Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  marzo 19 Giovedì calendario

PEROTTI, UN PATRIMONIO INCOMPATIBILE CON I REDDITI

«Una struttura associata illecita a Firenze, che permane senza soluzione di continuità dalla fine degli anni Novanta». Così i procuratori fiorentini definiscono il modus vivendi di Stefano Perotti e della moglie Christine Mor, che nel tempo sono riusciti ad accumulare beni immobili non «compatibili con le entrate». L’elenco è lungo. Una casa a Firenze da un milione e 300mila euro; un appartamento in centro a Roma, del valore di 1,5 milioni; una casa a Milano in via del Gesù, pagato 2,7 milioni; una tenuta a Montepulciano da 3 milioni; una villa nelle colline del Chianti dal valore non definibile. Più futuri investimenti che già venivano pianificati.
Secondo gli inquirenti questa serie di beni sarebbe frutto in parte delle presunte tangenti incassate dal super manager Ercole Incalza, di cui Perotti era amico e stretto collaboratore. Secondo la ricostruzione, Incalza affidava la direzione dei lavori a Perotti, e Perotti a sua volta faceva lavorare consulenti amici di Incalza. E, per chiudere il cerchio, i consulenti-amici avrebbero fatto lievitare i costi delle opere fino al 40% in più, creando un margine con il quale, a cascata, anche Perotti e Incalza venivano poi ripagati.
Perotti e la moglie avrebbero messo al sicuro buona parte dei ricavi illeciti con acquisti immobiliari. Tanto che la procura definisce la coppia «un’associazione criminale familiare», il cui guadagno è quantificabile. Dicono i pm che «gli incarichi professionali per le grandi opere in un ventennio non sono meno dell’1% di 25 miliardi, pari a 250 milioni».
Tutto inizia nel ’99, quando i Perotti si trasferiscono a Firenze e acquistano un immobile di pregio, a cui fa seguito un complicato susseguirsi di cessioni di quote societarie e cessioni di debiti. Qui risiedono per anni e già questo è riconducibile alle «frodi fiscali del gruppo delle società di famiglia». Christine Mor, secondo i pm, «opera attraverso un conto in Bnl, con riguardo al riciclaggio di somme provenienti dalla Svizzera per l’acquisto di un immobile a Milano». Anche le altre case in Toscana sarebbero frutto di attività illecite, tra cui la frode al fisco. Perotti avrebbe usato il sistema collaudato di spostare le società decotte in altri paesi, come la Bulgaria, dove il recupero dei crediti fiscali risulta impossibile e il fallimento privo di conseguenze.
Per i coniugi Mor c’è anche il problema di ridurre in tagli piccoli le banconote da 500. Per la signora Mor si rivela «un grosso problema» che propone al marito di risolvere. I due parlano appunto di investimenti futuri, meglio se immobiliari. Il 18 settembre 2013 in una conversazione con il figlio ricorda che «quello lì è in affitto e io sto vedendo un sacco di cose belle da acquistare...ma sti soldi che c’abbiamo fuori non solo non rendono niente ma addirittura ci si spende per tenerli lì, per cui una parte verrà investita su Punta Ala, un piccolo appartamento su Milano e tenerci un po’ di liquidità...».