Alessandro Mondo, La Stampa 22/3/2015, 22 marzo 2015
EPATITE C, LA NUOVA CURA NON È PER TUTTI
Difficile trovare il bandolo della matassa nella vicenda dell’epatite C, con riferimento al nuovo farmaco da poco disponibile. Prodotto portentoso, stando agli esperti, ma somministrato a condizioni precise. E con costi elevati a carico della Regione. Non è un caso se Sergio Chiamparino e l’assessore alla Sanità Antonio Saitta hanno scritto al ministro della Salute chiedendo un tavolo qualificato sulla nuova terapia
NUOVO FARMACO
I fatti. Il 5 dicembre in Gazzetta Ufficiale viene pubblicata la norma per la commercializzazione con effetto immediato del “Sovaldi sofosbuvir”, disponibile nei Paesi del Nord Europa fin da gennaio dello stesso anno: è un prodotto di ultima generazione brevettato dalla «Gilead Sciences». La Regione lo inserisce nel prontuario del servizio sanitario, individua 10 centri prescrittori e li comunica all’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Quest’ultima definisce le tipologie dei pazienti che hanno diritto gratuitamente al farmaco in base all’urgenza clinica.
GLI AVENTI DIRITTO
Di quali persone parliamo? Come spiega Mario Rizzetto, primario di Gastroenterologia alle Molinette, le categorie sono due. La prima rimanda ai pazienti nella fase terminale della malattia e con il fegato ormai “scompensato”, cioè colpito da cirrosi epatica, costretti a sottoporsi al trapianto: il farmaco elimina il virus dell’epatite C, permettendo loro di affrontare l’intervento in condizioni di sicurezza. Il secondo gruppo, assai più numeroso, rimanda a soggetti non ancora “scompensati” – che quindi stanno moderatamente bene – ma con un fegato progressivamente compromesso dalla convivenza ventennale o trentennale con la malattia. «Uno dei criteri di valutazione individuati dall’Aifa per stabilire chi ha diritto alla cura è il “fibroscan” – precisa il professor Rizzetto -: si tratta di un esame basato su un impulso sonoro che sonda la consistenza del fegato misurandone il grado di cicatrizzazione causato dall’epatite». Duemila i soggetti autorizzati alla somministrazione.
CENTRI AUTORIZZATI
Il farmaco può essere prescritto dai medici specialisti in infettivologia, gastroenterologia e medicina interna dei centri pubblici autorizzati (vedi la scheda).
COSTI E BENEFICI
Tutto chiaro, se non fosse che il “Sovaldi” ha un costo da capogiro. Il prezzo ufficiale, per le strutture pubbliche, è di 37 mila euro per una terapia completa: cifra destinata a salire se si combina il farmaco con altri prodotti per aumentarne l’effetto. Al momento il prezzo reale non è noto poiché l’accordo commerciale tra Aifa e Gilead è secretato, presumibilmente sulla base di logiche di mercato da Paese a Paese.
I RISCHI
Anche così, la situazione è ad alto rischio. Per i conti della Sanità piemontese, soggetta al piano di rientro del debito e a corto di risorse, costretta ad anticipare il costo di terapie senza sapere se e in quali tempi verrà rimborsato da Roma: il fondo nazionale per i medicinali innovativi, previsto dalla legge di stabilità, dovrebbe contare su 500 milioni ma ad oggi non si conoscono le regole di accesso. E per gli stessi pazienti: in assenza di una rapida risposta dal Ministero, difficilmente il Piemonte potrà garantire il trattamento ai 2 mila aventi diritto con soldi propri.
L’ASSEDIO DEI MALATI
Senza considerare la pressione dei malati che, pur esclusi dalla rimborsabilità, rivendicano il diritto ad essere curati quando sono ancora in buone condizioni per prevenire l’esito di una patologia degenerativa «Da studi epidemiologici si stima che a medio termine la popolazione potenzialmente trattabile in Piemonte sia di circa 70 mila soggetti», calcolano dall’assessorato. La Regione, sotto assedio alla pari dei medici, segnala l’arrivo di nuove terapie in grado di ampliare la scelta (e probabilmente di determinare una riduzione del costo del “Sovaldi”). Ma in questo caso la pazienza è un lusso che non tutti possono permettersi.
Alessandro Mondo, La Stampa 22/3/2015