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 2015  marzo 22 Domenica calendario

A TAVOLA CON I DETENUTI: «IL PRIMO SANTO ERA UN LADRO»

NAPOLI Seduto in mezzo a spacciatori di cocaina, transessuali, camorristi, tossici. Con l’affetto di un padre Bergoglio ha radunato frammenti di vita spezzata. «Tu di dove sei? E per quale reato sei dentro?». Relitti lontani, pagine tristi, cicatrici penose che affioravano timidamente, mentre alcuni volontari facevano la spola tra la cucina e la cappella del carcere, dove era stato allestito un tavolo a ferro di cavallo per 100 persone. Tra una portata e l’altra, mentre i camerieri servivano, il clima si faceva via via più familiare. Maccheroni al forno, carne e friarielli, babà, sfogliatelle, una caprese. Poggioreale è uno dei carceri più sovraffollati del Sud. L’associazione Antigone più volte ha denunciato un sovraffollamento insopportabile. La struttura costruita per 1500 persone ne ospita circa 2000. Un inferno. Francesco li ha salutati uno ad uno quando è arrivato, nel giardino interno. Loro gli hanno fatto subito inaugurare una statua di San Francesco mentre qualcuno intonava: “O surdato ’nnammurato”.
«DIMENTICATI DA TUTTI»
Il presidente del tribunale di sorveglianza intanto faceva strada. L’unica autorità ammessa. C’era chi sconta la pena a Poggioreale, altri a Secondigliano, Nisida e all’Opg di Napoli. Due trans, tre extracomunitari e uno spacciatore sedevano proprio davanti a Francesco. A rompere il ghiaccio ci ha pensato Claudio Fabian Astorga, detenuto in attesa della Cassazione. Ha una trentina d’anni, è argentino e deve scontare 15 anni perché trasportava cocaina purissima per conto della camorra. Avevano trovato il modo di farla arrivare in Italia, importando piante tropicali all’interno delle quali nascondevano i panetti.
«HO SBAGLIATO ANCH’IO»
Dice di avere ritrovato la fede dopo che sua mamma gli ha spedito dall’Argentina un libro di Bergoglio: «Mente abierta, corazon creyente». «Per noi è una emozione unica e irripetibile. Il suo gesto è importante da tutti i punti di vista, spirituale e umano. Noi siamo dimenticati da tutti, dalle istituzioni, tranne che da Cristo e dalla Chiesa. E’ vero, abbiamo sbagliato, ma questo è un buon momento per arrivare più vicini a Dio. Qui in carcere ho trovato la fede. Le chiedo: come farò ad alimentare la fede quando sarò libero con le tentazioni che mi aspettano fuori, e senza gli aiuti spirituali che mi accompagnano qui dentro?». Claudio si rivolgeva in spagnolo al Papa. Lui però ha risposto in italiano per farsi capire da tutti. «Quando uscirete non dovrete scoraggiarvi. Dovrete fare come i portieri di una squadra di calcio, parare i palloni che arriveranno da tutte le parti. Le nostre società sono diventate pagane, ci ricordano continuamente gli errori commessi, anche se abbiamo pagato. Ma una vera società cristiana non ti ricorda sempre il tuo errore». La mancata accoglienza dei detenuti «è una delle crudeltà più grandi». Pochi ricordano, ha aggiunto il Papa, che il primo santo canonizzato è stato un condannato a morte: il buon ladrone a cui Gesù sulla croce promise un posto in cielo. «Tutti abbiamo sbagliato. Tutti, io per primo. Tutti. E perché voi e non altri? Sono cose inspiegabili della vita e la vita dobbiamo prenderla come viene. E alzarsi sempre e andare avanti».