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 2015  marzo 23 Lunedì calendario

AUGURI LEA: «AVREI VOLUTO LA PENNETTA COME FIGLIA»

«Com’ero forte!», mormora sospirando la signora Pericoli, la Lea, mentre con gli occhi chiama a raccolta tutte le sue co­ se e i suoi pensieri per gli 80 anni che festeggia oggi. «Ora sono forse più serena, forse ho trovato l’equilibrio, ma mi dimentico le cose. La memoria è quella che mi tradisce di più, faccio casino, scri­ vo continuamente dei bigliettini e poi li perdo per la casa». Spontanea, scanzonata, auto­ironica, elegante, intelligente. «La Divina», come la chia­ marono il giornalista Mario Bellani e il gladiatore del tennis Fausto Gardini che la iscrissero a sua insaputa alle selezioni di «Miss Italia» a Cortina (vinse, ma disertò...), è anche buona? «Non lo so, spero di non aver mai fatto del male a nessuno, io almeno ci ho provato. Da 40 anni cerco di fare del bene per i bambini malati di cancro, con l’aiuto di belle persone come Diego Della Valle. Infatti, per il mio compleanno chiedo solo offerte per loro, in busta chiusa». LOTTE E PAURE Lei è già ricca della vita: «Mi con­ sidero davvero una donna fortunata perché ho avuto davvero tanto, a cominciare dal tennis, il mio più grande amore. Infatti, dal 1975, quando ho vinto singolare, doppio e doppio misto, con Adriano (Panatta), ai campionati italiani, non ho più preso in mano la racchetta. Quando qualcosa finisce, finisce e basta! Mi sono anche di­ menticata di aver giocato a tennis. An­ che se le emozioni che provavo sono state intense e immediate come quel fantastico sport». La gente la ricorda come «quella dei pallonetti». Lea non se ne vergogna: «Come tennista sono stata davvero “un coniglio coraggioso”, come scrissero. Non avevo il corag­ gio di andare all’assalto, ma poi bat­ tevo angosce e paure, altrimenti non avrei vinto 27 titoli italiani. Io il Gardini delle donne? Che magnifi­ co complimento! Diciamo che Adriano (Panatta) vinceva a rete le sue ansie, io coi pallonetti». La qualità agonistica che si riconosce? «La resistenza, che è fisico, ma rice­ ve la spinta dalla mente, dalla volontà, credi e vuoi, sei forte dentro». Tanto forte da battere due volte il cancro: «I tornei più importanti che ho vinto. Il male mi ha colpito all’utero e al seno, nel 1973 e due anni fa, quando nemmeno l’ho raccontato perché non di­ cessero: “Ma questa qui quanto rompe le scatole coi tumori?”. Veronesi mi chiese di pubblicizzare la mia situazione in un momento in cui non si parlava di queste cose, e sono diventata testimo­ nial della Ricerca sul Cancro e della Lega Italiana per la lotta contro i Tumori. Poi ho conosciuto il professor Marco Alloisio: fantastica persona, sia­ mo amici». AMICIZIA E AMORE «Io sono un ariete, impulsi­ va, ho preso delle cotte furibonde, alcune sono stata abile nel mascherarle, altre le ho vissute e ne ho ricavato quelle emozioni che fanno essere felici, nella vita. Ci sono tante forme d’amore, ma è una parola finita, nella mia testa, perché una donna dev’essere per forza bella, l’uomo può an­ che essere brutto, e ora che non c’è più la giovi­ nezza... No, non mi diverte, sarebbe sconvenien­ te». Da cui un pensiero in più, fra intelligente o sexy: «Penso di essere stata più intelligente. Se rinasco, scelgo di essere molto bella, sarebbe più facile sopravvivere». L’amore più grande? «Dico Guido Rocca». Scrisse «Una ragazza impruden­ te», magari Lea ci si identifica un po’. E Nicola Pietrangeli? «Fra noi non è mai successo niente: non eravamo niente male, tutti e due, ma io ave­ vo sempre un altro e lui almeno due! Siamo stati complici, lui mi copriva, mi giustificava perché, pur avendo sempre un comportamento politi­ cally correct, non mi sono mai fatta mancare niente nelle mie passioni. Sembravamo due amanti perché io scivolavo nella sua stanza d’hotel, ma per giocare a carte, ore e ore a po­ ker, in 4/5, o a ramino e scala 40 noi due.
