Notizie tratte da: Promessi sposi d’autore. Un cantiere letterario per Luchino Visconti # Sellerio Palermo 2015 # a cura di Salvatore Silvano Nigro, Silvia Moretti, pp. 196, 16 euro., 17 marzo 2015
Notizie tratte da: Promessi sposi d’autore. Un cantiere letterario per Luchino Visconti, Sellerio Palermo 2015, a cura di Salvatore Silvano Nigro, Silvia Moretti, pp
Notizie tratte da: Promessi sposi d’autore. Un cantiere letterario per Luchino Visconti, Sellerio Palermo 2015, a cura di Salvatore Silvano Nigro, Silvia Moretti, pp. 196, 16 euro.
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«Per me I promessi sposi non si dovrebbero fare» (Riccardo Bacchelli prima di approvare «con un’alzata di spalle» la sceneggiatura del film di Mario Camerini, nel 1940).
«Speriamo che non facciano fare don Abbondio ad Alberto Sordi» (Libero Solaroli, regista e produttore, in una lettera del 1956 a Guglielmo Alberti).
La Provvidenza come primo motore registico del romanzo e del film. La reticenza come cifra stilistica intoccabile del Manzoni. Lucia come cardine e perno fra i personaggi (gli elementi del romanzo irrinunciabili per Bacchelli).
La Lux Film, che aveva già prodotto un film sui Promessi sposi, realizzato da Camerini «in anni (1940-1941) di conformismo fascista», alla fine del 1954 manifesta l’interesse per una nuova trasposizione cinematografica del romanzo. Dove si percepisce anche «il desiderio di far dimenticare l’untuosità provinciale» di quella pellicola.
«Illustre Signore,
la Lux Film ha intenzione di produrre un film sui Promessi sposi, e prima ancora di stabilire a chi affiderà la sceneggiatura e la regìa vorrebbe chiarire le linee generali secondo cui è più opportuno interpretare oggi il grande romanzo in termini cinematografici […], quali elementi del romanzo debbano essere particolarmente sottolineati […], quali personaggi e situazioni possono essere soppressi senza
danno. […] A questo scopo si rivolge a Lei, come ad altre eminenti personalità della nostra letteratura, pregandoLa di comunicarci il Suo parere in proposito […]» (Guido Maggiorino Gatti per conto della Lux Film, il 27 dicembre 1954).
La Lux Film, in cambio di un assegno di centomila lire, interpellò un gruppo di esperti, scrittori in prevalenza. Risposero fra gli altri l’inglese Archibald Colquhoun, Mario Soldati, Alberto Moravia, Riccardo Bacchelli, Giorgio Bassani. Su tutti gli interventi prevalse la proposta di Bassani. Regista designato, Luchino Visconti. Il film concordato sarebbe stato diviso in due episodi di due ore ciascuno: in due quadroni «secentescamente disegnati dai deliri della fame, dalle febbri e dai brividi dell’infezione di peste. I due episodi sarebbero stati intitolati Il pane e La peste». Scaletta pronta nel febbraio del 1956. Inizio previsto delle riprese nel 1957. Rinvii continui fino al 1963, quando il progetto fu definitivamente accantonato.
«Ho cominciato a pasticciare attorno a un embrione di trattamento […] fino all’entrata in scena della Signora di Monza, per intenderci. Ho visto due volte il precedente film di Camerini, dove questo personaggio è trattato in modo veramente indecente» (Giorgio Bassani a Guglielmo Alberti il 13 maggio 1955).
«[…] è impossibile mostrare Gertrude ed Egidio seduti in un sottoscala sull’affaticato lettuccio dei loro amori. Gertrude sarà una peccatrice, sarà una mezza assassina, e tutto quel che si vuole. Ma è un personaggio ad alto potenziale drammatico, come una Lady Macbeth o come Clitemnestra. Umiliate, sciupate personaggi simili, e l’opera se ne va in isfacelo» (Emilio Cecchi, commentando il trattamento di Bassani).
