Stefano Feltri, il Fatto Quotidiano 26/3/2015, 26 marzo 2015
ZAPATERO E GLI IRRIDUCIBILI DEL COMPLOTTO CONTRO B.
C’è in Italia un partito di irriducibili sostenitori della teoria del complotto: nel 2011 il governo di Silvio Berlusconi è caduto per colpa di un’oscura regia internazionale per imporre l’austerità. Ogni sei mesi circa questi eroici difensori del popolo trovano qualche spunto di cronaca che permette loro di denunciare, di nuovo, il complotto. L’ultima occasione l’ha offerta l’ex premier spagnolo José Luis Rodriguez Zapatero, con un’intervista a La Stampa. “Gli Usa e i sostenitori dell’austerità volevano decidere al posto dell’Italia , sostituirsi al suo governo. Era vero che l’Italia aveva problemi finanziari e politici, ma qui stiamo parlando della sovranità di una nazione”, così Zapatero ricorda le drammatiche serate del G20 di Cannes, il 3 e il 4 novembre del 2011.
Subito partono i quotidiani del centrodestra: Il Giornale parla di “golpe”, Renato Farina denuncia il “silenzio assordante” intorno alle rivelazioni di Zapatero (ma padroneggia poco l’argomento, visto che sbaglia perfino la città, parlando di un “Nizza-gate”); sul Foglio, Giuliano Ferrara invita a una riflessione sulla sovranità nazionale, idem il più pacato Davide Giacalone su Libero. Sui social network, dove spazio per le sfumature ce n’è poco, rimbalza l’eco del complotto.
Eppure quello che è successo a Cannes è molto chiaro. Berlusconi arriva al G20 nel pieno di una crisi politica di governo: da circa un anno non ha più la maggioranza con cui è stato eletto, dopo l’uscita di Gianfranco Fini. Non parla più col suo ministro del’Economia Giulio Tremonti, in Europa il suo nome è associato alle promesse mancate, alle inchieste giudiziarie e al Bunga Bunga di cui si stanno scoprendo i dettagli. Nel frattempo la crisi dell’euro è arrivata a lambire l’Italia e la Spagna, il cui debito diventa sempre più costoso. Pochi giorni dopo il G20 di Cannes lo spread, cioè la differenza di rendimento tra titoli decennali italiani e tedeschi, arriva al record di 575 punti. A Cannes sono tutti molto preoccupati per tre Paesi: la Grecia, dove George Papandreou vuole convocare un referendum sulle misure di austerità che rischia di proiettare Atene fuori dalla moneta unica; poi c’è l’Italia, che ha preso degli impegni (tra cui l’anticipo del pareggio di bilancio al 2014) negoziati con la Bce ma non è in grado di rispettarli; e infine la Spagna, alle prese con i postumi di una sbornia immobiliare che ha distrutto il suo sistema bancario (pochi mesi dopo partirà il salvataggio europeo). La differenza tra Spagna e Italia è che a Madrid erano previste elezioni pochi giorni dopo, il 20 novembre. In Italia mancava oltre un anno.
Nel suo libro del 2012 “El dilemma” Zapatero si dilunga per decine di pagine a raccontare le serate al G20. La cancelliera Angela Merkel lo prende in disparte: “Mi chiese se ero disposto a chiedere una linea di credito preventiva di 50 miliardi di euro dal Fondo monetario, aggiunse che all’Italia ne sarebbe andata un’altra da 85 miliardi. La mia risposta fu chiara e diretta: no”. La pressione sulla Spagna è funzionale a incentivare l’Italia a chiedere un sostegno al Fondo monetario internazionale che le avrebbe permesso di non rischiare il default, costringendo il governo Berlusconi a fare riforme concordate con i creditori. Zapatero rifiuta l’offerta, come premier uscente e destinato a sconfitta sicura non poteva prendersi quella responsabilità. Berlusconi tentenna, si trova un compromesso: arriveranno gli ispettori ma senza il prestito. Papandreou, colpito alle spalle dal suo vice Evangelos Venizelos, viene costretto a rimangiarsi il referendum.
Gli Stati Uniti non vogliono imporre l’austerità, ma Barack Obama teme che il crac dell’euro possa costargli la rielezione nel 2012. Il suo segretario di Stato Tim Geithner, in un libro avaro di dettagli, sosterrà che erano i burocrati europei a premere sull’Italia (in realtà fu soprattutto il Fondo monetario di Christine Lagarde). La sovranità nazionale non viene scalfita in alcun modo. Berlusconi rifiuta ogni sostegno e, nella conferenza stampa finale, spiega che la crisi non esiste e che “i ristoranti sono pieni”. Non subisce alcuna imposizione, ma conferma – ai partner internazionali e ai mercati – di non avere alcuna idea di come gestire una situazione sempre più preoccupante. L’8 novembre perde la maggioranza nel voto sul rendiconto dello Stato, la premessa per la legge di Stabilità, e finisce la sua carriera da premier. Il vertice di Cannes ha certificato la sua inadeguatezza, niente di più.