Guido Olimpio, Corriere della Sera 26/3/2015, 26 marzo 2015
CORSIVI
Ormai ogni sciagura aerea è sommersa dagli investigatori da tavolino. Armati di smartphone o di computer elaborano teorie, forniscono tesi, trovano la soluzione con i rottami ancora da individuare. Insieme ad analisi tecniche, spesso competenti, arrivano le dietrologie. C’è chi scruta la lista dei passeggeri e sceglie quello che più si adatta a costruire lo scenario intrigante. Il musulmano, l’ebreo, l’israeliano, l’americano diventano i protagonisti del film con una trama sempre criminale. Sia chiaro, l’azione dolosa non può mai essere esclusa, ma prima di considerarla come causa primaria servono riscontri. Le voci diventano fatti, le supposizioni si tramutano in verità. Le interpretazioni sfruttano l’inevitabile confusione del post incidente. È chiaro che ognuno di noi — giornalisti, cittadini — ha il pieno diritto di indagare usando i nuovi mezzi a disposizione. Il desiderio di verità, però, non deve trasformarsi in fantasia. O peggio ancora nella costruzione del complotto. I dati vanno letti con prudenza. Le versioni ufficiali sono correggibili in quanto rilasciate quando c’è un’enorme pressione sulle autorità. Allora le registriamo, pronti a usarle se riteniamo che qualcuno stia mentendo. Ma sempre avendo le prove per dirlo.