Eugenio Occorsio, la Repubblica 15/3/2015, 15 marzo 2015
“I SEGNALI POSITIVI VANNO SOSTENUTI CON L’ATTACCO ALLA CORRUZIONE”
[Intervista a Nouriel Roubini] –
CERNOBBIO.
«L’uscita della Grecia dall’euro sarebbe un disastro di immani proporzioni per tutti. Il pericolo di contagio non è vero che è diminuito dal 2012 ad oggi: è tutto lì, anzi ora c’è l’aggravante di tutti i soldi che sono stati spesi». Nouriel Roubini ha assistito con crescente preoccupazione alle intemerate verbali di Yanis Varoufakis nei due giorni di workshop Ambrosetti. Però, a dispetto della sua fama di pessimista, continua a ritenere che l’esito della vicenda non sarà infausto. «Credo che alla fine il buonsenso prevarrà e si troverà un accordo, perché tutti, i tedeschi per primi, sono convinti dei costi di un accadimento del genere, sicuramente molto maggiori di quelli connessi con il mantenimento di Atene nella moneta unica. Ma per ora il rumore di fondo continuerà a salire prima di scemare».
Come si è sentito quando Varoufakis ha detto che le regole della Bce le ha scritte la Bundesbank e quindi lui non le riconosce?
«Mah, guardate, c’è molto teatro. Sono sicuro che al di là di queste schermaglie in pubblico, le diplomazie economiche sono al lavoro in silenzio e la loro opera verrà premiata. Come in ogni trattativa, siamo nella fase in cui nessuno dei contendenti vuole perdere la faccia dando l’impressione che ha fatto troppi cedimenti».
E’ sicuro che la pensi così anche la Germania?
«Ho parlato nei giorni scorsi con alti funzionari tedeschi e mi hanno confermato che il negoziato non si è interrotto. Il compromesso preannunciato il 20 febbraio è una buona base, ognuno deve fare qualche cedimento. La posta in gioco è troppo alta, perfino in termini geopolitici: la Grexit consegnerebbe della Grecia nelle braccia dell’orso russo in un momento in cui Mosca dimostra una rinata aggressività, dai Balcani al Baltico. Il pericolo di un’area economica “ortodossa” contrapposta all’occidente è avvertito anche in America, e il presidente Obama ha sollecitato un accordo. Poi c’è Draghi: la sua promessa di fare “ogni cosa possibile” per salvare l’euro sarebbe vanificata, e non resterebbe che chiedersi quale sarà il prossimo Paese a cadere. Gli spread tornerebbero a salire in tutta la periferia, compresa l’Italia, e ci sarebbe la corse agli sportelli bancari in una serie di Paesi cominciando da quelli più deboli come Cipro o Slovenia ma ben presto anche in altri».
Sta di fatto però che qui a Cernobbio si è respirato un consistente ottimismo. Non basta l’aria di ripresa a impermeabilizzare il resto dell’Europa dal contagio?
«No. Peraltro, è vero che la ripresa è avviata nell’Eurozona gode di una serie di benefici senza precedenti: il cambio col dollaro, il petrolio che costa la metà dell’anno scorso, un importante quantitative easing».
E l’Italia? Qui a Cernobbio un sondaggio fra gli imprenditori ha svelato progetti di assunzioni sorprendenti.
«I sondaggi sono sondaggi, non sempre dalle parole si passa ai fatti. Comunque pensando all’anno scorso quando i risultati erano ben diversi, le cose stanno migliorando. Sì, la ripresa è partita anche in Italia. Noi abbiamo alzato le proiezioni per il 2015 dallo 0,2 allo 0,5% di crescita, e forse potremo ritoccarle ulteriormente di qualche decimale. Ma è ancora poco per un Paese che gode di tutti i benefici congiunturali, di una moneta svalutata come ai vecchi tempi, di tassi d’interesse a livello tedesco, addirittura di un atteggiamento favorevole da parte europea in termini di rientro del deficit e del debito. Un Paese in queste condizioni dovrebbe crescere del 2,5%, come la Spagna. Il punto debole è che ai benefici monetari non si aggiunge un contributo adeguato da parte interna. Se l’Italia vuole trasformare questi germogli di ripresa in una svolta strutturale, deve aggiungere un’ancora fitta serie di provvedimenti in grado di attaccare la corruzione, il crimine organizzato, il peso della burocrazia, la giustizia. La gente parla solo del mercato del lavoro, ma questi sono fattori altrettanto decisivi».
E le tasse?
«Certo, ma è tutto collegato. Se attacchi frontalmente la corruzione e il malaffare, colpisci anche l’evasione fiscale. E quando più cittadini pagheranno le tasse, per un’elementare norma economica, tutti finiscono col pagare meno. E poi c’è il fattore fiducia, importante perché la crescita è anche una questione di animal spirits».
Eugenio Occorsio, la Repubblica 15/3/2015