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 2015  marzo 15 Domenica calendario

LA MAGIA DI PALMA IL VECCHIO

Povero Negretti “senior”: la sua Bergamo gli dedica finalmente la prima mostra personale (e che mostra!), a più di mezzo millennio dalla nascita; perché suo nipote, lo junior, pur essendo stato assai meno importante nella storia dell’arte, ha dipinto molto di più: e quindi è assai più noto e frequentato. I Negretti sono famosi come Palma: Jacopo (1480 circa - 1528) è il Vecchio; un altro Jacopo (1548 circa - 1628) è il Giovane; e a complicare le cose in questa famiglia di pittori originaria di Serina, appunto in provincia di Bergamo, c’è anche un Antonio (1525 circa - morto dopo il 1575), che era nipote del Vecchio e padre del Giovane: bel guazzabuglio.
Sta di fatto che di opere del Giovane sono piene tutte le chiese veneziane; e i pochi, autentici capolavori del Vecchio sono invece sparsi per tutti i maggiori musei del mondo. Anche per questo, finora, non aveva avuto diritto ad una mostra monografica: perché mancavano le possibilità per organizzarla; le tavole non si prestano facilmente, e chi ha le sue opere ne è geloso.
MUSEI DEL MONDO
Ci è riuscito Giovanni C.F. Villa (pure i Villa sono tanti, e per distinguerli servono perfino le iniziali dei secondi nomi), a Bergamo: fino al 21 giugno, «Palma il vecchio, lo sguardo della bellezza» (alla Galleria d’Arte moderna e contemporanea, cat. Skira) ne raccoglie 32 opere, da 13 grandi musei e molte chiese. E fa capire quanto fosse lui l’autentico erede dei Giovanni Bellini e dei Cima; quanto fosse intimo di Lotto a Venezia (perché dalla Lombardia la famiglia fugge presto in Laguna: in quella che al tempo era la capitale); quanto sia il ritrattista della bellezza muliebre e della moda del tempo; quanto siano dolcissime le sue Madonne con il Bambino: Sacre Conversazioni per private devozioni e non dedicate agli altari, tutte giocate sugli sguardi che s’incrociano. Ci sono anche alcune sue immense Pale, e due straordinari polittici, per spiegarci quanto al tempo fosse richiesto ed appetito.
Ma i ritratti erano il suo forte davvero: a partire dalla Bella del Museo Thyssen di Madrid, o dalla Giovane in abito blu con ventaglio del Kunsthistorisches di Vienna, con i capelli, s’intende, del classico biondo Tizian-veneziano. Pure la sua Giuditta con la testa di Oloferne (Uffizi), è scollata e prosperosa, e vanta una folta chioma fluente. E le Ninfe al Bagno sembra che prendano il sole al Lido. Né manca l’Assunzione della Madonna (Accademia, Venezia), che è tra le sue accertate prime opere, del 1514.
DEFILATO
Singolare che la massima pittura esploda a Venezia, quando la città vive tempi tra i più drammatici: a inizio del XVI secolo, perde l’entroterra; i suoi nemici si uniscono nella Lega di Cambrai; il Mediterraneo diventa assai meno sicuro per i commerci. Però vivono i maggiori artisti; e Palma (il Vecchio) è tra loro. In nemmeno mezzo secolo di vita, è un’esplosione di colori e di committenze dei collezionisti, che già esistevano.
È defilato dai grandi: come Tiziano, Giorgione, Sebastiano del Piombo; meno famoso: anche perché con meno pitture richieste dallo Stato. Per la prima volta, rivediamo, vicini, capolavori che ormai sono assai lontani tra loro; dall’inizio, alla fine della sua produzione, per apprezzarne l’intero «cursus».
E completa il catalogo la ricostruzione sapiente di tutti i documenti sopravvissuti, cui la mostra affianca grandi restauri; tra loro, le otto malmesse tavole del Polittico nella città natale, del 1515 - 17, quattro metri e mezzo di larghezza; e per la prima volta, lascia a Santa Maria Formosa un altro polittico, quello di Santa Barbara, una «macchina» alta quasi quattro metri. Da queste opere poste, si capisce perché Vasari scrivesse che «Leonardo e Michelangelo non avrebbero altrimenti operato».
LA BELLEZZA
Donne procaci e piene di malizia: le bellezze del tempo, i cui sguardi attraversano la tela, o la tavola; la “bucano” come oggi farebbero con gli schermi della tv. E soggetti religiosi assai ben composti, daccapo pieni di bellezze. Il nome di Palma gli deriva da un testamento: è citato così. A Venezia, la Pala dell’Accademia è il primo quadro di cui ci sia un pagamento; però ne ha già realizzati altri, e con un linguaggio tutto suo: in un ruolo, dice Calvacaselle, che è di «modernizzare e rigenerare l’arte veneziana» con i due, più celebri, Giorgione e Tiziano, ma collocati a pari del suo livello ancora nell’Ottocento.
Quando se ne va, non ha ancora 50 anni; in bottega lascia 47 dipinti: alcuni solo abbozzati. E, prima, ci aveva lasciato il segno della moda del suo tempo, in una formidabile galleria di ritratti.