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 2015  febbraio 13 Venerdì calendario

«MARIO E IL MAGO», THOMAS MANN E L’OSCURITA’ FASCISTA - È

dedicata al racconto di Thomas Mann, «Mario e il mago», la mostra che si inaugura oggi alla Casa di Goethe, in via del Corso 18. In quattro stanze, la curatrice Elisabeth Galvan e la direttrice del museo Maria Gazzetti sono riuscite a stipare un universo di informazioni, fotografie inedite, video, bozzetti, documenti. Si comincia con la genesi del racconto, nato dall’incontro di Mann con il prestigiatore illusionista Cesare Gabrielli, che D’Annunzio aveva soprannominato «artefice magico» per il suo contributo all’impresa di Fiume e Eduardo De Filippo, nell’atto unico che segnò il suo primo successo teatrale nel 1929, aveva ribattezzato «Sik Sik» (sicco sicco). Appare proprio così il mago Gabrielli, in una foto d’epoca e nella sequenza del film I bambini ci guardano in cui Vittorio De Sica inserì un suo spettacolo. Thomas Mann lo trasformò in metafora del fascismo dopo aver assistito a una sua esibizione a Forte dei Marmi, durante una vacanza con la moglie e i figli più piccoli nell’estate del 1926. Mann gli dedicò il suo racconto tre anni dopo, trasferendone le sembianze nel cavalier Cipolla, imbonitore di strada che ipnotizza e umilia il cameriere Mario, il quale poi al risveglio lo uccide. Lo scrittore tedesco era rimasto colpito dal clima che si respirava in Italia: nazionalismo, trionfo dell’irrazionale, culto della personalità autoritaria di un duce, controllo delle masse. Nel 1929 la minaccia del «fascismo tedesco» si faceva sempre più incombente e lui vedeva avverarsi i più oscuri presagi. Nell’ottobre del 1930, dopo il successo elettorale dei nazionalsocialisti, rivolse alla Germania un accorato «appello alla ragione» per fronteggiare l’immensa ondata di barbarie ormai incombente. La foto di quel discorso è in mostra: lo scrittore parla sul podio a un fitto assembramento di uomini in abito scuro e di signore in velluto. Ma tutti gli voltano le spalle. Non si capisce cosa ci sia da vedere dall’altra parte della sala, perché l’inquadratura si ferma prima. Lo sappiamo dai documenti storici: un manipolo di nazionalsocialisti che aveva fatto irruzione per bloccare il discorso. In Italia il libro poté uscire solo dopo la guerra, tradotto da Lavinia Mazzucchetti e pubblicato da Mondadori. Ci sono le foto di Mann con Lavinia, Arnoldo e Alberto Mondadori a Milano. E il contratto originale che firmò a Roma nel 1953, a casa di Alba de Cespedes, con Luchino Visconti e suo cognato, il compositore Franco Mannino, per trasformare «Mario e il mago» in balletto. Fu un grande successo. La colonna sonora di Mannino accompagna la mostra, dove si vedono per la prima volta i figurini dei costumi e i bozzetti delle scenografie disegnate da Lila de Nobili e concesse in prestito dalla Scala di Milano.
Lauretta Colonnelli