E siamo sempre amici. Come della Lazzarino, che doppi abbiamo fat­ to, insieme!». Chi era il più forte, al­ l’epoca? «Il più grande per me è sta­ to Hoad, con Rosewall; Laver era fortissimo, ma io i mancini non li ho mai capiti tanto. Oggi c’è Federer, talmente straordinario che a me sembra anche il più bello. Il prima­ to della bellezza, ai tempi, ce l’ave­ va sicuramente Newcombe». Lo scandalo però lo fece lei, Lea Pe­ ricoli, con le sue mutandine di pizzo, a Wimbledon, nel 1955: «Fu la fine del mondo, sul campo 4 giocavo contro Maria de Riba ma pensa­ vano tutti soltanto ai vestitini di Ted Tinling. C’erano fotografi ovunque, distesi sull’erba per riprendermi dal basso...Persi e negli spogliatoi piansi come un vitello, venne da me Harry Hop­ man a consolarmi: “Non è successo niente, Lea, calmati, non ti preoccupare”. E mi invitò a cena con Hoad e Rosewall. Figurati, io stavo in un al­ berghetto, loro erano al Dorcester... Papà non mi fece più giocare a tennis per due anni, ma i vesti­ tini sono esposti al Victoria and Albert Museum di Londra e ora al Roland Garros cercano di esi­ birne almeno le foto». LAVORO E PIACERE Papà le ha inculcato l’amore per l’Africa, dov’è cresciuta, fra Etiopia ed Eritrea: «Vivo fra Milano e Montecarlo, ma per me “casa” è Nairobi, e l’altopiano d’Etiopia al tramonto quando arriva l’ultimo soffio di vento caldo, il so­ le va giù e io sono davvero felice. Nella mia Africa ci torno almeno una volta l’anno». Rimpianti? «Solo gli stupidi non ne hanno». Rimorsi? «Non molti. Avrei voluto avere un figlio, sarei voluta es­ sere la madre di Flavia Pennetta, è una donna af­ fettuosa, magnifica, mi piace molto come perso­ na, e si preoccupa sinceramente per me». Il tennis non le ha dato denari: «L’unico torneo Open che riuscii a giocare, nel ‘75, a Roma, metteva in palio 400mila lire... Ho lavorato molto per guadagnar­ mi da vivere». La Lea è stata la prima donna a condurre un gioco a premi alla Tv italiana («Paro­ liamo»), e poi «La caccia al tesoro» con Jocelyn. E’ stata telecronista di tennis (a Telemontecarlo) e giornalista (al Giornale di Montanelli): «Ho preso dei calci in bocca, ma ne sono sempre venuta fuo­ ri». Ha scritto tre libri, ed è stata stilista: «Il mio amico Giorgio Armani, il campione del mondo della moda, mi veste sempre, mi ha appena detto: “Vai e scegli quello che vuoi metterti alla tua fe­ sta”». Oggi gioca tanto a golf: «Rincorro sempre una palla, avevo handicap 13, ma mi sono alzata, mi sono alzata, mi sono alzata fino a 18. E’ un gioco bellissimo, che puoi anche giocare da solo, e quindi io che ho la tessera gratuita del presidente della federazione, Franco Chimenti, gioco sempre e ovunque». E’ sempre forte, la Lea, coi suoi tail­ leur color pastello e gli occhiali fumé, quando im­ braccia il microfono e, con la sua voce suadente, fa da fatina al tennis italiano: «Sono orgogliosissi­ ma delle nostre ragazze». E anche di sé, diversa, riconoscibile, unica, Pericoli: «I miei primi 80 an­ ni? Magari. Sono innamorata della vita, ma dovrò lasciarla anch’io».