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 2015  marzo 24 Martedì calendario

IL PIL SPAGNOLO VOLA AL 3%, QUELLO ITALIANO RESTA INCATENATO DALLA P.A.

Basta trascorrere 48 ore in Spagna per capire che l’economia iberica si è rimessa in moto. Fare le riforme paga. La Spagna di Mariano Rajoy che ha liberalizzato il mercato del lavoro, introdotto il copago in sanità, abolito le camere di commercio, eliminato la tredicesima agli statali e molto altro ancora galoppa nel pil. Il 2014 si è chiuso con una crescita dell’1,4%, ben al di sopra di tutte le previsioni, e per il 2015 il Premier prevede quasi di raddoppiare: «Pensiamo che nel 2015 l’economia spagnola crescerà del 2,4% ma la realtà potrebbe superare le aspettative». Insomma Madrid punta al 3% e a lasciarsi alle spalle la crisi immobiliare e la maxi disoccupazione.
In Italia al quattordicesimo mese del governo guidato da Matteo Renzi il barometro indica una crescita dello 0,6% del pil 2015, dopo la caduta dell’1,9% dell’anno scorso si tratta di un’inezia. La crescita italiana resta incatena allo zero virgola mentre quella di Madrid ha ripreso a galoppare. Perché questo spread di pil tra due economie bastonate nell’ultimo lustro in maniera analoga dallo spread tra Btp e Bonos con i Bund decennali tedeschi? La Spagna ha fatto molto prima alcune riforme importanti, come quella del mercato del lavoro o del sistema bancario, ma questo può spiegare solo una parte del differenziale e, probabilmente, quella meno significativa. La spiegazione va ricercata nel taglio delle tasse deciso da Rajoy e nel funzionamento terzomondista della nostra p.a. L’aliquota sugli utili delle società in Spagna è stata ridotta quasi del 20% e portata al 25% e scenderà ancora al 20% la nuova aliquota a regime per le imprese iberiche.
Il problema dell’Italia, poi, è che la madre di tutte le rottamazioni, la rivoluzione nell’organizzazione e nei meccanismi di funzionamento della pubblica amministrazione, è, ad oggi, una serie infinita di slide renziane seguite dal nulla. La p.a. con il suo modo di lavorare distante secoli luce dalla media dell’eurozona è il principale sabotatore di tutte le manovre pro crescita del governo e la più importante zavorra per disincentivare chiunque, italiano o straniero, voglia investire un euro in Italia. Questa burocrazia condanna per sempre il pil italiano a una crescita da zero virgola e per questa ragione Renzi dovrebbe concentrare tutte le sue risorse migliori, incluse le sue energie, per rottamare la tecnostruttura burocratica e per liberare dall’occupazione sindacale la macchina pubblica. Solo se il premier saprà esibire risultati compiuti su questo fronte gli investimenti torneranno in Italia, altrimenti sarà declino più o meno spiacevole. Senza una rottamazione compiuta della burocrazia lo spread del pil tra Roma e Madrid resterà ampio e strutturale.
Edoardo Narduzzi, ItaliaOggi 24/3/2015