Marco Ansaldo, la Repubblica 15/3/2015, 15 marzo 2015
IL VATICANO: NO AL GIUBILEO-SHOW A ROMA SOLO PER CONFESSARSI IL PAPA: “NON SOTTOPAGARE I PROF”
CITTÀ DEL VATICANO.
Un Giubileo in stile Francesco. Sobrio. Contenuto. Tutto dedito, possibilmente, alla spiritualità. Possibilmente. Perché poi la realtà di un evento destinato a dimensioni strutturali ampie e a numeri possenti in termini di presenze rischia di avere la meglio sulle buone intenzioni dell’idea primigenia.
Scordiamoci, in ogni caso, i fasti dell’anno 2000. Non è desiderio di un Papa come Jorge Bergoglio quello di battere record quantitativi, tanto più dopo le sue ultime parole su un pontificato forse breve, e su dimissioni sempre ventilate anche se finora mai considerate come un fatto prossimo. Quello che si prepara non sarà affatto un Giubileo show, a sentire il portavoce del Papa, padre Federico Lombardi. «Francesco ha fatto il suo annuncio in un venerdì di quaresima — dice a Repubblica il direttore della Sala stampa della Santa Sede — e lo ha quindi pensato in termini molto spirituali. Sarebbe sbagliato riferirsi all’Anno Santo del 2000, con tutte le categorie diverse che arrivarono qui a Roma nell’anniversario del Millennio. L’invito di Francesco alla gente invece sarà: venite qui per confessarvi. È necessario allora calmare gli animi, adesso, e anche l’agitazione che si potrebbe creare per possibili grandi numeri, con la città mobilitata. Certo, noi desideriamo che i fedeli arrivino. Ma il tutto va visto in termini religiosi, più che di esteriorità. Oltretutto, l’annuncio è stato fatto senza uno studio preventivo, senza riunioni in Vaticano o con il governo italiano, proprio perché la forma a cui va ricondotto il Giubileo è quella spirituale. E, come ha detto il Papa, si concentrerà sul tema della misericordia».
Parole chiare. Tese dunque a escludere qualsiasi ipotesi di baraccone, a favore di un appuntamento che vuole costruirsi come essenzialmente religioso. La conferma viene da monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la Nuova evangelizzazione, al quale il Pontefice ha affidato la regia dell’Anno santo. «La nostra prima preoccupazione non è il business, ma esprimere segni concreti di misericordia», ha detto. Sgomberando il campo da possibili equivoci. Previsioni sul numero di pellegrini Fisichella non ne fa. «In questo momento è troppo presto», spiega. Ma lascia prefigurare una organizzazione molto decentrata del grande evento, con il coinvolgimento delle periferie, secondo lo stile del Pontefice argentino. «Non è un Giubileo del come venire a Roma, ma piuttosto di come vivere la misericordia». Un Giubileo soft, insomma, che partirà l’8 dicembre 2015 per concludersi il 20 novembre 2016.
In Vaticano, però, nelle discussioni che si intrecciano lungo i corridoi sacri a tenere banco sono le parole del Papa rilasciate alla Tv messicana Televisa. Ieri Francesco non è tornato sul tema, cambiando completamente registro di fronte ai duemila esponenti dell’Unione cattolica insegnanti. «Insegnare è un lavoro bellissimo — ha detto — peccato che gli insegnanti sono malpagati. Perché non è soltanto il tempo che spendono lì per fare scuola, poi devono prepararsi, poi devono pensare ad ognuno degli alunni: come aiutarli ad andare avanti. È vero, è un’ingiustizia. È un lavoro bellissimo, malpagato». Alla tv di Città del Messico, Bergoglio ha detto che il suo pontificato «sarà breve». E subito si è scatenata una ridda di interpretazioni. Perché Francesco parla sempre più spesso di dimissioni, o morte, o brevità del suo incarico? Le versioni più intriganti, forse davvero quelle più credibili, si concentrano sul fatto che il Papa, di fronte alle critiche crescenti provenienti dal fronte conservatore sulle sue riforme, mostri di poter andarsene, confidando nell’appoggio concreto dei fedeli che stanno con lui e contro la Curia. Da qui le bordate contro «l’ultima corte d’Europa». Insomma, la tentazione di Bergoglio di lasciare non è una minaccia, però il Papa non perde occasione per ricordare di poterlo fare, e gioca su questo filo. La conferma viene da uno degli uomini più concreti in Vaticano, il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio consiglio per i Testi legislativi, che lo conosce bene. «Speriamo che il Papa resti ancora a lungo — dice il porporato milanese — ma direi che quella espressione è uscita dalla sua spontaneità, frutto di puro realismo. Però non ci crede neanche il Papa».
Marco Ansaldo, la Repubblica 15/3/2015