Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  marzo 26 Giovedì calendario

Notizie tratte da: Guido Corbò, Fisica per non fisici, Salani 2015, 272 pp., 16,

Notizie tratte da: Guido Corbò, Fisica per non fisici, Salani 2015, pp. 272, 16 euro.

Vedi Libro in gocce in scheda: 2311166
Vedi Biblioteca in scheda: 2309678

• «Quando un aereo comincia la discesa per atterrare, la velocità passa da quei novecento chilometri l’ora, o su per giù, a soli trecento chilometri l’ora (o su per giù) prima del touch down sulla pista; eppure noi non ci siamo magari neanche accorti di questa variazione della velocità perché essa è avvenuta in un tempo lunghissimo. (…) Il pericolo che possiamo correre viaggiando dipende dalla eventualità che si possano presentare circostanze nelle quali le decelerazioni siano molto grandi. La velocità, di per sé, non è rilevante. Così, viaggiando in auto, è bene indossare la cintura di sicurezza anche se siamo in città; anzi, soprattutto se siamo in città pur procedendo a piccole velocità, poiché una frenata improvvisa e dunque una notevole decelerazione è tutt’altro che una eventualità remota».

• «In automobile la sensazione di velocità che si avverte dipende in notevole misura dall’altezza che abbiamo rispetto alla strada. Più siamo in alto, per esempio a bordo di un camion piuttosto che a bordo della nostra 500, meno abbiamo l’impressione di andare veloci. Ci possiamo accorgere bene di questa circostanza in una situazione estrema, quando andiamo in aeroplano e siamo magari a diecimila metri di quota. Guardando dal finestrino ci sembra di essere quasi fermi, anche se il nostro jet sta volando a novecento chilometri l’ora».

• «A bordo di un pallone aerostatico che viene spinto da un vento tempestoso, magari a cento chilometri l’ora mentre cade una fitta pioggia, potete stare tranquillamente a conversare senza bagnarvi! Questo perché un pallone aerostatico non ha motore e quindi è sempre fermo rispetto all’aria circostante anche se, rispetto al suolo o alla superficie dell’oceano, sta viaggiando a cento chilometri l’ora. Il vento non vi fa dunque avvertire la sua presenza anche se è molto intenso. Così pure, rispetto al pallone, la pioggia cade perpendicolarmente e, con il pallone sopra la vostra testa, non vi bagnerete; se non per le gocce che scivoleranno sulla superficie del pallone e cadranno nella cesta».

• «Nonostante la Luna volga sempre la stessa faccia, qui dalla Terra possiamo osservare quasi il sessanta per cento della sua superficie complessiva, invece del cinquanta per cento che ci aspetteremmo, per un fenomeno conosciuto come librazione lunare. Il fatto è che l’asse di rotazione della Luna non è esattamente ortogonale al piano dell’orbita che essa descrive intorno alla Terra. Inoltre tale orbita non è esattamente circolare, con il risultato che la Luna ci appare a volte un po’ ruotata e dunque possiamo “sbirciare” – diciamo così – nella parte nascosta».

• «La nostra visione tridimensionale è dovuta proprio al fatto che osserviamo un certo oggetto da due punti di vista leggermente diversi che sono le rispettive posizioni dei nostri occhi. Il cervello poi “fonde” le immagini prodotte sulla retina di ciascun occhio e in definitiva ci fornisce una unica immagine che ci dà la sensazione della profondità».

• «La Svezia è una terra che si estende prevalentemente da Nord a Sud e così, più o meno da Nord a Sud, si stende la maggior parte delle linee ferroviarie. Ebbene, in passato si notò che i treni che percorrevano queste linee consumavano di più la rotaia di destra (rispetto al senso di marcia) piuttosto che quella di sinistra. Eppure non è che il binario pendesse leggermente dalla parte destra, magari per un errore nei lavori di installazione della ferrovia; il binario era perfettamente in piano. Ben presto si capì che il maggior consumo della parte destra era dovuto a un effetto del quale non era stato tenuto conto: quello dell’accelerazione di Coriolis», così chiamata dal nome del fisico francese Gaspard Gustave de Coriolis (1792-1843). Essa è l’accelerazione che, a causa del moto di rotazione terrestre, corrisponde a ogni traiettoria curvilinea: «la presenza di tale accelerazione mostra dunque che, rispetto alla superficie terrestre, un corpo libero di muoversi non procede in linea retta ma devia verso destra. (…) Torniamo allora al nostro treno che corre da Nord a Sud [o, indifferentemente, da Sud a Nord – ndr]. Se fosse libero di scivolare curverebbe verso destra, come abbiamo appena visto. Obbligato com’è a viaggiare in rettilineo, esso dunque spinge... invano continuamente verso destra con una forza che ovviamente viene chiamata forza di Coriolis. Il conseguente attrito consuma la rotaia a destra più di quanto non consumi quella a sinistra. Come è stato risolto il problema, in Svezia? Semplice: invece di porre le rotaie in un piano orizzontale, queste pendono leggermente verso sinistra. Così l’effetto del peso del treno, che grava più sulla rotaia sinistra, compensa l’effetto della forza di Coriolis che spinge verso destra».

