Nicola Lombardozzi, Affari & Finanza 16/3/2015, 16 marzo 2015
NATALIE L’AMERICANA, DA CHICAGO A KIEV CONTRO LA BANCAROTTA E IL PUGNO DI PUTIN
Lasciate perdere la pelliccia di visone, i gioielli firmati, e la sontuosa villa a due piani nel quartiere dei miliardari. L’aggressiva cinquantenne americana, incaricata di salvare l’Ucraina dal disastro di una crisi economica senza fine, ha uno stipendio ufficiale di meno di 300 dollari al mese. Natalja Jaresko, ministro delle Finanze di Kiev, nata e laureata a Chicago, ama sottolineare ad ogni occasione questa sua scelta “disinteressata e patriottica”, quasi ad allontanare le tante malignità e i sospetti sul suo ruolo e sulla sua provenienza. Così come ci tiene a elencare i primi risultati del suo lavoro: avvio di una forte ristrutturazione del debito che ammonta a oltre 70 miliardi di dollari; promessa di aiuti per 17,5 miliardi di dollari dal Fmi più almeno altri 7 in arrivo da Ue, Stati Uniti, Giappone e Canada; modernizzazione di sistemi informatici obsoleti; ringiovanimento e miglioramento dei quadri dirigenti. Tutte cose che tentano di bilanciare gli altri dati reali e preoccupanti di un paese a rischio fallimento: l’inflazione al 28%; il pil crollato del 20% nel 2014 e con una previsione di ulteriore decrescita del 7% nell’anno in corso; le riserve di valuta straniera che si sono ridotte di due terzi; la grivna, moneta nazionale che aveva con il dollaro un rapporto di 8 a 1, adesso precipitato a 23 a 1. Lei prende atto, sorride e promette soluzioni a breve.
Tutti i successi e le virtù della signora Jaresko, li trovate in decine di media occidentali che ne esaltano grinta e competenza come nell’intervista-
ritratto uscita di recente su Bloomberg-BusinnessWeek. Ma sono tempi difficili, di nuova Guerra Fredda, dove le informazioni tradiscono spesso entusiasmi e diffidenze di parte. Scorrendo i giornali russi, o conversando con ucraini distanti dalle posizioni del nuovo governo, viene fuori un profilo del tutto opposto tra luci ombre e illazioni pesanti. Difficile districarsi tra notizie non sempre disinteressate ma c’è da dire che l’immagine pubblica di Natalja Jaresko, sconta se non altro un peccato originale: è comunque la capofila di un pacchetto di ministri e di dirigenti stranieri del governo nato a ottobre dopo le prime elezioni dalla “rivoluzione della Majdan del febbraio 2014. Elezioni peraltro dimezzate, se si pensa che tutto l’Est dilaniato dalla guerra civile non vi ha preso parte.
Americana, e fortemente legata per precedenti esperienze al Dipartimento di Stato Usa, Jaresko ha ricevuto la cittadinanza ucraina solo un paio d’ore prima del suo giuramento come ministro, in una frettolosa cerimonia decisa dal Presidente Poroshenko giusto per rispettare in extremis i dettami della Costituzione. Più o meno stesso iter è stato seguito per il ministro della Sanità, Aleksandr Kvitashvili, georgiano, laureato negli Usa grazie a una borsa di studio del Dipartimento di Stato, e successivamente ministro del Lavoro nel governo di Saakashvili durante la guerra contro la Russia del 2009. E sempre fedelissimo del Dipartimento di Stato Usa, è Alvaras Abromavicius, banchiere lituano, nominato ministro dell’Economia dello sviluppo. Quanto basta per far dire alle fonti ufficiali di Mosca che “un governo coloniale gestisce per conto degli Usa, il futuro dell’Ucraina”.
