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 2015  marzo 20 Venerdì calendario

MCDONALD’S CORRE AI RIPARI

In un’era in cui le grandi catene americane della ristorazione diversificano la loro offerta ed emergono “success story” come quelle di Smashburger e Shake Shack, o quelle di gruppi come Chipotle dove ogni cliente può costruirsi il suo piatto “su misura”, McDonald’s, in profonda crisi, è alla ricerca di una nuova identità, di una nuova anima. In Europa, dove il volume d’affari tiene (la crescita in Germania e Gran Bretagna ha compensato i cali in Russia), il fenomeno è poco visibile, ma negli Stati Uniti e in Asia le cose non vanno per niente bene. Cresciuta per un lungo periodo di tempo a ritmi molto rapidi, fino a diventare la più grande catena di “fast food” del mondo con oltre 36 mila ristoranti, 14 mila dei quali negli Usa, McDonald’s perde colpi da oltre due anni. Ora l’azienda è corsa ai ripari sostituendo l’amministratore delegato, Don Thompson, con un giovane manager inglese. Ma Steve Easterbrook, insediatosi solo lo scorso primo marzo, si è trovato subito a correre in salita: i dati di febbraio parlano di un forte calo (-4 per cento) del fatturato, nonostante una campagna promozionale (pasto gratis agli avventori che compiono un gesto affettuoso) lanciata con uno spot televisivo durante la finale del Superbowl, il primo fatto da McDonald’s da otto anni a questa parte. Un calo sul mercato americano ma anche su quello asiatico al quale l’azienda ha reagito promettendo una revisione delle sue priorità strategiche in modo da diventare una “burger company” all’avanguardia. Più facile a dirsi che a farsi: secondo i critici del gigante dell’alimentazione industriale oggi McDonald’s è un fast food che non riesce più a essere “fast” (il menù, reso più complesso dall’introduzione di nuovi cibi considerati più sani, ha allungato di 37 secondi i tempi di consegna medi di un pasto, passati da 152 a 189 secondi), mentre anche per quanto riguarda la qualità del “food” le cose lasciano a desiderare: la gente continua a comprare hamburger e Big Mac, mentre non entusiasmano le pietanze alternative, alcune salutari, come le insalate, altre semplicemente diverse come i “wrap”. La prima mossa azzeccata del nuovo capo è stata quella di annunciare che entro due anni a tutti i polli usati dal gruppo per preparare i suoi pasti non verranno più somministrati antibiotici: la gente sembra aver reagito bene, ma è solo un primo passo.




90 Valigia intelligente


Arriva la valigia intelligente
In un Paese, gli Stati Uniti, nei cui aeroporti vengono smarriti ogni anno centinaia di migliaia di bagagli, la novità, da lungo attesa, è di certo benvenuta: arrivano le valigie “intelligenti”. Bluesmart, una start up finanziata col crowdfunding di 10 mila sottoscrittori che hanno versato circa 2 milioni di dollari alla società, metterà sul mercato in autunno i suoi bagagli dotati di sensori e microchip che consentono al viaggiatore dotato di uno smartphone di localizzarle in ogni momento grazie al Gps. Un mercato promettente ma che ben presto sarà molto affollato: quelle di Bluesmart dovrebbero essere le valige digitali più sofisticate, ma Samsonite ha già messo sul mercato nei giorni scorsi qualcosa di simile, la linea Geo Tracker e lo stesso ha fatto la Delsey. Presto toccherà anche alla tedesca Rimowa che ha sviluppato, in società col gruppo aeronautico Airbus e con la Deutsche Telekom, un sistema particolarmente sofisticato, capace di individuare una valigia anche all’interno della stiva di un aereo. Un business, quello delle valigie elettroniche, destinato a intrecciarsi con quello del trasporto aereo. La Delsey sta preparando un accordo con l’Air France e uno con le società aeroportuali per la tracciabilità dei pezzi di bagaglio, ma prima deve completare la sperimentazione dei suoi nuovi prodotti. Presto, comunque, la nostra valigia standard sarà robustissima, superleggera, dotata di quattro ruote e anche digitale. Mancano solo un motore elettrico e un sistema di guida.