• «E dalle nostre parti? Non si verifica un fenomeno simile a quello che accade in Svezia? Sì, l’accelerazione di Coriolis è presente come in Svezia, intendiamoci; ma si tratta stavolta di un effetto piccolissimo, quasi del tutto trascurabile. Infatti esso è rilevante soltanto nelle zone in prossimità del Polo Nord (o del Polo Sud) e possiamo rendercene conto pensando al fatto che, nei pressi del Polo Nord, spostarsi di un solo grado di latitudine sulla superficie terrestre implica una notevole variazione della distanza dall’asse di rotazione terrestre e quindi gli effetti della rotazione stessa sono più marcati. Viceversa, alle nostre latitudini o addirittura all’equatore, spostarsi di un grado di latitudine non cambia apprezzabilmente tale distanza: il fatto che la Terra ruoti non cambia le condizioni che si avrebbero se la Terra fosse ferma».

• Il valore della velocità della luce, «nella letteratura scientifica, è sempre indicato con la lettera c: precisamente, c = 299.792,458 Km/s. Se non ci interessano calcoli molto precisi possiamo approssimare questo valore a 300.000 Km/s che indica una velocità veramente enorme rispetto a quelle alle quali siamo comunemente abituati. Basti pensare che un’astronave diretta verso la Luna viaggia inizialmente a 40.000 Km/h che equivalgono a “soli” undici chilometri al secondo; ben poco rispetto ai trecentomila della luce».

• Quando si parla di velocità della luce c, «si intende quella che misuriamo nel vuoto, come quello presente nello spazio interplanetario. Nei mezzi materiali, come il vetro, l’aria o l’acqua, la velocità della luce è infatti inferiore a c. Nell’aria presente in un laboratorio questo decremento è del tutto trascurabile ma in altri mezzi la velocità della luce può essere anche notevolmente inferiore a c, pur mantenendosi comunque a valori molto elevati: nel diamante, per esempio, la luce si propaga a centoventimila chilometri al secondo».

• «La luce è un fenomeno corpuscolare e ondulatorio. Cosa vuol dire questa affermazione? Vuol dire che possiamo tranquillamente pensare a un raggio di luce come a uno sciame di fotoni [corpuscoli luminosi – ndr]. Ciascun fotone, però, non ha soltanto le caratteristiche di una “pallina” piccolissima: esso si comporta anche come un’onda. Così la propagazione di un numero grandissimo di fotoni è proprio simile a quella di un’onda sulla superficie di un liquido e possiamo pensare, altrettanto correttamente, che un raggio di luce sia un’onda luminosa».

• «Chissà quante volte da bambini, magari alle scuole elementari, abbiamo assistito a uno straordinario fenomeno naturale: dopo aver strofinato una comunissima penna a sfera sulla manica di un golf di lana, abbiamo constatato che la penna attirava pezzettini di carta. (…) Il fenomeno di elettrizzazione per strofinio, come quello che abbiamo appena considerato, era noto già ai tempi degli antichi greci. Essi non avevano penne a sfera (e nemmeno pezzettini di carta…) ma disponevano di una sostanza resinosa, l’ambra, con le quali attirare pagliuzze o pezzetti di papiro. L’ambra, in greco, si chiamava elektron; ed ecco l’origine della parola “elettricità”».

• «Gli antichi greci avevano osservato anche un altro interessante fenomeno: blocchi di un particolare minerale, trovato nei pressi della città di Magnesia, avevano la proprietà di attirare pezzi di ferro. Forse anche a noi sarà capitato di osservare questa attrazione, avvicinando una calamita a un mucchietto di limatura di ferro. Proprio dal nome della città di Magnesia ha origine il termine “magnetismo”».

• «I fenomeni elettrici e magnetici sono dunque noti come tali fino dall’antichità e si è creduto per molto tempo che si trattasse di fenomeni indipendenti gli uni dagli altri. Solo in tempi relativamente recenti, nel corso del diciannovesimo secolo, ci si è invece via via convinti che essi sono due aspetti di un’unica categoria di fenomeni. I termini “elettrico” e “magnetico” sono così stati riuniti nell’unico aggettivo “elettromagnetico”».

