Enrico Currò, la Repubblica 24/3/2015, 24 marzo 2015
MANCINI CONTRO CONTE SI APRE IL CASO ORIUNDI “ITALIA A CHI NASCE QUI”
FIRENZE – [3 articoli] –
Dopo 4 mesi di pausa la Nazionale non fa in tempo a ritrovarsi a Coverciano e subito la infiammano le polemiche. Stavolta la miccia è al confine tra sport e politica, tra tecnica e diritto. La accende l’ex azzurro Mancini, profilo internazionale e fama da cosmopolita, data l’esperienza quinquennale sulle panchine di Manchester City e Galatasaray. L’allenatore dell’Inter accusa il ct Conte di lesa italianità per avere convocato – in vista di Bulgaria-Italia di sabato per le qualificazioni a Euro 2016 e dell’amichevole con l’Inghilterra martedì 31 a Torino – i due oriundi Eder Citadin Martins, 29 anni, attaccante della Sampdoria nato in Brasile a Lauro Müller, nello stato di Santa Catarina, e Franco Damian Vazquez, 26 anni, fantasista- punta del Palermo, nato in Argentina a Tanti e cresciuto a Villa Carlos Paz, in provincia di Cordoba.
Mancini guida un’Inter zeppa di stranieri, ma non nasconde il disappunto. «La Nazionale italiana deve essere italiana. Il paragone con i campioni del mondo non regge: i loro giocatori sono nati in Germania. Credo che meriti la maglia azzurra chi è nato in Italia. Gli altri no, anche se hanno dei parenti». Il tema è scottante. La replica di Conte è circostanziata. «Non sono il primo e non sarò l’ultimo a convocare questi, tra virgolette, oriundi. Ci sono stati Camoranesi, Paletta, Thiago Motta, Romulo e molti altri. Nell’ultimo Mondiale, su 736 giocatori, gli oriundi erano 83. Sono le regole, noi le seguiamo. Vazquez ha madre italiana e a differenza di Dybala aveva subito espresso la preferenza per l’Italia. Non forzo nessuno: si deve sentire dentro. La maglia azzurra non deve essere un ripiego».
Il presidente della Figc Tavecchio è secco. «Con la cittadinanza italiana si può giocare in Nazionale. Discorso chiuso». Iachini, allenatore del Palermo, puntualizza. «Vazquez ha madre italiana, più italiano di lui...». L’ex ct Lippi è caustico. «Se Ronaldo o Messi avessero avuto parenti italiani, nessuno avrebbe detto niente. Io con Camoranesi ho vinto un Mondiale ». Mandorlini, mister del Verona, è autarchico. «Facciamo tanto per far crescere i giovani e poi pensiamo agli oriundi». Zeman, col suo Cagliari pericolante, la butta sulla tecnica. «I giovani italiani devono fare meglio di chi viene da fuori». Il segretario della Lega Nord Salvini la butta in politica. «In azzurro chi nasce in Italia». Ammutoliscono Eder e Vazquez, detto appunto El Mudo: proveranno a rispondere col pallone.
Enrico Currò, la Repubblica 24/3/2015
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LA SOLITUDINE DEL CT: “CE L’HANNO CON ME AVANTI A TESTA BASSA” –
FIRENZE.
Correva il mese di novembre dell’anno scorso e le convocazioni di Eder e Vazquez erano ancora un’idea remota quando Conte, finita l’amichevole con l’Albania e registrate le ormai innumerevoli dimostrazioni di ostilità e disinteresse da parte dei club, azzannò l’uditorio sbalordito. «Comincio ad avere le cose abbastanza chiare: tutti dicono che il momento è difficile e che bisogna cambiare. Poi ti giri e vedi che sei solo: la Nazionale è un fastidio». Adesso che corre il mese di marzo 2015 e che i presidenti gli hanno negato gli stage e che manca poco più di un anno all’Europeo e che in campionato ci sono squadre dove i giocatori italiani sembrano panda e che sul livello medio dei superstiti è meglio sorvolare ma che a lui chiederanno comunque di vincere in Francia, il ct dice di avere le cose ancora più chiare. «Questo periodo mi ha insegnato che è meglio lavorare a testa bassa e non pensare a quello che accade intorno. C’è polemica intorno alla Nazionale e anche intorno a me come persona fisica. Dissi che, se mi giravo, non vedevo nessuno: appunto, meglio guardare avanti». La traduzione è che la polemica sugli oriundi gli appare capziosa e strumentale. E che lui, da qui all’Europeo, si concentrerà sulla missione: lautamente retribuita (4 milioni di euro l’anno) d’accordo, ma Conte non è abituato alle figuracce. Siccome il rischio, date le premesse, è alto, il fine può giustificare i mezzi, come ricorda il soccorrevole Materazzi, machiavellico eroe di Berlino 2006. «Se Eder e Vazquez sono stati convocati, significa che si poteva. Se un giocatore ti fa vincere le partite, come Camoranesi, può stare in Nazionale. L’importante è che vinca l’Italia».
