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 2015  marzo 22 Domenica calendario

NON TOCCATE ANGELA. HA RISOLLEVATO IL GIGANTE TEDESCO DALLA “GRANDE COLPA”

Una frase degna di Tacito, apparsa in anni recenti su Der Spiegel: «La si guardi dal cielo o dalla terra, Berlino è un mostro, piantato con prepotenza nelle sabbie del Brandeburgo». Alfieri, nel XVIII, non ci vide che caserme; furono queste a introdurre Berlino nella storia europea, dove nessun altro luogo ebbe lo strano destino di essere designato, dal più grande regista italiano, come Berlino Anno Zero, e Corrado Alvaro, inviato della Stampa, osservava con quanta serietà le donne sbucate dalle macerie le radunavano, le mettevano in ordine, le classificavano. Nei pressi di una chiesa distrutta, un vecchio angelico suonava l’Organo di Barberia: il mostro aveva perso gli unghioni.
E la storia lo irrora di disastri, man mano che l’Anno Zero si allontana: il Ponte Aereo di Clark, la ferita aperta della Ddr, lo snaturamento di essere una capitale senza istituzioni, il Muro con la sua sequela di morti, fino al segnale magico congiunto Reagan-Gorbaciov che fa liquefare nell’Ottantanove il Muro. La futura signora della Germania unita e dell’Europa continentale unita, viene di là, laureata in fisica con vocazione destinale alla cabina di comando. Come si diventa una grande potenza puramente economica, senza violenza di Kaiser e volontà omicida paranoica di Hitler, come si arriva a tanta solidità di titoli e solitudine di potere? Direi semplicemente che il motore, non meccanico, di tutto, che Angela Merkel oggi perfettamente incarna non è economico né politico, ma spirituale , frutto di revisionismo etico: là, dove il crimine umano ha toccato il suo culmine. Quando sento in tutta la sua brutalità il rigetto delle brutture e delle demenze d’uomo, non mi è impossibile evitare del tutto di credere che la bellezza a cui è dato salvare il mondo sia perduta, per sempre.
Undici anni prima che Angela nascesse ad Amburgo, per diventare quasi subito berlinese dell’Est, Karl Jaspers, nelle aule gremite di Heidelberg, già nel semestre d’inverno del 1945 (Anno Zero), teneva un corso ad ignari giovani exnazionalsocialisti sulla colpa di aver chinato la testa, sulla colpa dei loro padri di averli lasciati intossicare da una religione di sterminio e di morte. In realtà la complicità veniva dal trono più alto della filosofia europea, e lo stesso Jaspers aveva taciuto quando bisognava morire per la verità e il terrore aveva paralizzato tutti. I filosofi parlavano da un trono abbattuto come un qualsiasi monumento del Tiergarten. Jaspers lasciò Heidelberg un anno dopo ma il seme era gettato, il volume che raccolse quelle lezioni memorabili, Die Schuldfrage (in Italia subito pubblicato col titolo La colpa della Germania, approvato dall’autore, nel 1947), fu un basamento nuovo per un trono nuovo della filosofia tedesca. Ripensare, raddrizzare i pensieri storti e bugiardi è riscattarsi. E la grande Cancelliera ha avuto il giusto orgoglio e il giusto coraggio di andare in Giappone a indicare come esempio il revisionismo antinazista e la pacificazione in saecula saeculorum franco-tedesca. Chi potrà dimenticare l’incontro di Verdun tra il generale de Gaulle e Konrad Adenauer, se sia posseduto da autentici sentimenti umani?
L’economia non è che una maschera (che spesso non nasconde che polvere e morte); nel midollo etico è la vera forza.
Via via che il revisionismo denazificante e demilitarizzante riagganciava la Germania all’Europa, e che il paleomarxismo dell’Est perdeva i suoi ultimi ripari, il mostro Berlino si schiodava dalla vecchia arroganza; eccone emergere una consapevole capitale della Kultur , a misura del destino che le avrebbe impresso, poco dopo il Duemila, l’eurogermanesimo, non facile ma vivificatore, di Angela Merkel, grinta che non piace agli imbroglioni, ai nostalgici monetari, ai riformati mentali, agli inguaribili corrotti dal denaro dell’Europa mediterranea. Che non si lasci intimidire, la Cancelliera, custode di un focolare che ha una estensione da sacro romano impero medievale. A lei si addice e dedico la sentenza di Marco Aurelio: «Se puoi istruiscili, se non puoi sopportali».
Guido Ceronetti, la Repubblica 22/3/2015