• «Come l’ambra, così bacchette di vetro, di ebanite, di ceralacca o di materiali plastici moderni (per esempio il plexiglass) strofinate su un panno di lana acquistano la proprietà di attirare pezzettini di carta (o altri corpi leggeri). Diciamo dunque che per strofinio queste bacchette acquistano una proprietà che chiamiamo carica elettrica. È interessante notare che dopo aver strofinato due bacchette di vetro su altrettanti panni di lana, le due bacchette si respingono se vengono avvicinate l’una all’altra. Lo stesso fenomeno avviene se le due bacchette sono entrambe di ebanite anziché di vetro. Ma, cosa molto interessante, una bacchetta di vetro e una di ebanite si attraggono. Questi fenomeni vengono genericamente indicati come fenomeni di attrazione (o repulsione) elettrostatica».

• «Ripetendo questi esperimenti con altri materiali, possiamo concludere che le proprietà che essi acquistano una volta strofinati con panni di lana sono di due tipi diversi, cioè le cariche elettriche che acquistano sono di due tipi diversi. (…) A questi due tipi di carica elettrica vengono dati convenzionalmente i nomi di carica positiva e carica negativa. Così, diciamo che il vetro strofinato su un panno di lana si carica positivamente mentre l’ebanite, sempre strofinata con un panno di lana, si carica negativamente».

• «E allora, per quale motivo lo strofinio su un panno di lana fa in modo che la bacchetta di vetro si carichi positivamente? Il fatto è che nel vetro gli elettroni sono meno legati a formare gli atomi di quanto non siano gli elettroni nella lana e allora, a seguito della nostra operazione, una notevole quantità di elettroni passa dal vetro alla lana. Per conseguenza il panno di lana acquista in definitiva una notevole quantità di carica elettrica negativa. E la bacchetta di vetro? Ebbene, essa ha perso una grande quantità di elettroni, con il risultato che rimangono in eccesso molti protoni. La loro carica complessiva è dunque la carica positiva che la bacchetta di vetro possiede. Il fenomeno opposto accade se strofiniamo una bacchetta di ebanite. Stavolta gli elettroni sono meno legati alla lana di quanto non siano all’ebanite e allora, con lo strofinio, essi “migrano” dalla lana all’ebanite con il risultato che quest’ultima risulta carica negativamente».

• Un corpo elettricamente carico genera intorno a sé «quello che viene chiamato un campo elettrico. In altre parole, la presenza di un corpo elettricamente carico determina una nuova situazione nello spazio circostante, situazione per la quale un secondo corpo carico risente della presenza del primo e l’effetto risultante è quello di una forza attrattiva (o repulsiva) tra i due oggetti. Osserviamo poi che si hanno fenomeni analoghi all’attrazione o repulsione elettrostatica quando siamo in presenza di calamite. (…) E proprio come abbiamo discusso per il campo elettrico, possiamo dire che una calamita genera intorno a sé quello che è naturale definire come un campo magnetico. Una seconda calamita, posta in questo campo, risente della presenza della prima sotto forma di forze di attrazione o repulsione».

• «Un corpo elettricamente carico che si muove di moto accelerato genera onde che si propagano nello spazio. Si può verificare sperimentalmente che si tratta di onde che trasportano un campo elettrico e un campo magnetico cioè, in breve, di onde elettromagnetiche. (…) Le onde elettromagnetiche si propagano esattamente alla velocità della luce, indipendentemente dalla loro ampiezza e dalla loro lunghezza d’onda. (…) Questo risultato ci porta all’interpretazione corretta dei fenomeni luminosi: essi sono dovuti alla propagazione di un campo elettromagnetico. Un raggio luminoso non è altro che un campo elettromagnetico che viaggia nello spazio».

• «I migliori occhiali da sole sono quelli che hanno lenti polarizzate, di qualsiasi marca. Cosa sono le lenti polarizzate? Sono materiali plastici che sono stati trattati con un opportuno procedimento chimico in modo tale che si formino molecole molto allungate che si dispongono come una catena disposta orizzontalmente. Dentro il materiale, gli elettroni sono liberi di muoversi lungo la direzione nella quale sono orientate le molecole, mentre essi non possono muoversi in direzione ortogonale. Questa circostanza fa sì che queste lenti agiscano come filtro per la luce che le investe».

