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 2015  marzo 19 Giovedì calendario

TUTTE LE SERPI IN SENO A PUTIN

Passi per la terza figlia illegittima, per il colpo di Stato e per il colpo della strega, ma andarsene con la scusa dell’ictus per 10 giorni, senza neppure lasciare un biglietto ai generali, è imperdonabile». Lo humour russo si è scatenato appena è stato chiaro che Vladimir Putin era ancora vivo e vegeto. Ma, al di là delle battute, la sparizione prolungata dalla vita pubblica moscovita del presidente ha rappresentato un vuoto angosciante per molti, aprendo in un momento già drammatico un baratro di domande, non solo sul suo personale destino, ma anche su quello della Federazione. Che cosa succederebbe se Putin non ci fosse più? E chi se ne avvantaggerebbe? Gli stessi che hanno ucciso l’oppositore Boris Nemtsov? Certo è che, in 15 anni di potere incontrastato, il leader del Cremlino ha collezionato parecchi nemici. Nella sua retorica il nome ricorrente è quello degli Stati Uniti, sui social quello del blogger dissidente Aleksey Navalny. Ma per il padre di tutte le Russie le insidie più velenose si annidano sul fronte interno.
Oligarchi riottosi. Al di là delle difficoltà internazionali, il consenso rimane molto alto. Secondo molti esperti, Putin lo sta utilizzando per un ulteriore accentramento del potere e redistribuzione della ricchezza. E questo potrebbe non andar bene agli oligarchi. La dice lunga l’attività del miliardario Mikhail Prokhorov. Sebbene per taluni analisti sarebbe in realtà leale al Cremlino, resta il fatto che, tra tutti i magnati, è il più attivo sulla piattaforma politica pubblica. Si era candidato già alle ultime presidenziali, ora lascerà «Piattaforma civica» per creare un nuovo progetto socio-politico, ossia un vero partito liberale. Una minaccia per Putin? Più che altro un sintomo dell’attività dinamica delle lobby, delle cordate di oligarchi «impegnate nella lotta per il potere e la ricchezza» dice una fonte di Panorama. «Ci sono sette aggregazioni per tipologia di business (la metallurgia, per esempio) o per regioni.
Antagonisti storici. Proprio dalla schiera degli oligarchi vengono fuori i veri nemici storici di Putin: «Mikhail Khodorkovsky, Platon Lebedev, Leonid Nevzlin, Vladimir Gusinsky» enumera un’altra fonte riservata. Se i primi due sono ben conosciuti per l’affare Yukos e, tornati in libertà, sostengono l’attivista Alexej Navalny, il terzo è meno noto, pur essendo stato al centro della battaglia legale per il risarcimento agli azionisti della Yukos: «Nevzlin si trova a essere il massimo singolo beneficiario da una sentenza dell’Aja sulla vicenda, con un risarcimento di 50 miliardi di dollari (dalla Federazione Russa)» scriveva il Financial Times a luglio, specificando che «la sua pazienza e la perseveranza sono state ripa-
gate» in quella che per molti, più che battaglia legale, è stata la più grande guerra tra siloviki (uomini dei poteri forti) e un gruppo di oligarchi. Peraltro, il caso Yukos pare una telenovela senza fine. Al punto da sfiorare pure l’economista e «altra serpe in seno» Sergey Guriev, primo vero esempio di fuga all’estero di un rappresentante dell’élite.
Veterani del Kgb. Sembra paradossale, ma ha la stessa provenienza di Putin colui che il Moscow Times definì nel 2012 come «uno degli avversari più accesi e carismatici in parlamento» del leader del Cremlino. È Gennady Gudkov, poi espulso dalla Duma, padrone di una società di sicurezza privata, la Oskord. Suo figlio Dmitry, anche lui deputato, sempre nel 2012 guidò «l’atto più eclatante di sfida parlamentare nell’era Putin», secondo la definizione dell’Economist. Vale a dire l’ostruzionismo al disegno di legge che consente di comminare grosse multe ai manifestanti antigovernativi. Un altro ex Kgb, il miliardario ed editore Aleksandr Lebedev, rimane uno dei pochi russi di primo piano che sembra in grado di sferrare attacchi personali a Putin in pubblico, senza timore di recriminazioni. E benché i suoi Novaja Gazeta (il quotidiano per il quale scriveva la giornalista Anna Politkovskaja) o il britannico The Independent non siano teneri con il Cremlino, Lebedev in certi ambienti è definito non un nemico, ma un oppositore autorizzato.
Falchi senza volto. Per dirla con un’insider liberale della politica russa, Irina Khakamada, le vere serpi in seno per Putin potrebbero stare «nelle pieghe del potere» o «occupare qualsiasi secondo o terzo livello in gruppi radicali». Quel che è certo, però, è che «non vogliono la pace con l’Ucraina». Sono quelli che potrebbero aver voluto la morte di Nemtsov e che al momento rappresentano la minaccia più significativa. E se fosse vero che l’Fsb ha dichiarato guerra a Ramzan Kadyrov e che l’odio tra i servizi russi e il leader ceceno non porterà a nulla di buono? L’autore della tesi emersa in questi giorni, l’analista politico anti Cremlino Andrei Piontkovsky, assicurava tuttavia che a Vladimir Putin, anche nel peggiore dei casi, restano delle carte da giocare.