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 2015  marzo 15 Domenica calendario

«AFRICA-ITALIA», VIAGGIO NEL TEMPO PER IMMAGINI

«Viaggiare ti lascia prima senza parole, poi ti trasforma in un narratore di storie», scrisse Ibn Battuta, l’esploratore marocchino considerato il Marco Polo del mondo islamico. Oggi si può raccontare un viaggio anche attraverso la fotografia. È quanto propongono i fotografi Antonio Politano, Andrea Semplici, Francesco Fossa, Alice Falco e Romina Marani nella mostra «Africa, Italia», aperta fino al 24 marzo a Palazzo Braschi, piazza Navona 2. L’esposizione mette insieme viaggi diversi, in Afriche un tempo italiane: dall’Eritrea alla Somalia, dalla Libia all’Etiopia. Accanto alle immagini d’epoca in bianco e nero, e a quelle contemporanee a colori, si possono vedere oggetti e documenti provenienti dagli archivi della Società geografica italiana: una tela con un leone dipinto da artisti abissini, mappe antiche, libri con formule magiche, taccuini di viaggio, una raccolta di citazioni sull’Africa di esploratori e antropologi, un casco coloniale, una bussola, due videointerviste alle scrittrici italo-somale Ubah Cristina Ali Farah e Igiaba Scego. Il viaggio nelle salette espositive di Palazzo Braschi apre orizzonti infiniti, dove le storie dei paesi percorsi dai cinque fotografi si intrecciano con quelle personali dei fotografi stessi. Politano, che è anche curatore della mostra, dice di avere avuto l’idea durante un soggiorno in Africa durato tre anni, dal 1984 al 1987. Di aver sentito il bisogno di ritrarre la vita quotidiana di questo paese, diversa e lontana dall’immagine che ne offrono i giornali e o notiziari televisivi, dove si parla solo di guerre e malattie. Ha percorso l’Eritrea per il National Geographic e fissato l’immagine di un paese giovane, uscito da una guerra di liberazione durata oltre trent’anni, ancora diviso tra la voglia di modernità e il languore delle architetture italiane in rovina, tra le sfilate di moda e il mercato dei cammelli. Francesco Fossa illustra una storia doppiamente romanzesca: quella del nonno materno, che non ha mai conosciuto, e la sua avventura nella Libia di oggi sulle tracce di questo nonno. Le foto di Manfredo Tarabini Castellani, giovane ufficiale nella Libia degli anni Trenta citato continuamente nei diari dell’ungherese László Almásy, il «paziente inglese» del film omonimo, sono affiancate da quelle di Francesco, scattate poco prima della caduta di Gheddafi. Particolarmente straziante, alla luce degli ultimi avvenimenti, l’immagine di Sabrata che sembra sgretolarsi e svanire nel tempo e nella sabbia.
Lauretta Colonnelli