Geremicca, La Stampa 15/3/2015, 15 marzo 2015
MA UNA FIOM INTERVENTISTA NON SCALDA I CUORI A SINISTRA
Difficile dire se Maurizio Landini attendesse risposte diverse da quelle che sono arrivate alla sua proposta di mettere in campo una «coalizione sociale» che avversi le politiche del governo Renzi e sia in prima linea nella difesa dei diritti di tutti i lavoratori. Certo non attendeva applausi dalle tribune occupate dalla destra; e probabilmente aveva messo nel conto – conoscendone le ragioni ufficiali e ufficiose – il gelo e il distacco riservatigli dal mondo dal quale proviene: e cioè quello del sindacato.
Meno scontati, forse – e per questo più dolorosi – i distinguo e le critiche esplicite arrivati al suo progetto dalla minoranza interna al Pd, che dal Jobs Act alle riforme costituzionali (fino all’allarme sul rischio di svolte autoritarie) ha un pacchetto di lagnanze e di proposte assai vicino a quello del leader Fiom. Invece, lui lancia la sua «coalizione sociale» ed apriti cielo. Non è una soluzione – ha contestato Speranza, capogruppo Pd e tra i leader della minoranza – «una sinistra antagonista che nasce dalle urla tv di Landini». E peggio ancora – perché sparge sale sulla ferita – Pier Luigi Bersani: «E’ un’iniziativa che mette in discussione, anche in margine, un’idea di sindacato».
Se il buongiorno si vede dal mattino, dunque, la mossa di Landini sembra destinata ad aumentare la tradizionale conflittualità a sinistra e consegna al segretario della Fiom due problemi di non semplice soluzione. Il primo riguarda – come si dice in gergo – i rapporti con l’area politica di riferimento. I generici sostegni di Sel e Rifondazione, infatti, non bastano a pareggiare i «no» arrivati dalla minoranza Pd. In più, una certa resistenza (storica, a sinistra) a cedere quote di sovranità – leadership, per essere più chiari – costituisce una ulteriore e paralizzante complicazione.
Ma è certamente il secondo problema – non foss’altro che perché più immediato – il vero scoglio che Landini dovrà aggirare, pena il rischio di naufragio: e cioè il rapporto con la Cgil (Camusso) e le altre organizzazioni sindacali. In Corso d’Italia, infatti, sono convinti che quella della «coalizione sociale» sia solo la foglia di fico dietro la quale si prepara la nascita di un nuovo partito di sinistra: e questo – fanno sapere – non è possibile, lo Statuto lo vieta e l’iniziativa potrebbe mettere Landini di fronte a un bivio, col rischio di finire ai margini – se non fuori – della confederazione sindacale.
Per quanto l’obiezione possa apparire speciosa o strumentale, non vi è dubbio che abbia un solido fondamento statutario e di prassi. Per altro, particolari passaggi politico-sindacali potrebbero davvero rendere di difficile gestione l’originale «doppio incarico» nel quale Landini pare volersi calare. Il primo di questi passaggi – giusto per dire – cade tra due settimane: cosa sarà e come andrà interpretata la manifestazione già convocata a Roma per il 28 marzo? Sarà un’iniziativa puramente sindacale o la prima uscita politica del nuovo movimento?
Forse Maurizio Landini non s’attendeva nulla di diverso da quanto sta accadendo: ed è pronto a dare battaglia. Magari starà perfino ripensando alle suggestioni di un po’ di mesi fa, quando lui e Renzi – lontanissimi su tante questioni – venivano accomunati per la forte battaglia di rinnovamento avviata: «i rottamatori», venivano definiti. Il leader Fiom ha seguito tutta l’ascesa del segretario-premier, scrutandone mosse, tattica e stili: e ha visto che il successo di Renzi è stato possibile solo dopo e grazie ad una durissima ed esplicita battaglia generazionale e di programmi. In politica, infatti, nessuno regala niente a nessuno. Landini potrebbe averlo imparato: e se così fosse, dentro e fuori il sindacato se ne potrebbero rapidamente vedere delle belle. Federico Geremicca, La Stampa 15/3/2015