• «Teniamo presente che la propagazione della luce è un fenomeno elettromagnetico. (…) Un raggio luminoso contiene un’infinità di campi elettrici che oscillano come onde in modo assolutamente casuale. Se uno di tali campi oscilla nella stessa direzione nella quale sono disposte le molecole della lente, gli elettroni [delle molecole “orizzontali” della lente – ndr], liberi di muoversi in quella direzione, si mettono in moto seguendo questa oscillazione. Essi dunque assorbono l’energia del campo che così “non ce la fa” ad attraversare la lente. (…) Una lente polarizzata filtra dunque un raggio luminoso, permettendo il passaggio soltanto ai campi che oscillano verticalmente. Beh, e se un campo oscilla un po’ di traverso? La lente lo lascia passare ma attenuato, perché il campo elettrico si trova in uno stato che è una via di mezzo tra quello nel quale l’onda può attraversare la lente e quello nel quale è completamente assorbita».

• Sovrapponendo a una lente polarizzata un’altra lente polarizzata, «se questa è disposta parallelamente alla precedente vedremo che la seconda lente non attenua la luce che è passata dalla prima. Infatti la seconda lente accetta completamente quella che ha attraversato la prima. (…) Viceversa, poniamo la seconda lente ortogonalmente alla precedente: vedremo tutto nero. Infatti la seconda lente blocca completamente la luce attraversata dalla prima».

• In un orologio a cristalli liquidi «i numeri sono visibili solo per un effetto di polarizzazione della luce. Il fondo del quadrante è infatti un cristallo polarizzato secondo una certa direzione proprio come una lente Polaroid [cioè una lente polarizzata – ndr]. I numeri sono poi formati dai cristalli liquidi: materiali che, sempre come le lenti Polaroid, sono polarizzati nella stessa direzione che compete al quadrante. (…) Il circuito elettronico dell’orologio, opportunamente progettato, cambia di volta in volta la polarizzazione dei cristalli che formano i numeri rendendola ortogonale a quella del quadrante. A questo punto, sempre come abbiamo discusso a proposito di occhiali Polaroid sovrapposti, la luce proveniente dal quadrante è completamente bloccata dai numeri che finalmente vediamo: neri».

• Un moderno televisore 3D fornito degli appositi occhiali «mostra alternativamente le immagini che provengono da due punti di vista leggermente diversi. Questa alternanza è rapidissima e, se non avete gli occhiali, vedrete sullo schermo due immagini sovrapposte leggermente diverse. Ma se avete indossato gli occhiali collegati al televisore vedrete finalmente le immagini tridimensionali. Perché? Quando il televisore visualizza l’immagine prodotta – diciamo – a sinistra, esso emette un segnale che rende la lente destra completamente oscura, proprio per un fenomeno analogo a quello che avete osservato con le lenti Polaroid sovrapposte ortogonalmente. Il risultato è che vedete soltanto l’immagine sinistra. Dopo una frazione di secondo, il televisore invia l’immagine destra e contemporaneamente invia un segnale che oscura la lente sinistra, con il risultato che vedete solo l’immagine di destra. Voi non vi rendete conto di questa rapida alternanza per il fenomeno di persistenza delle immagini sulla retina. Il risultato è che con l’occhio sinistro continuate a vedere l’immagine di sinistra e con quello destro l’immagine di destra. Siete proprio nella situazione normale, quando osservate un qualsiasi oggetto davanti a voi».

• «Noi che viviamo in Europa siamo abituati a vedere il Sole che, dall’alba al tramonto, va “da sinistra a destra”. Certamente: a mezzogiorno, per osservare comodamente il Sole ci volgiamo a Sud e, guardando in quella direzione, abbiamo l’Est alla nostra sinistra e l’Ovest alla nostra destra. Il Sole sorge a Est e tramonta a Ovest, come ben sappiamo, dunque lo vediamo andare appunto da sinistra a destra. Ebbene, in Australia il Sole va da destra a sinistra! Ciò significa che in Australia il Sole sorge a Ovest e tramonta a Est? No. Il Sole va sempre da Est a Ovest; solo che in Australia, se vogliamo comodamente osservare il Sole a mezzogiorno, dobbiamo volgerci a Nord. L’Est si trova alla nostra destra, l’Ovest alla nostra sinistra e così vediamo il Sole andare da destra a sinistra».

• «Un’altra curiosità che possiamo notare nell’emisfero australe è che la Luna appare rovesciata rispetto a come appare dalle nostre parti. La Luna al primo quarto appare, a Sydney, come la Luna all’ultimo quarto a Roma. E allora, per gli australiani, non è più vero che “gobba a levante Luna calante, gobba a ponente Luna crescente”? No. Questo detto popolare è vero anche laggiù perché è vero che la Luna appare rovesciata; ma sono “rovesciati” anche i punti cardinali».

