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 2015  marzo 22 Domenica calendario

ORTE-MESTRE, LA NUOVA AUTOSOLE TRA SPRECHI E AFFARI

Altro che «Autostrada del Sole del XXI secolo»: delle grandi opere su cui indaga la Procura di Firenze, l’autostrada Orte-Mestre è solo la più costosa (10 miliardi su 25), e la più adatta a raccontare un sistema che il presidente dell’Autorità anticorruzione Cantone definisce «criminogeno».
Il progetto nasce nel 2001, in piena euforia da legge obiettivo. Berlusconi ha tracciato la mappa sulla lavagna di Vespa: 196 opere strategiche in dieci anni, il 40% nei primi cinque recita il contratto con gli italiani. Dopo 14 anni le opere finite sono l’8%. E la Orte-Mestre non è ancora partita.
Come racconta Roberto Cuda in «Strade senza uscita» (Castelvecchi), a economisti e ambientalisti parve subito una follia: previsioni di aumento di traffico infondate (secondo la Kpmg, sono in media sovrastimate del 30%) e non avvalorate da esperti indipendenti; esistenza di soluzioni alternative low cost, adeguando le strade esistenti; alto impatto ambientale attraversando 6 aree protette e consumando 380 milioni di metri quadrati di suolo, di cui l’86% agricolo. «Un viaggio straordinario lungo l’art. 9 della Costituzione – dice Luca Martinelli, autore per Altreconomia di un videoreportage lungo il tracciato –: risale il Tevere fino alle sorgenti, lambisce il Parco del Casentino poi inizia la discesa verso la Romagna e raggiunge Venezia attraversando le valli di Comacchio e del Mezzano, straordinari esempi di bonifica, e infine il Parco del Delta del Po e la bellissima Riviera del Brenta».
Nessuna obiezione ha mai fermato il sogno di quello che il presidente dell’Anas Pietro Ciucci ha definito «il progetto infrastrutturale più importante d’Italia». A sognare sono in tanti: banche, cooperative, finanzieri, costruttori. Dieci anni fa la cordata delle coop rosse guidata da Lino Brentan del Pd (poi arrestato per corruzione) e sostenuta da un’associazione presieduta da Bersani, fu battuta da quella di Vito Bonsignore: ex Dc, Udc, Pdl.
Tra il 2009 e il 2010, tutte le carte della Orte-Mestre sembrano a posto, compresa la controversa valutazione ambientale, approvata sulla base di uno studio commissionato da Bonsignore a una società amministrata da suo fratello. Il «project financing» prevede che il privato finanzi l’opera e riscuota i pedaggi della concessione. Ma quello all’italiana (vedi BreBeMi) è diverso: se si va in perdita, ci pensa lo Stato. Solo che il governo Berlusconi non ha 1 miliardo per far partire i lavori, la crisi spaventa e le banche tergiversano.
La musica non cambia con Monti. Per fortuna nel 2013 al ministero arriva Lupi, che si batte come un leone, spingendosi a definire la Orte-Mestre «un’opera strategica perché si aggancerà al corridoio europeo baltico-adriatico». La smentita della Commissione Ue non impedisce al Cipe (governo Letta, 8 novembre 2014) di approvare l’opera con un generoso contributo pubblico salito a 1,8 miliardi (20% del costo totale). Una settimana dopo Lupi e Bonsignore fondano il Ncd.
Nel frattempo la Orte-Mestre è diventata bipartisan, anzi tripartisan: centrodestra, Lega, Pd. Tanto che Bonsignore consegna la guida del suo consorzio al dalemiano Antonio Bargone. Tutti d’accordo, meno la Corte dei Conti che nel luglio 2014 boccia la delibera del Cipe: lo sgravio fiscale è abnorme e illegittimo. Poche settimane dopo sarà il governo Renzi, con un comma ad hoc nel decreto Sblocca-Italia, a sanare l’illegittimità (ora si attende il sì della Corte dei conti).
Tutto risolto? Non secondo pm fiorentini e carabinieri del Ros, che proprio sul più bello arrestano Incalza e indagano Bonsignore e Bargone per aver promesso al superburocrate l’assegnazione della lucrosa direzione lavori al suo sodale Perotti in cambio di «un favorevole iter delle procedure amministrative relative al finanziamento dell’opera». Al di là dei reati, le intercettazioni documentano la solerzia con cui il trio si adoperava per l’approvazione di norme su misura, tali da rendere l’opera fattibile e profittevole per i privati. E forse lo sarebbe, ma a spese dei contribuenti.
Si può fare finta di niente? Dimissionato Lupi, la risposta spetta a chi, a Palazzo Chigi, erediterà il dossier grandi opere.
Giuseppe Salvaggiulo, La Stampa 22/3/2015