei trasporti aerei dovrebbero interrogarsi sull’efficacia delle procedure di un reclutamento dei piloti, dato che non garantiscono per la loro stabilità psicologica, ovvero se esiste qualche nuovo fattore di stress rispetto al quale i controlli e le valutazioni non sono sufficientemente sensibili. Di fatto sono 7-8 i disastri aerei accaduti nell’ultimo decennio per i quali si sospetta, e in qualche coso si ha la prova, di un suicidio del pilota, che è peraltro abbastanza difficile da dimostrare e rimane l’ultima spiegazione in assenza di qualunque elemento di prova alternativo. Ma proprio per il fatto che il carico lavorativo dei piloti di aerei è aumentato e i rischi di depressione da burnout sono quindi sensibilmente superiori, si deve fare più attenzione. La responsabilità di quanto accaduto non può certamente ricadere sul povero Lubitz, anche nel caso in cui egli avesse guidato intenzionalmente il velivolo a schiantarsi sulle montagne della Provenza. Lufthansa doveva vigilare meglio sulla stabilità psicologica dei suoi piloti e gli enti di vigilanza dovrebbero richiedere controlli psicometrici più mirati e frequenti.
Sarebbe anche importante non sottovalutare il carico che la depressione oggi rappresenta nei paesi occidentali, dove di fatto è ancora stigmatizzata (come altre malattie mentali) e quindi mantenuta nascosta per timore dei giudizi sociali o perché si crede che sia possibile controllarne gli effetti tramite la cosiddetta “volontà”. I pregiudizi e le ingenue credenze sono le ragioni per cui i malati non ricorrono alle cure, che consentirebbero loro prevenire i danni che possono fare a sé e agli altri.