Luigi Accattoli, Corriere della Sera 22/3/2015, 22 marzo 2015
SPUZZA
«La corruzione spuzza, la società corrotta spuzza, un cristiano corrotto spuzza, capito?»: Francesco ha ripetuto tre volte, sabato a Scampia, il verbo «spuzza» per dire tutto il disgusto che gli provoca il cattivo odore della corruzione. Anzi «la putrefazione della corruzione», come aveva scritto in un testo del 2005 tradotto in italiano con il titolo Guarire dalla corruzione (Emi 2013). Quella «s» rafforzativa del verbo, che una volta c’era ma che la lingua italiana d’oggi non vuole più, è stata un felice errore che ha aiutato il Papa nel suo anatema sui corrotti. Persino l’espressione facciale comunicava un moto di ribrezzo che senza la «s» non sarebbe stato così pieno. Ma non sono stati dello stesso parere i responsabili della comunicazione vaticana che hanno corretto — lo fanno spesso — il suo italiano creativo e hanno messo «puzza» al posto di quell’ottimo «spuzza». Lo fanno sempre come già facevano con Wojtyla, fin dal favoloso «mi corrigerete» del primo affaccio alla loggia che fu corretto in «correggerete». Oggi «spuzzare» è una forma dialettale delle regioni del Nord ed è da lì che lo prende l’oriundo Bergoglio: «Fui allevato dai nonni — ha raccontato — che tra loro parlavano piemontese e così l’imparai anch’io». La giornata napoletana di Francesco è stata segnata dai dialetti: questo «spuzza» che sventola come una bandiera e il saluto napoletano «a Maronna v’accumpagne» che ha ripetuto con buona pronuncia a ogni appuntamento. Il cardinale Sepe, cultore del dialetto napoletano, ha lodato anche per questo il Papa argentino: «Ha cuore napoletano» e «naso fino».