Alessandro Bonini, Avvenire 19/3/2015, 19 marzo 2015
IL GRATTACAPO DEI BOT CON RENDIMENTO NEGATIVO - I
titoli di Stato con rendimenti negativi scambiati sui mercati hanno raggiunto quota 2.400 miliardi dollari a fine febbraio, di cui la stragrande maggioranza, pari a 1.900 miliardi, sono di Paesi dell’area euro. Lo fa sapere la Banca dei regolamenti internazionali suo ultimo bollettino trimestrale. La Bri mette in guardia sui possibili effetti distorsivi delle politiche ultra accomodanti praticate dalle banche centrali, come il Quantitative easing targato Bce, segnalando come «la cosiddetta soglia zero dei tassi di interesse » sia divenuta «alquanto permeabile».
Questi bond infatti offrono una remunerazione negativa: è l’investitore cioè a pagare l’emittente per comprare il suo debito e non il contrario. Un paradosso che sta già mettendo a dura prova le abitudini dei risparmiatori. «Chi, sano di mente, vorrebbe investire con una perdita garantita? », si chiedono gli analisti di Morgan Stanley in un report intitolato «Il punto di non ritorno ». Secondo la banca americana «negli ultimi sette anni i mercati finanziari hanno assistito a una serie di avvenimenti impossibili: dobbiamo ora aggiungere i tassi di interesse negativi. Una manna per governi, agenzie e anche alcune imprese, ma un grattacapo per gli investitori con il compito di difendere il patrimonio». Il problema riguarda soprattutto i piccoli risparmiatori, che nelle obbligazioni cercano la sicurezza di una cedola, portandole solitamente fino a scadenza per garantirsi appunto un reddito fisso nel tempo. Gli italiani in particolare, secondo un recente studio di Legg Mason, sono la platea più esposta al mercato obbligazionario: il 26% dell’intero portafoglio italiano è investito in bond, la più alta percentuale tra le principali nazioni del mondo.
I dati pubblicati ieri dalla Bri indicano che «i rendimenti francesi, tedeschi e svizzeri sono negativi per le scadenze fino a 4, 6 e 10 anni rispettivamente ». L’abbassamento dei tassi, come visto per lo spread, riguarda però anche le emissioni del Tesoro. La settimana scorsa i 6,5 miliardi del titolo a 12 mesi sono stati collocati con un tasso lordo dello 0,079%, ma sottraendo le commissioni bancarie il rendimento scende a 0,078%. In pratica chi ha comprato il Bot ci ha rimesso. Il Btp a 3 anni ha spuntato invece un tasso dello 0,15% e il 7 anni dello 0,71%, quando l’obiettivo della Bce è riportare al più presto l’inflazione vicino al 2%. Per questo la caccia ai rendimenti si sposta di continuo. I pareri degli analisti sono abbastanza convergenti: spazio limitato nell’obbligazionario governativo, principalmente non europeo, opportunità nelle emissioni denominate in dollari e soprattutto nell’azionario, in particolare europeo e giapponese. «In un mondo di tassi negativi», spiega Morgan Stanley, la mancata remunerazione della cassa «spinge le società quotate a fare buyback o distribuire dividendi», rendendo più attraente l’investimento in Borsa. «La buona notizia è che in Europa e in Giappone la crescita è in miglioramento». A trainare le Borse europee, secondo Goldman Sachs, sarà il continuo deprezzamento dell’euro. La banca americana ha appena abbassato il suo target sul tasso di cambio a 0,95 dollari nei prossimi 12 mesi, alzando allo stesso tempo gli obiettivi sull’indice europeo Stoxx 600 e sullo Stoxx 50 dell’area euro. Positivo sull’azionario europeo anche il Credit Suisse, con un occhio di riguardo per Germania e Italia. Secondo la banca svizzera il mercato tedesco sarà quello che trarrà maggiore vantaggio dall’indebolimento della moneta unica, mentre le azioni italiane sono quelle che si presentano oggi più «a buon mercato».