Alberto Negri, Il Sole 24 Ore 24/3/2015, 24 marzo 2015
IL CAOS NELLO YEMEN E L’ETERNA RIVALITA’ TRA IRAN E SAUDITI
Qualche anno fa forse nessuno avrebbe potuto immaginare che dal Nord dello Yemem, una terra intrisa di fascino e disperazione, i ribelli sciiti Houthi, male armati e affamati, sarebbero discesi dai loro santuari per conquistare la capitale Sanaa fino a minacciare nel Sud, dopo la conquista dello snodo strategico di Taez, anche il porto di Aden, terminale petrolifero e ultimo rifugio del deposto presidente Abd Rabbo Mansour.
Allora l’Arabia Saudita, era il 2009, tentò di fermarli con una campagna aerea che mise a nudo la disorganizzazione delle forze armate di Riad che pur di trarsi di impaccio assoldarono soldati yemeniti e disoccupati. Oggi il conflitto yemenita è diventato un altro sanguinoso capitolo della guerra tra sciiti e sunniti e un ennesimo conflitto per procura: i sauditi sostengono l’ex presidente Mansur Hadi, l’Iran appoggia le milizie sciite con armi e denaro.
Il Paese, spaccato dalla guerra civile, è precipitato in un caos che fa temere la disintegrazione di uno stato arabo fondamentale per il controllo dello stretto di Bab el Mandeb, dove passa il 40% del petrolio mediorientale, e a contatto diretto con l’Arabia Saudita.
Sulla pelle degli yemeniti, che con la loro primavera avevano dato dopo il benservito al raìs Abdullah Saleh, ora sceso in campo a fianco degli Houti, si gioca una partita strategica con risvolti imprevedibili sugli equilibri regionali e nella lotta al terrorismo. Sono più di una le guerre che si combattono in questo lembo della penisola arabica. I sauditi, che a Nord confinano già con il Califfato, si sentono sotto tiro alla frontiera merdionale e il ministro degli Esteri Saud al Faisal non solo attacca l’Iran ma minaccia un intervento militare su richiesta del presidente Hadi.
Lo scontro nel lontano Yemen si trasferisce anche al negoziato sul nucleare iraniano. Arabia Saudita ed Egitto, le due potenze sunnite, si oppongono con accanimento a un accordo in Svizzera tra Teheran e il Cinque più Uno. I sauditi soprattutto percepiscono l’Iran come il principale rivale nel Golfo che con la lotta la Califfato in Iraq, a fianco delle truppe di Baghdad, sta estendendo la sua influenza in Mesopotamia e adesso attraverso gli Houti anche in Yemen, considerato da Riad il suo “cortile di casa”.
I sauditi vivono una sindrome da accerchiamento. L’avvertimento di Riad all’Iran arriva nel momento in cui sarebbero sorti dei dissidi tra Francia e Stati Uniti, con Parigi che accusa Washington di non mostrarsi abbastanza «esigente» sulle condizioni per un’intesa pur di ottenere il risultato politico voluto entro la fine di marzo. Come si vede il risiko mediorientale è denso di interessi geopolitici ed economici. La guerra yemenita segna anche una sconfitta nella lotta al terrrorismo di Al Qaeda e dello Stato Islamico che doveva essere un obiettivo comune dei Paesi arabi e dell’Occidente. Il ritiro di oltre cento consiglieri militari delle forze speciali Usa rappresenta un duro colpo alla strategia antiterrorismo dell’amministrazione Obama in tutta la regione. La perdita dello Yemen ha pesanti implicazioni nella lotta ad al Qaeda ma anche al Califfato che, dopo Siria e Iraq, si espande verso il Nord Africa e sta mettendo radici qui, dove da anni ci sono già i santuari di Al Qaeda frequentati da anche dagli attenatroi di Charlie Hebdo. Lo Yemen promette di diventare un altro Afghanistan, uno stato fallito nel cuore della penisola arabica.