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 2015  marzo 19 Giovedì calendario

L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEI BUND SOTTOZERO

Potremmo metterlo nel catalogo alla voce «movimenti tecnici». E chiudere così la questione. Eppure l’improvviso allargamento dello spread tra BTp italiani e Bund tedeschi, passato in soli due giorni da 90 a 111 punti base, nasconde al suo interno problematiche ben più profonde: soprattutto sul lato dei Bund tedeschi, cui rendimenti stanno collassando. Anche se gli analisti ritengono che l’allargamento di questi giorni sia temporaneo, non si può ignorare il messaggio che dietro i freddi numeri il mercato dei titoli di Stato lancia: il «quantitative easing» sta creando una distorsione eccessiva sui titoli di Stato tedeschi, tanto che la Bundesbank potrebbe presto essere costretta a comprare altro. È vero che lo spread ieri è risalito non solo per il ribasso dei tassi dei Bund, ma anche per il rialzo dei rendimenti dei BTp. Ma è soprattutto sul lato tedesco che il movimento «tecnico» potrebbe prima o poi diventare un tema «politico».
Iniziamo dai numeri. I rendimenti dei Bund sono scesi dallo 0,28% di martedì allo 0,19% di ieri: un ribasso consistente, per titoli che ormai non offrono più nulla. Solo due settimane fa il rendimento era doppio, 0,40%. Il motivo di questo collasso è semplice: la Bce (o meglio, la Bundesbank) per rispettare gli obiettivi imposti dal «quantitative easing» deve comprare tanti titoli di Stato tedeschi (secondo i calcoli di UniCredit solo nel 2015 dovrebbe acquistarne per 93 miliardi di euro), ma sul mercato ce ne sono sono sempre meno disponibili. Insomma: c’è scarsità. Il mercato lo sa, e ci specula sopra.
Due sono i motivi di tale penuria. Da un lato la Germania, i cui conti pubblici sprizzano salute da tutti i pori, non ha un grande bisogno di emettere nuovi titoli di Stato quest’anno: i Bund in scadenza più le cedole supereranno dunque quelli in emissione. Questo ridurrà la platea di titoli di Stato tedeschi acquistabili dalla Banca centrale. Dall’altro i tassi d’interesse dei titoli tedeschi sono negativi fino a quelli di durata settennale. E fino ai titoli triennali sono addirittura inferiori al -0,20%, livello indicato dalle Bce come limite oltre il quale una banca centrale non può comprare. Morale: la Bundesbank deve concentrare gli acquisti sui titoli di Stato più lunghi. Cioè su una platea ulteriormente ristretta.
Si sta così creando, soprattutto sui Bund decennali, un fenomeno che in gergo si chiama «squeeze»: la scarsità di titoli acquistabili sta cioè «strizzando» sempre più in alto i prezzi e in basso i rendimenti. Il fenomeno riguarda tutti gli Stati europei, ma soprattutto la Germania. A prima vista si potrebbe pensare che Berlino sia contenta, dato che lo Stato paga ormai interessi irrisori sul debito pubblico. Ma non è così: il collasso dei rendimenti rappresenta infatti un duplice problema. Da un lato se il fenomeno dovesse continuare, presto o tardi la Bundesbank potrebbe non avere più molto da comprare sul mercato dei titoli di Stato. Per fortuna il «quantitative easing» europeo offre flessibilità, e la Bundesbank potrà comprare in maniera maggiore titoli alternativi a quelli governativi. Ma ugualmente per la banca centrale tedesca potrebbe non essere facile rispettare gli obiettivi di acquisti imposti dal «quantitative easing».
Dall’altro il problema è legato al fatto che le assicurazioni tedesche devono garantire ai sottoscrittori delle polizze vita i rendimenti (elevati) promessi gli anni passati: investendo in titoli di Stato che ormai rendono zero o meno di zero, questo impegno è sempre più difficile da rispettare. È la stessa Bundesbank a scrivere, in uno studio recente, che se i tassi bassi dovessero durare per un prolungato periodo, fino a 32 assicurazioni tedesche si troverebbero ad affrontare rischi di insolvenza. Tutto questo rischia di rendere la Bundesbank ancora più ostile al «quantitative easing» di quanto non lo sia già. Ma questo è solo uno degli effetti collaterali di un «bazooka» monetario che serve più al Sud Europa che al Nord.