«I personaggi del Manzoni, presi da soli, senza la storia di cui sono vittime e attori e che li anima e li sorregge, hanno spesso una psicologia molto semplice per non dire povera» (Alberto Moravia, commentando il trattamento di Bassani).
Bassani insegnante: di lettere, alla Scuola d’Arte di Velletri, che raggiungeva da Roma in sella alla sua moto Guzzi rossa; poi all’Istituto nautico di Napoli, dove andava quattro mattine alla settimana, partendo da Roma alle cinque e mezzo.
Bassani, introdotto al cinema da Mario Soldati: aveva collaborato con lo scrittore-regista per La provinciale del 1953 (tratto dal racconto di Moravia), La mano dello straniero del ’54 ecc. Suo anche il primo script di Senso di Visconti.
Senso di Luchino Visconti boicottato e del tutto ignorato alla Mostra del cinema di Venezia del 1954 (Leone d’oro al film Giulietta e Romeo di Renato Castellani, Leone d’argento a La strada di Fellini). «Tu hai visto Senso, vero?… Lì c’è già un netto accenno di passaggio dal neorealismo al realismo, dalla cronaca alla storia» (Luciano Bianciardi, La vita agra, 1962). Senso era stato prodotto dalla Lux Film, che decise la rimonta puntando su Manzoni.
Il passaggio dal neorealismo al realismo: incarnato in letteratura dal Metello di Vasco Pratolini, si appellava alla tradizione narrativa dell’Ottocento dominata da Manzoni.
Archibald Colquhoun, autore di una traduzione inglese dei Promessi sposi (The Betrothed, 1951) di strepitoso successo. Aveva partecipato alla campagna di Sicilia e allo sbarco di Salerno; e, dopo il proclama di Badoglio dell’8 settembre 1943, era stato ¬– racconto di Mario Soldati ¬¬– un «Liaison Officer, dedito anima e corpo a collegare i nostri rapporti, specialmente quelli di tutti gli antifascisti e dei partigiani, con i comandi britannici: ed attenuare la naturale e, in parte, giustificata diffidenza di questi comandi nei nostri riguardi». Gli venne riconosciuto il ruolo di aiutante in campo nel progetto cinematografico.
Colquhoun, cistercense nel romitorio di Allington Castle, nel Kent, negli ultimi anni di vita. Continuava a pensare a Manzoni e a una storia del Risorgimento italiano. Ultima apparizione in Italia: al VI Congresso nazionale di studi manzoniani, nell’ottobre del 1963, dove parlò dell’efficacia consolatrice dei Promessi sposi. «Il suo volto aveva una straordinaria rassomiglianza con quello del Manzoni giovane, con tabacchiera, ritratto da Hayez» (Silvia Moretti).
In molti, da Leone Ginzburg a Giorgio Bassani, rileggono e riscoprono I promessi sposi nelle carceri del fascismo.
1954: Mondadori stampa a puntate il fotoromanzo dei Promessi sposi per la collana «Bolero grandi firme».
1960: Einaudi pubblica I promessi sposi con l’introduzione di Alberto Moravia e le illustrazioni di Renato Guttuso.
Settembre 1961, Visconti accetta di girare un provino per un film sulla Monaca di Monza. Pochi i testimoni, tra i quali Carlo Ponti, il produttore che gli ha proposto di girare il film. Davanti alla macchina da presa, suor Virginia è Sofia Loren. Nel cast c’è anche Alain Delon.
Visconti «pensava a un film che scaturisse dal vero della storia; e, insieme, dal romanzo ottocentesco del Manzoni. [Gli] interessava la dannazione di un’anima. Era da escludere il ravvedimento, il “supplizio volontario”, cui accenna Manzoni nel capitolo XXXVII dei Promessi sposi» (Nicolò Rossi). Il film non si fece, Visconti cominciò a pensare al Gattopardo.