Toni forti in una guerra che non si svolge solo sul terreno ma che è anche e soprattutto finanziaria. Natalja Jaresko ci sta dentro e ne è perfettamente consapevole. Sa bene che le trattative in corso per la ristrutturazione del debito sono fondamentali per il Paese e anche per le sorti della guerra civile all’Est. Coadiuvata da Lazard di Londra come advisor, sta negoziando direttamente con i creditori e ha molta fretta. Bisogna assolutamente arrivare prima della scadenza, il 23 settembre, di un’obbligazione statale da 500 milioni di dollari al tasso del 6,875%. Il modello seguito sarà quello usato con la Grecia nel 2012: un taglio degli interessi con contestuale prolungamento della scadenza di almeno cinque anni. Un accordo di massima è già stato raggiunto con il fondo statunitense Franklin Templeton, uno dei maggiori detentori di obbligazioni ucraine. Ma non è così semplice. L’ostacolo più difficile resta la Russia che detiene una minaccioso eurobond da 3 miliardi di dollari in scadenza a dicembre. Trattare con i russi, in tempi del genere non è facile per una ministro “amerikana”. E anche Mosca è divisa. Da un lato, sa che tenere a galla Kiev la salverebbe da una forte perdita secca in tempi duri anche per i russi. Dall’altra, considera che un disastro ucraino con un eventuale default potrebbe dare vita a un meccanismo politicamente vantaggioso. Il governo ucraino che già affronta mugugni pesanti in casa, si ritroverebbe in grandi difficoltà e tutto lo spirito pro occidentale di questi giorni potrebbe mutarsi nell’opinione pubblica in un sentimento nuovamente favorevole alla Russia.
Proprio per agevolare la difficile trattativa, Natalia Jaresko cerca ad ogni modo di uscire dal personaggio di “braccio armato degli Stati Uniti” nella economia ucraina. Per questo racconta ai giornalisti della sua infanzia in un quartiere di Chicago abitato da profughi dell’Est Europa. Il padre, originario di Poltava, alle porte di Kiev, era finito in America dopo essere stato deportato dai nazisti durante l’occupazione del ’41 e poi liberato dalle truppe americane. A Chicago aveva incontrato e sposato la madre, anch’essa profuga. “In casa parlavamo ucraino – racconta Jaresko – e conservavamo le tradizioni del nostro Paese”. E poi ammette: “Ma mio padre adorava l’America e i suoi valori, non aveva alcuna intenzione di tornare in Patria. Non capì la mia decisione di trasferirmi qui nel 2002 a vivere come ucraina tra gli ucraini”. Minimizza però il fatto che a Kiev, arrivò con un contratto da diplomatica presso l’ambasciata Usa. E che poco dopo cominciò a lavorare per il Nis, Agenzia per lo sviluppo americana specializzata nel lancio di piccole e medie imprese. Brava, spregiudicata, e molto addentro al mondo dei finanziamenti Usa per i Paesi dell’Est, si mise in proprio, dopo la rivoluzione arancione del 2004 che segnò la prima svolta filo occidentale del Paese. Fondò Horizon Capital, che gestiva sia il Nis che altri fondi quasi tutti made in Usa, raggiungendo un portafogli di investimenti di oltre 600milioni di dollari. Anni di successi e di lauti guadagni, che le fecero stringere solidi contatti con i protagonisti di allora come Yiulia Tymoshenko, ma anche con il giovane assistente della pasionaria dalla treccia bionda: quell’Arsenij Jatsenjuk, adesso diventato premier e, pare, pupillo personale, di Barack Obama.
In questo periodo, Natalia Jaresko avrebbe accumulato un grande patrimonio fatto anche di mobili antichi, tappeti pregiati, opere d’arte oltre che a numerose proprietà immobiliari. Particolari trovati dai cronisti russi che hanno spulciato nelle carte della sua lunga e travagliata causa di divorzio dal marito Igor, altro ucraino della diaspora, incontrato e sposato a Chicago. La causa per oltre 2 milioni di dollari si è conclusa con un compromesso che ha consentito alla ministro di mantenere in casa Daria, 10 anni, e Cristina 16 anni, le figlie adorate che frequentano la scuola americana e che vivono con lei nella palazzina del villaggio per vip di Lesniki a pochi minuti di limousine dalla capitale. L’ex marito, riportano con cattiveria i giornali russi, accusò spesso la moglie di essersi arricchita tenendo per sé parte dei finanziamenti destinati a rilanciare l’Ucraina. Ma non ci sono prove e la signora non tiene neanche in considerazione ogni domanda sull’argomento. E continua a ripetere di essere “solo al servizio dell’Ucraina e senza altri interessi di parte”. E a lanciare proclami ottimistici. Gli ucraini, immersi nell’incubo di un rischio default e di una povertà incombente, le credono. Anche per mancanza di alternative.