Gustavo Pietropolli Charmet, Corriere della Sera/La Lettura 22/03/2015, 22 marzo 2015
Domenica 22 Marzo, 2015 LA LETTURA © RIPRODUZIONE RISERVATA Come studenti sono folli ma come tredicenni no Cosa ci insegnano i cinque «casi» clinici della psicoanalista in erba della terza D Sono molte le ricerche sugli adolescenti attuali
Domenica 22 Marzo, 2015 LA LETTURA © RIPRODUZIONE RISERVATA Come studenti sono folli ma come tredicenni no Cosa ci insegnano i cinque «casi» clinici della psicoanalista in erba della terza D Sono molte le ricerche sugli adolescenti attuali. Non è facile capire quale sia il motivo che impedisce di far giungere fino a loro il significato simbolico e istituzionale della scuola. Ora abbiamo la testimonianza di una studentessa di 13 anni, Bianca Chiabrando, che vive immersa nel gruppo classe della 3ª D e si è assunta il ruolo di psicoanalista. Il suo sguardo ( Il caso 3ª D , Mondadori) è quello di una preadolescente femmina milanese che osserva sbigottita usi e costumi dei coetanei maschi. Ciò che documenta spiritosamente, usando le metafore del gergo generazionale, è l’uso privato dello spazio pubblico dell’aula. Ognuno dei cinque casi clinici in osservazione (lo psicoapatico , il pentapolare , lo schizoscemico , l’ ipercattivo , il sadocasinista ) usa il tempo e lo spazio della scuola per mettere in scena una personalissima comunicazione attorno ai propri interessi extrascolastici, realizzando gag cabarettistiche, imitazioni, musiche e danze ispirate ai propri idoli o comunicando al mondo le private scelte di vita e di valore. Le regole, i riti, le cerimonie dell’istituzione scuola, la lezione dei docenti, il materiale scolastico sono del tutto ignorati e manomessi dai cinque folli in osservazione. Usano l’aula come palcoscenico, il gruppo classe come spettatore della loro interpretazione artistica della relazione con la scuola e con la crescita. Ne deriva un ostacolo al normale procedere dell’attività didattica a causa del rumore, dei movimenti, dell’interesse suscitato dagli stravaganti comportamenti dei cinque mimi. Ognuno dei cinque casi clinici mette in scena e drammatizza una componente importante della preadolescenza maschile. Uno dorme sopra e sotto il banco all’ombra della cresta di capelli gommati, mimando una forma radicale di disinteresse per la trasmissione culturale fra le generazioni. L’altro, incollato al cappellino, insiste nel voler sterminare le balene e inventa un neolinguaggio, alludendo alle difficoltà di coabitazione con le mamme e alla necessità di separarsi dalla lingua madre promuovendo un esperanto generazionale. Il terzo ignora qualsiasi dato delle materie scolastiche ma conosce a memoria tutto il vastissimo repertorio di videogiochi, cartoni animati, serie tv e mette in scena il corteggiamento preadolescenziale maschile della giovane psicoanalista, dichiarandosi perdutamente innamorato del suo astuccio peloso a forma di orsetto grasso che chiama Mike e al quale invia bigliettini d’amore. Il quarto è un maschio iperattivo, grande imitatore di Berlusconi, degli Emo e del bambino che piange; è instancabilmente dedito ad attirare l’attenzione sulle proprie imprese, sabotatore inconsapevole dell’attività didattica, appare incomprensibile agli occhi dei compagni che gli hanno delegato il compito di stupirli e sottrarre interesse a ciò che dicono gli adulti. Il quinto infine rumina progetti vendicativi nei confronti dei docenti e degli adulti dai quali odia essere sgridato, ma si limita a far conoscere a tutta la scuola i suoi dettagliati progetti dinamitardi, prestando la propria fantasia ai bisogni emancipativi di tutti i coetanei maschi della scuola. La nostra giovanissima psicoanalista termina il proprio lavoro clinico e la sua diagnosi è pesante: si tratta di cinque casi di follia conclamata. La sua testimonianza invece documenta affettuosamente e ironicamente il contrario. Non c’è traccia di violenza, di volgarità, di sessualità esibita, di prevaricazione, di bullismo e prepotenza nei suoi cinque coetanei maschi. La loro interpretazione del ruolo di studente è fallimentare e sovversiva rispetto agli apprendimenti e alla disciplina scolastica, ma non attaccano sadicamente gli adulti o i compagni. Si limitano a portare a scuola la loro età e l’identità di genere maschile senza riuscire a inserirla nel ruolo di studente. Sono in classe ma non sono studenti, sono preadolescenti maschi. Non rifiutano attivamente la scuola e le sue cerimonie, si limitano a ignorarla perché non ne capiscono l’importanza e l’utilità: ignorano qualsiasi nozione dei programmi ministeriali ma conoscono molto bene le materie che ritengono fondamentali, dalla musica ai videogiochi. Come studenti di terza media sono «pazzi», come preadolescenti di tredici anni sono normalissimi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina Corrente Pag. 11 Immagini della pagina