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 2015  marzo 22 Domenica calendario

MEZ, UN FIGLIO POTREBBE SALVARE AMANDA

PERUGIA «Davanti a una madre con un figlio piccolo, i funzionari americani potrebbero ritardare l’estradizione». Il Guardian dimentica l’aplomb britannico e, sul processo per la morte dell’inglese Meredith Kercher, fa due balzi in avanti e si lancia in una zampata alla Rooney. Col dubbio che Amanda Knox, accusata di quel delitto insieme all’ex Raffaele Sollecito, possa decidere di avere un figlio e ritardare così l’estradizione in caso la Corte di cassazione mercoledì confermi la pesante condanna inflitta lo scorso anno dalla Corte d’assise d’appello di Firenze.
LO STRATAGEMMA
L’autorevole quotidiano inglese, infatti, a tre giorni da quello che potrebbe essere l’ultimo pronunciamento sul destino dei due ex fidanzatini accusati della morte di Mez, uccisa a Perugia il 2 novembre 2007, lascia serpeggiare l’idea che l’americana abbia già pronta una via di fuga. Una strategia per non uscire dagli Stati uniti, dove Amanda è volata subito dopo la sentenza di appello che nel 2011 (dopo una prima condanna) ha assolto lei e Sollecito. Che ora invece rischiano 28 anni e sei mesi (lei) e 25 (lui).
In un lungo articolo pubblicato ieri, il Guardian ripercorre la vicenda dell’omicidio Kercher, tra frecciatine al sistema giuridico italiano «notoriamente lento» fino alle «notevoli conseguenze diplomatiche e politiche» tra Roma e Washington davanti a una richiesta di estradizione dopo un’eventuale conferma della condanna da parte dei giudici della quinta sezione della Cassazione.
IL COMPAGNO DI SCUOLA
Ed è lì, tra le righe, accennato quasi per caso, che il giornale britannico spiega come tanti fattori «potrebbero influenzare una possibile richiesta di estradizione». Tra questi, appunto, la decisione o meno della Knox di avere un figlio, dopo l’annuncio del suo matrimonio con Colin Sutherland, il compagno di scuola con cui si sta rifacendo una vita, tra libri sulla sua storia e il lavoro da giornalista per il West Seattle Herald.
Il Guardian spiega il peso di una simile ipotesi per il «ritorno forzato nel Bel paese» (lasciato in italiano) con i funzionari americani che «potrebbero ritardare» l’estradizione di una madre con un bimbo piccolo. Lanciato il sasso, il quotidiano lascia il cerino nelle mani della politica e ribadisce che Amanda tornerà, eventualmente, in Italia (parole sue) «scalciando e urlando».
Nel frattempo, l’americana fa sapere tramite i suoi avvocati, Luciano Ghirga e Carlo Dalla Vedova, di avere «un pensiero positivo» per Raffaele. Nonostante lui, invece, abbia dai tempi di Firenze cambiato linea difensiva e cercato di smarcarsi dall’americana. «Ho fumato uno spinello e mi sono addormentato. Non so cosa abbia fatto Amanda quella sera», ha detto anche in diretta tv. Rimarcando di avere «ricordi non nitidi» e sottolineando, comunque, di «aver allentato la comunicazione» con la Knox. Sollecito, infatti, a cui è stato imposto il divieto di espatrio, gioca l’ultima carta. Quella, per dirlo con le parole dei suoi legali Giulia Bongiorno e Luca Maori, di «non essere il gemello siamese» della Knox. Un rischio, evidentemente calcolato, dopo la strategia vincente del primo processo d’appello, ma che probabilmente resta l’unica arma in mano al giovane informatico pugliese, incastrato solo dal (contestatissimo) dna sul gancetto del reggiseno di Mez.
IL COMPLEANNO
La Corte di cassazione potrebbe anche annullare la sentenza fiorentina, ma in caso di conferma per Raffaele, che sarà presente nell’aula del Palazzaccio, si aprirebbero immediatamente le porte del carcere. Spegnendo le candeline dei suoi 31 anni (il giorno dopo la sentenza) dietro le sbarre, dopo i quattro anni già passati nell’istituto penitenziario perugino di Capanne.