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 2015  marzo 26 Giovedì calendario

ECCO COME FUNZIONANO IN EUROPA

Il decreto legge Renzi-Padoan sulle banche popolari e l’imminente autoriforma delle Bcc e delle Casse Rurali hanno acceso i riflettori sullo stato di salute del credito cooperativo italiano, che d’ora in poi è in parte tenuto a ispirarsi ai modelli in vigore in Europa. In linea di massima il credito cooperativo (inteso come credito mutuale, quindi popolare) nel Vecchio Continente ha retto meglio l’urto della crisi rispetto alle banche dotate di altri sistemi di governance. Questo però non vale per l’Italia. Secondo uno studio del Boston Consulting Group (elaborato su dati del sistema bancario Ue al 2013), il rating delle banche di credito cooperativo italiane è passato da A a BB perdendo due gradi, mentre le grandi banche italiane sono riuscite a mantenere un grado superiore (BBB).
Più in generale, il credito cooperativo in Europa è più redditizio ed efficiente delle altre banche. Il rapporto cost-income, sempre secondo lo studio, è infatti del 66% contro il 73% delle altre banche. Tale valore scende in Italia, dove il cost-income delle banche di credito cooperativo è pari al 63%. Il return on asset (roa) degli istituti popolari europei è dello 0,1% contro il -0,1% degli con diversi sistemi di governance. Anche in questo caso il valore in Italia si abbassa, attestandosi a -0,2%. Ma come si configura nel resto d’Europa il sistema delle banche mutuali, che costituisce circa il 45% degli istituti, dei dipendenti e delle filiali, con una quota di mercato media del 20% e asset complessivi quantificati in oltre 7 miliardi di euro? I sistemi mutualistici all’estero hanno sviluppato logiche simili tra loro. In linea di massima sono organizzati su almeno due livelli societari: uno locale (che a sua volta si sdoppia in regionale e provinciale, dove sono operative le banche cooperative locali) e uno centrale, dove è presente la banca capofila non cooperativa, di cui le banche locali sono azioniste. Le caratteristiche-chiave del sistema cooperativo (voto capitario e limite di possesso azionario) si applicano alle singole banche cooperative locali, che sono azioniste della banca-madre, e non si applicano invece alla banca capofila. L’istituto capofila funziona da organo di supervisione e controllo sulle singole realtà locali e ha responsabilità di internal audit, ruolo che quindi è esterno alle singole banche cooperative locali. Infine, nel caso di banche quotate, il soggetto a essere quotato è la banca capofila (non cooperativa) e non le singole realtà mutualistiche locali.
Venendo ai singoli Paesi, in Francia esistono tre grandi gruppi organizzati con logiche simili, ma non identiche. Il Crédit Agricole è quotato (esiste il voto capitario) e per i soci non è previsto un limite di possesso azionario. Simile il caso di Bpce, la seconda banca di Francia, nata nel 2009 dalla fusione della Cnce e Bfbp. Diverso il caso del Crédit Mutuel, che non ha una holding quotata e ha stabilito un limite di possesso azionario pari a 50 mila euro. In Germania il sistema del credito cooperativo è molto frammentato, ma organizzato in strutture centrali (per legge ogni cooperativa deve aderire a una federazione nazionale), di cui nessuna quotata. Nessun regolamento impone alle cooperative di credito di primo grado di utilizzare i servizi messi a disposizione dagli istituti di grado superiore, ma, in base a un principio di fedeltà non scritto, tale meccanismo viene applicato di fatto. Infine il sistema olandese (quello, per intenderci, preso a modello da Banca d’Italia per l’autoriforma delle Bcc): anch’esso è organizzato su due livelli, in cui le funzioni associative e di impresa sono concentrate in Rabobank. «Ogni cooperativa di credito di nuova costituzione deve aderire alla centrale Rabobank e sottoporsi al suo controllo», si legge nello studio. L’intera gestione della banca locale viene sottoposta a controlli e a eventuali interventi correttivi attraverso raccomandazioni da parte di Rabobank. Nella prassi gestionale queste raccomandazioni equivalgono a vere e proprie istruzioni, per cui i rapporti tra banca centrale e periferia sono ormai schematizzati e danno forma a un complesso sistema di garanzie incrociate che garantisce solidalmente l’esposizione creditizia di tutte le componenti del gruppo.
Claudia Cervini, MilanoFinanza 26/3/2015