• «Quando la luce investe un corpo qualsiasi, essa riversa su esso una certa quantità di energia. Lo sappiamo bene, pensando per esempio alla luce solare che investe il nostro pianeta e lo riscalda. Ma la luce non si limita a questo: quando cade su un oggetto, essa esercita anche una pressione molto debole che è chiamata pressione di radiazione». Se ne possono apprezzare gli effetti osservando il passaggio di una cometa: contrariamente a quanto si potrebbe pensare, infatti, la direzione della coda è del tutto indipendente dalla direzione della cometa stessa, poiché nel vuoto assoluto interplanetario non c’è nulla che possa condensare come il vapore acqueo che forma la scia di un jet. «La direzione, anzi la presenza stessa della coda, è determinata dalla presenza del Sole. È la luce del Sole che esercita la pressione di radiazione sul nucleo centrale della cometa e “soffia via” – per così dire – le minuscole particelle che vanno a formare la coda».

• «L’esistenza della pressione di radiazione è facilmente interpretabile in termini di fotoni, cioè pensando a un raggio luminoso come a uno sciame di minuscole particelle. In questi termini possiamo pensare alla pressione di radiazione come manifestazione complessiva degli urti che avvengono tra i fotoni e le particelle che costituiscono il nucleo centrale della cometa».

• «Quando osserviamo un raggio luminoso noi non vediamo la luce fotone per fotone ma un fluire di radiazione senza soluzione di continuità. Un raggio luminoso è infatti costituito da un numero immenso di fotoni e dunque quello che noi percepiamo è un effetto medio; proprio come, durante un acquazzone, non sentiamo il rumore della pioggia a goccia a goccia ma uno scrosciare di intensità costante che è l’effetto globale medio del rumore prodotto dalle singole gocce quando esse raggiungono il suolo».

• Il principio di relatività «consiste nell’assumere che le leggi fisiche siano sempre le stesse in tutto l’Universo e in qualsiasi condizione ci si possa trovare. (…) La velocità della luce è una costante universale indipendente appunto da qualsiasi situazione. (…) Questa circostanza fondamentale, della quale dobbiamo prendere atto, è uno dei punti di partenza per la formulazione delle Teoria della Relatività di Einstein. Riassumendo, essa è dunque basata essenzialmente su due assunti: (1) la velocità della luce (nel vuoto) è una costante universale; (2) vale il principio di relatività».

• La famosa equazione di Einstein E=mc2 stabilisce l’equivalenza tra massa ed energia: precisamente, essa significa che l’energia (E) emessa da un corpo è pari alla perdita di massa (m) subita da quel corpo in seguito all’emissione, moltiplicata per il quadrato della velocità della luce (c). «Massa ed energia sono dunque praticamente la stessa cosa; tuttavia c’è da tenere conto del fatto che a una certa massa, anche molto piccola, corrisponde una energia grandissima. Infatti quest’ultima è ottenuta dalla massa moltiplicandola per il quadrato della velocità della luce. Se è vero che c ha un valore elevatissimo, il suo quadrato è una quantità ancora molto, molto più grande».

• In una ordinaria reazione chimica, comunque, «le energie in gioco sono sempre piccolissime; dunque variazioni di massa che in linea di principio sono presenti sono assolutamente inosservabili. (…) Diverso è il caso se progettiamo un recipiente attraverso il quale riusciamo a fare in modo che un grammo di materia vada perduto. A mano a mano che questa massa viene perduta, dal recipiente viene evidentemente rilasciata la corrispondente quantità di energia. Se questo grammo di materia “scompare” – mettiamo – in un anno, l’energia rilasciata può essere utilizzata in un modo che possiamo definire “costruttivo”. Se essa viene rilasciata in un tempo brevissimo si ha invece un effetto esplosivo. (…) Nel caso che stiamo considerando, il recipiente al quale pensiamo è un reattore nucleare o una bomba atomica, a seconda dei casi».

• «In una bomba atomica i prodotti dell’esplosione hanno complessivamente una massa di un solo grammo inferiore a quella della massa iniziale. In circa un milionesimo di secondo si verifica il rilascio di una energia che ha un valore dato dall’equazione E=mc2. A calcoli fatti (ponendo m = 1 grammo), si vede che l’energia corrisponde a quella prodotta dall’esplosione di circa ventimila tonnellate di tritolo. Questa trasformazione di massa in energia, in quantità così rilevante, è possibile solo se intervengono reazioni nucleari, cioè quelle reazioni che comportano trasformazioni all’interno del nucleo dell’atomo. Per questo, a rigore, quella che comunemente chiamiamo “bomba atomica”, dovrebbe essere chiamata bomba nucleare».