Massimo Gaggi, Corriere della Sera 20/3/2015, 20 marzo 2015
PUBBLICARE O NO? I NUOVI MEDIA CI RENDONO VULNERABILI
Una X tracciata con un pennarello rosso su una vecchia immagine sfocata di Francesco Caldara: un tranquillo pensionato di Novara, un 64enne in gita, viene trasformato dalla propaganda jihadista in un «crociato italiano schiacciato dai leoni del monoteismo». E torna il dilemma che si è affacciato tante volte in questa stagione di terrorismo sempre più feroce e diabolicamente abile nello sfruttamento dei moderni «media»: pubblicare o non pubblicare? In molte circostanze non pubblicare è una dolorosa necessità: non pubblicare vuol dire accettare una limitazione della libertà d’informare su tutto, ben sapendo che la gran parte dei cittadini sa valutare correttamente questi messaggi nella loro essenza criminale.
Ma quando, come nel caso della foto del turista trucidato, un messaggio viene costruito a tavolino col preciso obiettivo di gettare nel panico interi popoli e di reclutare via Internet altri terroristi con un linguaggio da film western — i terroristi attaccati e annientati dalle «teste di cuoio» solo quando avevano finito le munizioni — il giornalismo deve prendere atto che è stato trascinato, suo malgrado, dal terreno dell’informazione a quello della propaganda.
Negli Stati Uniti, dove la libertà di espressione è più estesa (e tutelata) che da noi, giornali e televisioni hanno cercato di togliere ossigeno alla comunicazione dei macellai dell’Isis e di Al Qaeda, così come hanno rinunciato a pubblicare le vignette di «Charlie Hebdo» per non offendere la sensibilità di una comunità musulmana che in America è molto più integrata nella società rispetto a quanto accade in Europa.
Ma, come detto più volte, questa non è più l’epoca delle BR, quando bastava non pubblicare un comunicato dei brigatisti per strappare loro il megafono dalle mani. Certo, stampa e politica devono comportarsi con responsabilità e compostezza, evitando di trasformare l’orrore in un modo morboso per conquistare «audience» o in uno strumento di scontro tra partiti da usare, magari, sulla pelle degli immigrati.
Ma non ci possiamo fare illusioni: sapevamo da tempo che i nuovi media digitali e democratici, privi di intermediazione giornalistica, ci avrebbero reso più liberi ma anche più vulnerabili. Ora siamo alle prese con criminali che non si limitano a usare i nuovi media con diabolica abilità: presentandosi come i giustizieri degli eventi remoti di una storia millenaria moltiplicano all’infinito le ragioni per massacrare e i possibili bersagli.