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 2015  marzo 16 Lunedì calendario

LE VERITA’ NASCOSTE SULLA PERCENTUALE DI LAVORI FINITI ALL’EXPO

Nel fiume di retorica che dopo gli scandali ci ha sommerso sull’Expo di Milano, chiunque osi porre qualche legittimo dubbio sull’avanzamento e sulla qualità dei lavori in corso alla bersagliera è ormai bollato come un vile disfattista nemico della patria. Ma a 45 giorni dall’inaugurazione dell’evento che dovrebbe segnare la rinascita di un’intera nazione devastata dal dissesto, qualche domanda occorrerà pure porsela per non ritrovarsi il primo maggio prossimo in un nuovo incubo.
Il commissario Giuseppe Sala continua a raccontarci che i lavori nel sito sono completati al 90 per cento, che milioni di biglietti sono già venduti in tutto il mondo e a esultare per la Madonnina che ha ottenuto dal Duomo. Ma dalle immagini che rimanda il drone in volo sui 110 ettari del sito principale, la tenera euforia – per contratto – del commissario pare che sia un po’ sovrabbondante. Da quel poco di controinformazione che circola l’”indice di ritardo” si collocherebbe (fonte OpenExpo) a 37 su 100. I lavori in corso sarebbero il 74 per cento e alcuni avrebbero un ritardo ormai incolmabile, mentre i padiglioni esteri consegnati sarebbero solo 2 su 54. Naturalmente, tutti ci auguriamo che i ritardi possano essere almeno in parte recuperati e che l’Italia possa godere di una ricaduta dell’evento stimata in 1,7 miliardi e 124.000 posti di lavoro, ma bisogna pure realisticamente mettere in conto che, con ogni probabilità, l’inaugurazione il primo maggio prossimo avverrà con molti lavori non terminati e molte
opere camuffate. Non sarebbe la prima volta: capitò già ad Hannover e anche a Shangai. Per cui sembrano fondate le stime secondo cui, nel migliore dei casi, la conclusione dei lavori potrebbe avvenire a fine giugno, due mesi dopo l’inaugurazione. L’infaticabile dottor Sala si sbraccia anche a fornire bollettini sulla vendita dei biglietti: sarebbero già 8 milioni e mezzo, ma prima di esultare bisognerebbe chiedersi se non siano dati per già venduti stock di biglietti consegnati in realtà a broker e tour operator, che poi dovranno collocarli effettivamente.
L’impressione è che ci si sia fatti prendere un po’ troppo dalla propaganda, soprattutto dopo le parole dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di qualche mese fa e lo zelo in materia del presidente del Consiglio Matteo Renzi, che ancora venerdì scorso era sul luogo del misfatto. Sì, misfatto perché per apparecchiare la corsa fieristica più pazza del mondo ci sono voluti sette anni di epici scontri di potere e scandali sugli appalti per centinaia di milioni. La resa dei conti è già cominciata e, comunque vadano le cose, sarà terribile. L’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni ha già detto al “Fatto Quotidiano”: “E’ colpa della Moratti, voleva la speculazione”. Da che pulpito. L’ex Celeste, alla Fondazione Fiera aveva i suoi famigli di Comunione e Liberazione e affidò gli appalti, tra i più scandalosi della scandalosa appaltopoli italiana, a quel gentiluomo di Antonio Rognoni. La Moratti, da parte sua fece carte false per collocare al vertice dell’Expo il suo beniamino Paolo Glisenti, di cui erano ben noti gli scarsi talenti imprenditoriali. Poi ci pensò Berlusconi, collocandovi il suo parlamentare Lucio Stanca, una fugace caricatura. Risultato, per dirne solo uno, il peccato originale dell’Expo: l’acquisto per 160 milioni pubblici dei terreni del sito espositivo, che ne valevano 25.
Credetemi questa storia italica è solo all’inizio. Purtroppo ne riparleremo per anni fino a quando il gioiello dell’ ”Italia-che-tornarampante” cadrà a pezzi tra le erbacce.