Paolo Siepi, ItaliaOggi 19/3/2015, 19 marzo 2015
PERISCOPIO
Renzi: «Non voglio uno Stato di polizia, ma di pulizia». Infatti è bravissimo a nascondere la polvere sotto il tappeto. Spinoza. Il Fatto.
Renzi a Lupi: «Ti voglio bene ma non posso più mantenerti». Jena. La Stampa.
Sono sposata, non cieca. Diceva una ragazza birichina sulla MM dando di gomito all’amica al passaggio di un bel fusto.
Come ha potuto farlo, Berlusconi? Il mio cruccio è semplice, trasparente, solare, dichiarato, scritto in largo anticipo. Come ha potuto farlo? Era alleato di un quarantenne serio, preparato, abile, simpatico, che gli assomiglia in tutto e per tutto, che ha conquistato il maggior partito della sinistra senza mai dargli addosso, senza mai compiacere il tic linciatorio che ha accompagnato questi sciagurati per vent’anni, che ha preso il potere da self made man e politician, che ha abolito l’articolo 18 e la Camusso, e spedito Landini nella terra dei Podemos con Libera ed Emergency, di lui nemici giurati, moralistici, della peggior specie. Per anni aveva detto: ha la metà dei miei anni, è bravo, lo sento simile a me in tante cose, mi piacerebbe averlo dalla mia parte nel mio movimento (come sempre il Cav. sa esagerare come nessuno). Un giorno dice di sentirsi tradito, per una questione di metodologia nella scelta di un presidente della repubblica che ovviamente spettava al più forte, e allora che fa? Si allea con un trafelato quarantenne che è esperto soltanto nel gioco delle tre felpe, che è un poco nordista e un poco nazionalista, che ha una faccina un poco losca, un’oratoria da trivio, che non si sa se sia degno dei suoi nuovi arcaici amichetti di Casapound, che insegue la Le Pen mentre lei insegue l’Economist e sputazza sul Partito popolare europeista, che ne infila una dopo l’altra e vive in tv e prende miserabile consenso nei sondaggi, il cancro della politica italiana quando sono letti male, che posa nudastro e ascellare per i settimanali, con cravatta verde, che ha una vanità da attacchino e comiziante, che ha dirazzato rispetto ai Bossi, ai Maroni e agli Zaia e presto da questi verrà fatto fuori per impresentabilità sociale e politica. Giuliano Ferrara. Il Foglio.
«Non si chiede mai l’età a una donna...». Berlusconi: «Parole sante... parole sante!». Vignetta di Daria. Il Fatto.
Indirettamente, da Michele Ferrero, ho ricevuto la mia prima lezione di economia. Nei primi anni 60 ero andato ad Alba convinto che lì, sul posto, i Mon Chéri costassero meno (non c’era trasporto, erano Mon Chéri a km zero). Invece niente, l’economia funzionava in altro modo. Non so se Ferrero e Fenoglio si siano mai incontrati ad Alba. C’è uno straordinario romanzo, La paga del sabato, in cui Fenoglio descrive il difficile reinserimento nella vita civile di Ettore, un reduce della lotta partigiana. Suo padre gli aveva procurato un posto nella «fabbrica della cioccolata». La mattina che deve prendere possesso della sua scrivania, Ettore osserva l’entrata in fabbrica: operai e operaie «calamitati verso il grande portone metallico». Dopo averci pensato a lungo, Ettore «disse di no con la testa», non gli andava di rinchiudersi in quelle quattro mura. Il Gran Rifiuto della Ferrero! Eppure Fenoglio e Ferrero appartengono alla stessa razza di langhetti. Aldo Grasso. Sette.
L’obiettivo del welfare dovrebbe essere quello di negare, il più presto possibile, la ragione della sua esistenza. Ronald Reagan. Stefania Tamburello, L’economia è il mezzo per cambiare l’anima. Margharet Thatcher e Ronald Reagan in parole loro. Rizzoli Etas.
Gerarchi: la grande attività di chi non ha nulla di serio cui pensare. Leo Longanesi, Parliamo dell’elefante. Longanesi, 1947.
I tergicristalli andavano alla massima velocità. Pioveva così forte, ora, che in certi momenti faticava a vedere dove andava. Non aveva acceso il navigatore, perché era certa di ricordarsi del posto. Infatti, a un certo punto, sulla destra, in riva al lago, vide l’insegna illuminata di una trattoria. Era quella, ne era sicura, benché fossero passati tanti anni. Era la trattoria dove con la sua amica andava a mangiare il risotto col persico, e le alborelle in carpione; e dove il proprietario, un quarantenne rosso di capelli che si riteneva un bell’uomo, non mancava mai di fare allusioni e battute, nel servire quella tavolata di ragazze sole. A. spinse la porta a vetri ed entrò. Il locale stava per chiudere e non c’erano avventori. Il banco, i tavoli, notò, erano rimasti assolutamente identici; addirittura era lo stesso l’orologio di acciaio alla parete. Sbalorditivo, pensò A., come le cose restano uguali, mentre noi passiamo. Marina Corradi. Tempi.
L’abate di Praglia, don Norberto Villa, è un bocconiano che ha lavorato per la Simmenthal e per alcune multinazionali in Africa. L’abate di Montecassino, don Pietro Vittorelli, era medico a Roma. Frate Paolo, che ho incontrato a Serra San Bruno, si chiama Joaquim Rafael da Fonseca, era l’ala destra dello Sporting Lisbona, rivale del grande Eusebio, lo spauracchio del Milan di Nereo Rocco e dell’Inter di Helenio Herrera. Giorgio Boatti, storico (Stefano Lorenzetto). Il Giornale.
Mi ammaliò un’attrice francese, che si chiamava Danielle Darrieux. Me la fece scoprire un amico, Dario, figlio del proprietario del bar «Nazionale». Fumando una Serraglio, sigaretta schiacciata e costosa, disse con il tono dell’uomo deciso a tutto: «Guarda, per una notte, una notte sola con lei, darei tutte le mie sostanze». La frase mi fece un tale effetto che l’ho portata con me, scolpita nella memoria. E ricordo che alla parola «sostanze», feci un rapido consuntivo: che avrei potuto offrire io a Danielle Darrieux? Frugai nelle tasche e contai: venticinque centesimi di lira, un cubetto di cioccolato fondente, una gomma a doppio uso, un francobollo della Repubblica di San Marino: «Io non ti ostacolerò» dissi a Dario. «Passo». Nantas Salvalaggio, Rio dei pensieri. Mandadori, 1980
Se a mia madre sfioro un braccio per indirizzarle il cucchiaio o la forchetta, ho l’impressione di toccare un ramo marcescente; di nascosto da tutti, anche da mia sorella, mentre stavamo nel minuscolo cortile dell’ospizio che funge da giardino, ho provato a baciarla su una guancia e lei mi ha sorriso - ma tenendo d’occhio la porta come se compissi un atto osceno in luogo pubblico. Walter Siti, Exit strategy. Rizzoli.
Non ho mai conosciuto un vedovo allegro. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 19/3/2015