Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 22/3/2015, 22 marzo 2015
Opa Pirelli, spunta la clausola salva-Italia Domani l’annuncio: cinesi al 65% e italiani al 22,6% Comunque vada, Chem China sarà l’azionista di maggioranza di Pirelli
Opa Pirelli, spunta la clausola salva-Italia Domani l’annuncio: cinesi al 65% e italiani al 22,6% Comunque vada, Chem China sarà l’azionista di maggioranza di Pirelli. Ma la difesa dell’essenza dell’italianità della Bicocca - sede, ricerca&sviluppo e management - è consegnata alla clausola, concordata con i cinesi, di fissare al 90% del capitale il quorum per cambiare lo statuto a riguardo. In caso di adesione totalitaria all’Opa che sarà annunciata domani, Chem China avrebbe il 65%, la cordata italiana guidata da Marco Tronchetti Provera il 22,6% e Rosneft il restante 12,4%. L’ultimo baluardo a difesa dell’italianità di Pirelli è appeso alla perizia degli avvocati. Patti intricatissimi, da tradurre in cinese, ma anche in russo - visto che gli interlocutori al tavolo con Marco Tronchetti Provera & C. sono il prossimo socio di maggioranza Chem China e l’ultimo partner internazionale Rosfneft - che cercano di far da contraltare con la governance alla potenza dei capitali emergenti. Pirelli già oggi è poco italiana se si guarda a produzione e mercati di sbocco: su entrambi i fronti lo è appena per il 6%. Nell’azionariato stabile lo è solo per il 13%. Troppo poco per difendere l’azienda dalle mire dei concorrenti che, dato che il settore delle gomme ormai è molto concentrato a livello mondiale, se riuscissero a conquistare la Bicocca, per motivi Antitrust, dovrebbero necessariamente rinunciare a “pezzi” della pregiata preda, inglobando solo il possibile. Scenario per nulla irrealistico considerato che Pirelli è relativamente piccola per capitalizzazione di Borsa (Continental viaggia a oltre 45 miliardi, Bridgestone a 30, Michelin quasi a 17) e che Rosneft, alle prese con le difficoltà dell’embargo alla Russia, non avrebbe potuto intervenire per organizzare la difesa. Affidarsi all’abbraccio cinese, con la rinuncia all’ultima parvenza di italianità della proprietà, sarebbe stata - a quanto risulta - anche una mossa per mettere al riparo l’azienda dal rischio “spezzatino”: un anno fa le voci davano in movimento la tedesca Continental, oggi sul mercato circolavano anche altre ipotesi. Il passaggio della maggioranza in mani cinesi è un dato di fatto perchè comunque vadano le cose ChemChina sarà sempre l’azionista preponderante della Bicocca. L’accordo però è stato fatto a condizione di preservare l’essenza dell’italianità di Pirelli: sede e cervello in Italia. Vale a dire gestione del business, anche per la parte che riguarda la joint nelle gomme per camion e macchinari pesanti, al management di Pirelli e ricerca & sviluppo in Italia. Presidi da inserire nello statuto societario con la maggioranza bulgara del 90% per poterli cambiare. Il che significa che il baluardo all’essenza dell’italianità resisterà fino a quando ci sarà qualcuno in Italia interessato a farlo valere e fino a quando i cinesi saranno convinti che il marchio del “made in Italy” sia un valore aggiunto e non invece un vincolo da eliminare. Percentuali che dovranno passare la ratifica dei consigli che si stanno susseguendo in questo week-end, ma sulle quali è già stato raggiunto un sostanziale accordo. Nello schema dell’operazione in cantiere - i dettagli si dovrebbero conoscere lunedì, presumibilmente prima della riapertura dei mercati - la costante è che Chem China avrà comunque la maggioranza. In percentuali variabili a seconda dell’esito dell’Opa che sarà lanciata da una newco a maggioranza cinese, con la componente italo-russa in minoranza. Nella fase iniziale Chem China rileverà la quota di riferimento di Camfin in Pirelli per una cifra intorno a 1,8 miliardi: tolti 400 milioni di debito (che sarà rimborsato), restano 1,4 miliardi. Rosneft ne tratterrà una parte e reinvestirà il resto insieme ai soci italiani (la cordata privati-banche guidata da Tronchetti) nella newco che lancerà l’Opa a 15 euro, per un controvalore totale di 7,1 miliardi. Nella newco, Chem China metterà 2,2 miliardi di equity, la compagine italo-russa circa 1,1 miliardi (cioè i proventi netti risultanti dalla vendita della quota di Camfin). Nell’ipotesi in cui l’Opa raggiungesse il 100% delle adesioni, Chem China avrebbe il 65% del capitale, l’ex Camfin il 35% così suddiviso: la compagine tricolore al 22,6% - miracoli della finanza, più del 13% che ha in mano oggi - e Rosneft con la restante quota del 12,4%. Se invece l’Opa non riuscisse a raccogliere la totalità del capitale la Pirelli farebbe capo alla newco, nella quale ci sarebbe una sostanziale pariteticità tra il socio cinese e il blocco italo-russo: 51% al primo, 49% agli altri. In questo caso Pirelli potrebbe essere delistata o meno a seconda che la maggioranza raggiunga o meno la percentuale dei due terzi del capitale sufficiente a consentire la fusione con la newco non quotata. La composizione del board dovrebbe variare di conseguenza a seconda dell’esito dell’Opa e quindi delle percentuali di capitale azionario in mano ai due blocchi. Nel caso in cui fosse possibile ritirare Pirelli dal listino di Piazza Affari, il processo di riassetto post-Opa marcerebbe più spedito. In ogni caso si avrà la separazione tra una società dei camion destinata a fondersi con la quotata Aeolus che fa capo a Chem China e una società delle gomme auto e moto concentrata nel segmento d’alta gamma “premium”. Quest’ultima tornerebbe in Borsa dopo quattro anni (forse a Londra), con i cinesi che scenderebbero sotto il 50%, pur restando sempre il socio maggioritario. Nel caso in cui ci fosse il delisting di Pirelli a seguito dell’Opa, ma per qualche motivo “Pirelli Tyre” non fosse riportata in quotazione allora ci sarebbe il diritto (sotto forma di un’opzione put) degli altri soci rimasti nel capitale a rivendere le loro quote a Chem China allo stesso prezzo dell’Opa di oggi, presumibilmente, appunto, intorno ai 15 euro. Allo stato pare non si registrino defezioni nella variegata compagine tricolore che accompagna Tronchetti a seguirlo anche in quest’ultima avventura. Se la scommessa industriale della joint cinese per i camion si rivelerà azzeccata e se le gomme premium da sole spuntassero multipli più alti in Borsa, ci sarebbe sen’altro ancora da guadagnare. Con qualche tristezza per i limiti del sistema-Paese, ma questa è un’altra storia.