A.C., Panorama 19/3/2015, 19 marzo 2015
IL PIANO JUNCKER È UN LIBRO DEI SOGNI
Il Piano Juncker per gli investimenti, una sorta di Piano Marshall da 315 miliardi di euro, doveva rappresentare una svolta rispetto alle politiche d’austerità imposte negli ultimi cinque anni e rilanciare la crescita. In realtà il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha accuratamente evitato di proporre investimenti pubblici in deficit-spending, mirando a mobilitare soprattutto gli investimenti privali, grazie a un improbabile escamotage: 20 milioni di euro da Bei e Commissione europea (peraltro stornati da altre voci, tant’è vero che l’Europarlamento sta tacendo una dura opposizione) dovrebbero portarne 80 da parte dei privati, che poi in realtà sono istituzioni «parastatali» (per l’Italia, la Cassa depositi e prestiti). Non solo. L’idea originaria della Commissione era che i contributi dei vari Paesi andassero a un fondo di garanzia. Gli Stati Ue, invece, hanno preteso una sorta di giusto ritorno, una garanzia che i soldi messi nel Piano sarebbero andati a progetti d’interesse nazionale. E alla fine hanno vinto: i contributi da otto miliardi ciascuno annunciati dai governi tedesco, francese e italiano, e quello da 1,5 miliardi del governo spagnolo, infatti, non andranno ai fondo di garanzia, ma alle piattaforme di progetti scelte dalle banche di promozione nazionale (in Italia appunto la Cdp). Un vero colpo di mano da parte dei governi, una rinazionalizzazione del Piano Juncker che lo svuota di ogni significato. Come se non bastasse, non è chiaro cosa succederà se verranno cofinanziati investimenti effettuati da soggetti pubblici, che concorrono quindi a gonfiare il deficit pubblico. Se così sarà, lì flop è assicurato. Intanto l’Italia, che aveva pomposamente «portato» a Bruxelles progetti per 240 miliardi, ha sfrondato un po’: adesso siamo a 20 miliardi.