Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  marzo 15 Domenica calendario

L’INFINITA RICERCA DELL’INFINITO

L’infinito è pericoloso. Nel 1600 Giordano Bruno andò al rogo per aver difeso 8 affermazioni eretiche. Una riguardava l’infinità dell’universo. Georg Cantor, esploratore della matematica dell’infinito, si spense in un ospedale psichiatrico, estenuato dallo sforzo intellettuale.
L’infinito è paradossale. Lo dimostrò nel V secolo a.C. il filosofo Zenone sostenendo che mai Achille avrebbe raggiunto una tartaruga partita con un piccolo vantaggio. Galileo inciampò nel paradosso dei numeri interi. La serie 1, 2, 3, 4… è infinita ma altrettanto infinita è la serie dei loro quadrati 1, 4, 9, 16… benché essi siano tra loro separati da altri numeri: dunque ci sono infiniti più grandi di altri!
L’infinito è poetico. Al suo simbolo, l’alef, prima lettera dell’alfabeto fenicio ed ebraico, Borges ha dedicato la raccolta di racconti più perfetta (1949, revisionata nel 1952 e nel 1974). L’infinito è invincibile. I teoremi di Goedel e di Cohen insegnano che il suo segreto è al di là delle nostre possibilità conoscitive.
Forse per questo motivo sono tanti i libri che ne parlano. Ecco gli ultimi due: Il mistero dell’alef di Amir Aczel, matematico israeliano (il Saggiatore, 220 pp., 14 euro) e Lo scienziato e l’infinito (Dedalo, 276 pp., 17 euro) del vietnamita Trinh Xuan Thuan, astrofisico. Il dramma umano di Cantor offre ad Aczel l’ossatura di un racconto avvincente. Thuan ci spiega che ancora oggi gli scienziati non sono in grado di dire se l’universo sia finito o infinito. I dati sperimentali – massa e velocità di espansione – lo lasciano in bilico. Non è un’incertezza astratta. Se l’universo è infinito, dice Thuan, l’etica va in crisi perché «il suo contenuto di bene (o di male) è infinito e nulla di ciò possiamo fare di bene o di male può fare qualche differenza». Eppure, verrebbe da obiettare, il fatto che la vita di ognuno abbia termine, dovrebbe restituire un valore «personale» ai nostri gesti anche in un universo infinito. Non a caso Lacan osservò: «Possiamo vivere solo perché la nostra esistenza è destinata a finire». Oggi una medicina in delirio di onnipotenza promette vite illimitate. Ma guai agli immortali!
Piero Bianucci, La Stampa 15/3/2015