Enrico De Mita, Il Sole 24 Ore 23/3/2015, 23 marzo 2015
LA PROROGA UNICA CERTEZZA NELLA BABELE DELLE TASSE
Il caos fiscale ha superato ogni limite di sopportabilità. Siamo a un anno dalla approvazione della legge delega e, tolto qualche decreto legislativo approvato dal Governo, c’è voluta la proroga e non da escludere che ci sarà la proroga della proroga.
La proroga, del resto, è diventata istituto fondamentale del diritto tributario. L’intervento della Corte costituzionale (37/2015) è stato sul punto alquanto contraddittorio, perché mentre altre volte ha dichiarato legittima la proroga per lo stato di disorganizzazione dell’amministrazione, o quando ha addirittura salvato il raddoppio dei termini, con la recente sentenza della scorsa settimana ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tre diverse proroghe al conferimento degli incarichi a funzionari delle tre agenzie mettendo l’amministrazione in una situazione di paralisi che verrà superata con qualche leggina.
Questo tema dell’organizzazione delle amministrazioni fu posto a fondamento della riforma del 1971. Ma si è fatto poco o niente. Manca una politica tributaria del governo come abbiamo più volte scritto su queste colonne.
Le leggi, specie quando sono leggine dirette a risolvere qualche problema di gettito, vengono fatte con la complicità del governo. Gli interventi minuti portano quasi sempre lo stesso titolo: disposizioni urgenti in materia di perequazione, di efficientamento (sic!) e potenziamento delle procedure di accertamento e di lotte alla evasione fiscale.
Il Governo annuncia interventi di sapore propagandistico, come la dichiarazione precompilata (che pone nuovi problemi perché il 90% delle dichiarazioni dovrà essere integrato) una fantomatica imposta locale e gli 80 euro che creano una discriminazione nei confronti dei soggetti esclusi, con tanti saluti alla parità di trattamento. Ma la parità di trattamento in un sistema caotico come quello italiano è una utopia che peraltro si risolve in una delle cause più formidabili dell’evasione fiscale.
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Enrico De Mita
Continua da pagina 1 La confusione politica richiede idee s emplici e chiare; il legislatore se ne occupa solo nei titoli delle leggi. Ci vorrebbe una strategia del governo, che parta da un dibattito parlamentare.
Il governo dovrebbe darsi una linea e proporre un programma che venga poi attuato gradualmente. Solo così può riacquistare la fiducia dei cittadini. Il tributo è pietra angolare del sistema democratico. E se non ci si muove in questa direzione si dà spazio alle proposte demagogiche come quella che prevede un?imposta unica con una sola aliquota per tutti del 15 per cento.
Occorre eliminare le imposte distorsive come l?Irap. Programmare la riduzione graduale delle aliquote: l?eccessivo livello dell?aliquota è causa tecnica di evasione. L?insopportabilità del carico fiscale mette l?operatore di fronte a questa alternativa: o evadere o chiudere bottega.
Smetterla di modificare continuamente le imposte. Mettere mano a leggi generali sull?attuazione delle imposte a carattere tendenzialmente stabile. Invece sono proprio le leggi sull?accertamento che vengono continuamente modificate con l?illusione di combattere l?evasione. La lotta all?evasione si fa principalmente con un ordinamento fondato sulla semplificazione e sulla sopportabilità.
In una lettera molto incisiva scritta a questo giornale domenica 15 marzo un lettore, nel denunciare il caos fiscale con una critica ai nuovi e indefiniti tributi alle distorsioni provocate dal federalismo fiscale, ha chiesto l?aiuto di persone che conoscono il sistema fiscale. La riforma fiscale del 1971 fu preparata da un gruppo di studiosi che con la relazione Cosciani preparò la riforma. Oggi l?amministrazione (e il governo) si chiudono nel proprio guscio e gli interventi dei tecnici non si fanno sentire. Si può dire che c?è una specie di rassegnazione che è l?atteggiamento generale verso la politica.
L?amministrazione si era illusa di risolvere il problema dei suoi funzionari saltando l?obbligo del concorso. Ma è stata fermata dalla Corte costituzionale.
Le dichiarazioni di buona volontà non sono servite a coprire un pasticcio che non è solo giuridico. L?asse della politica fiscale si è spostato nel Parlamento, mentre la strategia fiscale la deve disegnare il governo, avvalendosi dei tecnici. I ritardi per provvedere in tempo vengono risolti con la proroga che complica ulteriormente le cose.