Il suddetto Mauro German da Tandil, Argentina, venne sdoganato da Trapattoni nel 2003, dopo lunga espiazione per le colpe degli angeli dalla faccia sporca Sivori, Maschio, Altafini e Angelillo, la cui gloria di azzurri riciclati negli Anni Sessanta fu assai inferiore a quella delle rispettive e ragguardevoli carriere. Nell’oblio compiacente di ogni trionfo, Camoranesi riscattò col Mondiale 2006 certe vecchie storie di passaporti ambigui e nomi acrobaticamente italianizzati – tipo Amphiloquio Guarisi che diventa Anfilogino, campione mondiale del ’34 – pur avendo ammesso di non essere mai stato a Potenza Picena, paese natio del provvidenziale bisnonno Luigi, e di avere festeggiato in strada, con papà Juan, la semifinale del 1990 in cui Maradona beffò a Napoli l’Italia di Vicini. L’ala della Juve fu l’apripista per la nuova serie di quelli che Prandelli, con felice scelta lessicale talvolta attigua all’eufemismo, battezzò come nuovi italiani. Da Thiago Motta a Ledesma, da Osvaldo a Paletta, da Amauri a Schelotto, fino al mancato esordiente Romulo, la lista si è allungata al punto che, se Eder e Vazquez supereranno il severo esame tecnico-tattico di Conte, gli oriundi che hanno indossato almeno una volta la maglia della Nazionale diventeranno 44. Ma è davvero il caso di attingere all’anagrafe globale, se il candidato non è un fuoriclasse? In un’intervista a Repubblica il bulgaro Bojinov, prossimo avversario a Sofia, ha inoppugnabilmente rilevato che mai Brasile o Argentina ricorrerebbero a un italiano o a un bulgaro col doppio passaporto.
Il momento non permette tuttavia al ct di fare troppo lo schizzinoso: perfino la non più invincibile Spagna si è arresa all’andazzo. Inoltre le vicende in questione non sono tutte uguali. Nessuno può contestare il buon diritto di sentirsi italiano di Franco Vazquez, figlio di Martina Bianconi, nata e cresciuta in provincia di Padova prima di trasferirsi in Argentina. Qualche perplessità in più circonda Eder Martins, cui il padre scelse il nome in quanto fanatico dell’attaccante che, al Mundial ’82, fece soffrire fino all’ultimo Pablito Rossi e gli altri eroi dell’epico 3-2 al Sarrià. Il cognome veneto Citadin e il curriculum calcistico del ragazzo autorizzano maggiore indulgenza, malgrado una pubblica confessione, l’estate scorsa. «Peccato non potere andare al Mondiale con la Seleçao: farò il tifo da casa».
Conte non intende formalizzarsi. E’ abituato a fare l’allenatore, non il selezionatore. Questo proverà a fare, secondo consuetudine di lavoro, lui che ha già visitato il potenziale ritiro di Saint-Etienne. Convocherà tutti i candidati che il regolamento Fifa gli consente. «Se avessi avuto gli stage, avrei potuto valutare Eder e Vazquez prima. Devo farlo ora». E continuerà a plasmare la Nazionale come un vero club: con un modulo identitario (il 3-5-2), con giocatori non necessariamente titolari nelle loro squadre e indipendentemente da esigenze e scelte dei colleghi, da Inzaghi ad Allegri. «Qui vengono i migliori, se dimostrano di esserlo. In assenza di Pirlo e De Rossi, Verratti deve prendere in mano il centrocampo. Cerci gioca poco nel Milan. Ma se qui fa bene, continuerà a venire. Barzagli è guarito dall’infortunio e ne sono felice: nella Juve era pronto da un mese, non giocava per scelta tecnica». Il cantiere per l’Europeo è aperto e segretissimo. Da ieri una doppia barriera di reti protegge gli allenamenti: anche i balconi dei palazzi di Coverciano hanno occhi. (e. cu.)
e. cu., la Repubblica 24/3/2015
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ZAMBROTTA: “SERVE UNO COME CAMORANESI” –[Intervista] –
FIRENZE.
Zambrotta, nella sua evoluzione di ruolo in Nazionale, da ala a terzino, ci fu anche lo zampino dell’arrivo dell’oriundo Camoranesi.
«Mi pare che nessuno dei due se ne possa lamentare».
Ma come vedete voi azzurri del 2006, la moltiplicazione degli oriundi?
«Sono i benvenuti. L’essenziale è che la loro convocazione rispetti due principi. Devono essere ovviamente convocabili per regolamento e devono fare la differenza».
Crede che Eder e Vazquez rispettino questi requisiti?
«Il primo sicuramente sì, altrimenti non sarebbero stati chiamati. Sul secondo vigila Conte, che mi pare una garanzia. Io posso dire che uno come Camoranesi ci aiutò a vincere il Mondiale. Uno così è un valore aggiunto».
L’apertura indiscriminata non è un rischio?
«Vedo una sola controindicazione potenziale: che il livello tecnico di chi ha il doppio passaporto possa andare in qualche caso a discapito di un giovane italiano. Ecco, l’importante è che sia in grado di fare la famosa differenza».
Quindi bisogna rassegnarsi a chiedere aiuto altrove?
«Bisogna prendere atto che esistono dei cicli. Non è facile avere un ciclo con 23 giocatori tutti dello stesso livello alto. Finito quello nostro che portò alla vittoria di Berlino, ci vuole un po’ di tempo. Ma non dubito che tornerà».
e. cu., la Repubblica 24/3/2015