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 2015  marzo 17 Martedì calendario

ADDIO A GUSTAVO SELVA, DA RADIOBELVA AL PARLAMENTO

Da tempo aveva smesso di ruggire dai microfoni di ”Radiobelva“, il Gr2 da lui diretto in chiave decisamente anticomunista, tuttavia Gustavo Selva, morto ieri a 88 anni a Terni, la foresta della politica italiana aveva continuato a percorrerla rumorosamente in una varietà di ruoli. Chiusa nell’84, con la direzione del Gazzettino di Venezia, la carriera giornalistica iniziata nel ’46 al quotidiano bolognese ”L’avvenire d’Italia“ e che lo aveva visto in Rai dal 1960 al 1983, Selva inizia la sua carriera politica con l’elezione nel 1979 nelle liste della Dc al Parlamento europeo. Ma già nell’81 inciampa nell’accusa - da lui sempre respinta - di essersi iscritto alla P2 . Nelle liste di Gelli figurava infatti la sua tessera col numero 1814, ma una sentenza di tribunale gli diede ragione condannando i suoi detrattori a risarcirlo. Anche se lo stesso Selva non esitò a chiosare la vicenda con un «se avessi saputo che nella P2 c’erano tanti galantuomini, prefetti, questori, militari, mi sarei iscritto anch’io». Tramontata nel suo orizzonte la stella fissa della Dc, Selva, nel ’94, si trasferisce a coltivare il suo tenace anticomunismo nell’orto del Polo delle Libertà. Eletto alla Camera, aderisce al gruppo di AN, diventando presidente della commissione Affari costituzionali. Rieletto nel ’96 alla Camera, nel ’99 è capogruppo di AN. Confermato deputato nelle elezioni del 2001, in quelle del 2006 passa al Senato, sempre nel gruppo di AN.
Ma è nel corso di questa legislatura che arriva l’incidente che fa di Gustavo Selva il protagonista di un’episodio degno di una antologia delle commedie all’italiana tra il ridicolo e il grottesco. Il 9 giugno 2007, il nostro, invitato a un dibattito tv, per evitare di arrivare in ritardo negli studi de La7 a causa del traffico, simula un malore e si fa trasportare da un’ambulanza del 118 all’indirizzo dell’emittente, dicendo essere quello del suo medico di fiducia. Arrivato nei pressi, Selva si libera delle apparecchiature di monitoraggio e cura abbandonando frettolosamente l’ambulanza inseguito dal personale medico ed entra negli studi ordinando agli addetti alla portineria di non far entrare gli infermieri. Infermieri che riferiranno poi di essere stati offesi e minacciati di licenziamento se avessero insistito ad occuparsi di lui e della sua salute.
La vicenda travolge Selva che, sulla spinta di una condanna bipartisan, rassegna le dimissioni da senatore, salvo ritirarle qualche giorno dopo, per le «pressioni degli elettori» che ritengono «indispensabile» la sua voce in Senato all’opposizione del governo Prodi. La pochade si conclude nel marzo del 2008 con la condanna di Selva a sei mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 200 euro per truffa ai danni dello Stato aggravata dall’abuso di potere e dall’interruzione di pubblico servizio.
Inizia così il pensionamento del vivace parlamentare, che negli anni successivi non ha tuttavia mancato di perpetuare la sua verve sui divani del Transatlantico. Fin quando, ultimamente, la malattia lo ha costretto nella sua casa di Terni, dove viveva con la seconda moglie sposata nel 2012 a 86 anni di età, e da dove - riferiscono le cronache - è stata chiamata un’ambulanza, che questa volta, però, è arrivata tardi.