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 2015  marzo 15 Domenica calendario

TOSI SI CANDIDA CONTRO ZAIA IN VENETO

Arrivano con un fiume di Audi, Bmw scure e qualche monumentale Lexus. Quasi tutti uomini, dai 40 ai 70 anni, e con abiti rigorosamente grigi e neri. In forte minoranza le donne, non giovanissime, che ondeggiano sui tacchi alti dieci centimetri. Sono le pantere grigie della Bassa veneta. Una monocultura, la religione del lavoro, e un monocolore: lo scudo crociato. Eccoli i due volte orfani della balena bianca e della Lega Nord di Umberto Bossi, la lega estremista di centro, di lotta e di governo, ma con quel marchio impresso a fuoco del centro moderato.
Davanti all’ingresso dell’auditorium un piccolo gruppo di volontari raccoglie le adesioni alla Fondazione “Ricostruiamo il Paese”: dieci euro in cambio di un braccialetto e di un gettone giallo che molti militanti si appendono al collo come una medaglia, l’unica nota policroma insieme a qualche fazzoletto giallo – il colore del nuovo partito di Tosi – in un mare di nero. «Abbiamo sottoscritto oltre cento tessere in meno di un’ora» dice una ragazza fasciata in un tailleur. Paolo Parolini, un biologo veronese sulla sessantina, lo spiega come farebbe un sondaggista: «Tosi è molto equilibrato e riesce a dire in modo intelligente delle verità scomode. Il suo imprinting politico? Liberale e popolare. Su questo in Veneto non c’è il rischio di sbagliare».
Tosi li conosce uno a uno i mille fan che puntualissimi raggiungono l’auditorium della fiera di Verona, il teatro di mille battaglie politiche e di mille comizi. Stavolta è diverso. Il sindaco di Verona lo sa. E non fa in tempo a cominciare che un nodo alla gola gli impedisce di parlare, un attimo di commozione quando cita «gli amici della Lega e gli ideali leghisti nei quali ho creduto per 25 anni e continuo a credere». Sbuffa Tosi, come per ammettere un cedimento che fa scattare il primo lungo applauso dei suoi sostenitori. «È una pagina difficile da chiudere» ammette l’ex segretario della Liga quando riprende. Parla quindici minuti il sindaco di Verona. Quasi un telegramma. Arringa: «Non è più la lega di Gianfranco Miglio e Umberto Bossi: neppure Matteo Renzi avrebbe cacciato in questo modo in capo della minoranza interna». Racconta: «Avevo detto che mi sarei ritirato a coltivare l’orto. In alternativa, avrei scelto il seminario, ma Patrizia (Bisinella, senatrice leghista e compagna di Tosi, ndr) era in disaccordo». Annuncia: «E allora eccomi qui da uomo libero per candidarmi a governatore della Regione Veneto».
È la frase che i mille dell’auditorium aspettano. «Tosi, Tosi, Tosi», scandiscono ritmicamente i militanti e gli elettori leghisti che lo votano da una vita. Sulle onde del suo nome Tosi cita le tre stelle polari del movimento: “Liberalismo, popolarismo e federalismo”. Di qui sviluppa un ragionamento su che cosa significhi essere moderati e non demagogici: «Sono un moderato perché ho rispetto per le persone e la verità. È demagogico l’atteggiamento di Tsipras in Grecia che in campagna elettorale sosteneva l’uscita dall’euro e poi, dopo essere stato eletto, si è arreso all’evidenza e ha ammesso che al massimo avrebbe potuto rinegoziare condizioni meno vincolanti dei trattati europei. Bisogna essere seri e concreti. Lo stesso vale per la flat tax: noi non siamo l’India o la Croazia. Come si fa ad abbassare le tasse se prima non si taglia la spesa pubblica?». Il riferimento è ovviamente a Matteo Salvini e alla sua proposta di portare la tassazione unica al 15 per cento. Un bagno di realismo che i suoi sostenitori mostrano di apprezzare. Il sindaco di Verona lo spiega terra terra: «Basta con le promesse da marinaio». Salvini gli risponderà qualche ora dopo: «Caro Flavio, goditi Alfano e Fini. Io preferisco Luca Zaia». E aggiunge: «Tanti auguri per la candidatura, ma spero di vincere io». Il segretario della Lega sfodera dei sondaggi che darebbero avanti la Lega di otto punti sul Pd anche con lo scisma veronese. I tosiani, dal canto loro, sperano in un risultato che li proietti intorno al 10 per cento. Tutto dipenderà dalle alleanze e dalla composizione delle liste. Tosi dedica le ultime parole chiave al centro e alla destra: «Il Veneto torna ad essere un laboratorio politico: di qui partirà il cambiamento che contagerà l’intero Paese. Solo mettendo insieme centro e destra strapperemo il Paese dalle mani di Matteo Renzi». Si chiude con gli applausi e gli auguri di rito, mentre un gruppo di militanti agita le uniche bandiere presenti all’auditorium: quelle del partito dei pensionati.
Mariano Maugeri, Il Sole 24 Ore 15/3/2015