Laura Putti, la Repubblica 15/3/2015, 15 marzo 2015
LE BELLEZZE AL BAGNO CHE RACCONTANO LA STORIA DELLA TOILETTE
PARIGI
Ai tempi in cui l’acqua corrente non esisteva, quando ogni goccia andava trasportata in brocche e bacinelle dalla servitù o dai bambini di casa (come ancora oggi nell’Africa rurale), il concetto di pulizia era piuttosto vago. «Fino alla fine del diciassettesimo secolo la “toilette” era secca.
Si usavano oli e profumi. L’acqua era prevista solo per le grandi occasioni» dice lo storico Georges Vigarello, commissario – con la storica dell’arte Nedeije Laneyrie- Dagen – di una mostra singolare. Si intitola La toilette. Naissance de l’intime ( La toilette. Nascita dell’intimo) e fino al 5 luglio è aperta al Musée Marmottan, noto soprattutto per la più grande collezione al mondo delle opere di Claude Monet. Il professor Vigarello si ferma davanti a un arazzo del sedicesimo secolo. Raffigura una giovane donna al centro di una fontana. È nuda, ma ha in testa una complicata acconciatura rinascimentale. Attorno a lei due ancelle le porgono e gioielli e prelibatezze. «Non fa abluzioni, il bagno è un pretesto. È chiaro che si prepari a una festa o a una notte nuziale». Nel ‘500 ci si lavava, insomma, solo per le grandi occasioni. Non è chiaramente reduce da una notte d’amore la Jeune femme à sa toilette di François Eisen, pittore belga del diciottesimo secolo?
Ha gote arrossate, sguardo sognante e dietro di lei, accanto a un mobile bidet, la governante cerca di buttare fuori dalla stanza una bambina che non ne vuol sapere. Ci sono donne che si pettinano, una che si spulcia (alla bella luce di Georges de La Tour, 1638), ma il professor Vigarello si ferma davanti a una Vanité del caravaggesco Nicolas Régnier, vissuto in Italia come Niccolò Renieri. Una dama ci dà le spalle e, seduta alla sua toilette, si guarda nello specchio. «Tutta questa bellezza» dice il professore, «è turbata da un particolare che oggi sarebbe sgradevole: dietro allo specchio si intravede un vaso da notte. Probabilmente pieno. Gli odori, allora, non davano fastidio come oggi». L’aspetto storico e antropologico è, nella mostra del Marmottan, quasi più importante di quello artistico. Più che i grandi nomi – ci sono, certo, Boucher, Degas, Bonnard, Picasso, Leger, Toulouse-Lautrec, Kupka – sono interessanti le situazioni. Come la coppia di ovali di Boucher: stessa dama, ma un ovale è romantico, l’altro (per l’epoca) pornografico. La dama è per due volte nella stessa posizione: in un quadro, interamente vestita, gioca con un cane; nell’altro, le vesti sollevate, urina in un delizioso vasetto. Nell’altra coppia di tele: in un ovale carezza un bambino; nell’altro, stessa posizione, scopre glutei generosi.
Nella parte moderna della Naissance dell’intime, quando l’acqua si è fatta indispensabile e la toilette è oramai un fatto privato di scoperta del corpo (alla corte di Versailles, dunque fino al diciottesimo secolo, il re faceva bisogni – e la regina partoriva – in pubblico) troviamo il modernissimo quadro di Eugène Lomont: Jeune femme à la toilette (1898) diventato il manifesto della mostra. Una donna di spalle, l’abito calato ben oltre i fianchi, si lava il viso, forse il petto. Degas aveva una vera ossessione per le donne al bagno, ma i collezionisti volevano da lui soltanto ballerine. Alla sua morte fu scoperta una collezione di piccoli bronzi sul tema della toilette: in mostra al Marmottan ce ne sono tre. Belli i tanti Bonnard dedicati alla moglie Marthe dentro, fuori e dopo il bagno. Di lei anche una foto lontana, in bianco e nero, accanto a una tinozza. Si passa per Léger, Picasso, Kupka e anche per l’italiano Cagnaccio di San Pietro, prima di arrivare alle toilette di oggi. Di nuovo pubbliche, esposte a milioni di sguardi: Blumenfeld, Bettina Rheims, Alain Jaquet. Per la pubblicità.
Laura Putti, la Repubblica 15/3/2015