Giorgio Bassani, redattore presso la casa editrice Feltrinelli, nel 1958 promuove la pubblicazione del Gattopardo, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Scritto fra il 1955 e il 1956, è il primo romanzo contemporaneo a raggiungere le centomila copie di vendita.
Il 10 maggio 1962 Carmine Gallone, 76 anni, presenta il suo ultimo film in costume: La Monaca di Monza. Virginia de Leyva è interpretata da Giovanna Ralli, Gian Paolo Osio da Gabriele Ferzetti, il cardinale Federigo Borromeo da Gino Cervi (che era stato Renzo Tramaglino nei Promessi sposi di Camerini). La madre badessa sarà l’ultimo personaggio interpretato da Emma Gramatica. Nel ruolo dell’invasata zia Marianna recita la grande attrice di teatro Lilla Brignone.
Lunga e faticosa gestazione della Monaca di Monza di Giovanni Testori, «oscura, torbida, sanguinosa» (Rossi). Regia di Visconti, che non è entusiasta dell’opera, e taglia il testo «contro e malgrado» l’autore. Porta in scena lo spettacolo la compagnia Brignone-Fortunato-Fantoni-Ronconi (Sergio Fantoni è Gian Paolo Osio, giacca di pelle e sigaretta sul labbro, Lilla Brignone Virginia). Applausi scroscianti la sera della prima, il 4 novembre 1967 al Quirino di Roma. Ma poi arrivano «le botte e gli insulti» di «quei quattro straccioni della critica ufficiale». «Adesso basta. Punto e basta», scrive Visconti a Lilla Brignone.
La Monaca di Monza di Mario Mazzucchelli, bestseller del 1961. Mazzucchelli, un avvocato, aveva ottenuto dall’arcivescovo Giovanni
Battista Montini l’accesso all’Archivio della Curia arcivescovile di Milano: in una cassaforte era custodito l’incarto del processo a suor Maria Virginia de Leyva, la Signora di Monza. Di quella tragedia storica voleva narrare la cronaca accurata. Ne fece quasi un romanzo.
Tra le due guerre, una nuova traduzione dei Promessi sposi in boemo (in copertina, Renzo e Lucia in costume locale) e, per la prima volta, una in lettone e una in finlandese.
«Non esiste in Italia, per ignorante che sia, chi non abbia una certa cognizione, quasi oramai filtrata in situazioni proverbiali, di quanto succede nell’opera famosa» (Antonio Baldini, 1955).
«Nel romanzo si alternano e si fondono due modi, due generi: l’ambizioso affresco storico e la povera storia borghigiana. Se uno dei due generi debba essere sacrificato ai fini di una più agile e mossa resa cinematografica, non c’è dubbio, a mio parere, che debba essere quello “storico”, acciocché sotto la grave mora del suo apparato non resti schiacciata l’umile vicenda dei poveri villani» (Baldini).
«XLIV) Il lazzaretto. Renzo trova padre Cristoforo. Fra Cristoforo gli fa vedere don Rodrigo. Incontro con Lucia. Scioglimento del voto.
XLV) A Olate. Commento finale di don Abbondio: “Ah!... se la peste facesse sempre e per tutto le cose in questa maniera, sarebbe proprio peccato il dirne male: quasi quasi ce ne vorrebbe una, ogni generazione; e si potrebbe stare a patti d’averla; ma guarire, ve’”» (dalla proposta di scaletta per I promessi sposi).
Un trattamento dei Promessi sposi commissionato da Carlo Ponti a Pier Paolo Pasolini e Ennio De Concini. Articolato come un lungo flashback (Renzo e Lucia, già sposati, raccontano ai figli la loro storia lungo il
tragitto che li riporta a Bergamo), accantonato e riscoperto solo nel 1985.
1964: la Lux Film chiude i battenti. Nelle sale cinematografiche arrivano I promessi sposi: regista esordiente, Mario Maffei, coproduzione italo-spagnola. Nel cast, fra gli altri, Lilla Brignone, Ilaria Occhini, Ivo Garrani, Carlo Campanini.