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 2015  gennaio 04 Domenica calendario

IL VIAGGIO IN ITALIA DI GIOVANNI GARGIOLLI TESTIMONE CULTURALE

Nel 1983 una ventina dei più prestigiosi storici dell’arte stranieri, tra cui Denis Mahon, Francis Haskell, Ernst Gombrich, pubblicarono un appello sul «Burlington Magazine», il mensile inglese fondato da Berenson, per rivendicare il valore culturale del Gabinetto fotografico nazionale, senza il quale qualunque ricerca sulla storia dell’arte italiana sarebbe molto difficile. Nel Gabinetto sono infatti conservate le 12.065 lastre prodotte tra il 1895 e il 1913 da Giovanni Gargiolli e dai fotografi da lui diretti. Le lastre sono oggi conservate, insieme ad altre ottomila scattate in epoche successive, presso l’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione, che ha sede nel Complesso di San Michele in Trastevere. In pochi conoscono questo patrimonio. Benemerita dunque la mostra nei locali dell’Istituto (via di San Michele 18, fino al 30 gennaio) intitolata «Il viaggio in Italia di Giovanni Gargiolli», che propone un percorso dalla Val d’Aosta alla Sicilia attraverso duecento immagini scattate da quello che fu anche il primo direttore del Gabinetto fotografico. In questo suo viaggio Gargiolli documentò il patrimonio della giovane nazione: siti archeologici, dipinti, palazzi, chiese, paesaggi. Lo fece accompagnato dai primi storici dell’arte: Pietro Toesca, Corrado Ricci e Adolfo Venturi, che nel 1901 illustrò con le fotografie di Gargiolli il primo volume della sua monumentale Storia dell’Arte italiana. Oggi queste immagini sono l’unica testimonianza di tanti beni culturali scomparsi, per cause naturali o sociali. L’autore venne infatti incaricato dall’amministrazione di fotografare quelli che stavano per essere distrutti per gli scavi, gli sventramenti, le sistemazioni urbanistiche. Come Palazzo Torlonia, con il ciclo di affreschi di Francesco Podesti, buttato giù per far posto a piazza Venezia. O il braccio dell’ospedale di S. Spirito, con gli affreschi di Gregorio Guglielmi, distrutto per far spazio ai muraglioni del lungotevere. O Villa Mills, costruita in stile neogotico da un ricco scozzese sui resti della casa di Augusto sul Palatino. Gargiolli era convocato anche quando veniva ritrovata un’antica opera, come gli affreschi di Pietro Cavallini nella basilica di S. Cecilia a Trastevere, che lui immortalò in un’immagine emozionantissima, con quei volti che emergono dalle macerie dell’intonaco come persone ancora vive dai calcinacci di un terremoto. A differenza degli Alinari, che operavano nello stesso periodo e sullo stesso tema, Gargiolli non insegue una fotografia «bella», e neppure una fotografia commerciale, come quelle vendute ai turisti. Lui mira all’immagine scientifica. Con una laurea in ingegneria e conoscenze di ottica, fisica e matematica, voleva documentare con la massima precisione la realtà. Progettò anche un teleobiettivo con cui poteva ottenere fotografie sufficientemente nitide a lunghissima distanza, così che da Monte Mario riuscì a inquadrare persone sulla piazza di Frascati, a venticinque chilometri di distanza. La mostra è accompagnata da un ricco e utile catalogo curato da Clemente Marsicola.
Lauretta Colonnelli