F.I., Il Messaggero 15/3/2015, 15 marzo 2015
MARIA DE’ MEDICI, NOZZE DI ZUCCHERO
Curiosa, rara e divertente: non succede spesso. Ma a Palazzo Pitti, sulla base di documenti, il favoloso banchetto per le nozze tra Maria de’ Medici ed Enrico IV re di Francia (a Palazzo Vecchio, il 5 ottobre 1600) è stato, in parte, ricostruito: in zucchero fuso erano riprodotte composizioni fantasmagoriche, ma anche sculture realizzate da Giambologna e Piero Tacca; tovaglie e tovaglioli erano piegati in maniere assai scenografiche, e formavano perfino animali; il tutto, raccontato nelle ricevute di pagamento, ma anche in un’eccezionale descrizione di Michelangelo Buonarroti il giovane, pronipote del più celebre omonimo. Perché tenere celata negli archivi tale documentazione? Assai meglio ricostruirla, anche visivamente, con il corredo d’una serie di immagini pertinenti: disegni delle nozze, il documento che le sancisce, i due sposi come erano; perfino Alessandro Allori, allievo del più celebre Bronzino, che inserisce al centro di una tavola con Le nozze di Cana il volto della figlia di Francesco I e Giovanna d’Austria, destinata poi a diventare regina di Francia, per celebrare l’evento.
L’EFFIMERO
La regia della serata, destinata a influire sulla politica del continente, era stata affidata a Bernardo Buontalenti: per dirne una, l’architetto della Tribuna degli Uffizi. Il pronipote di Michelangelo racconta che lo zucchero scaldato e pressato formava « eroi, idoli, femmine vaghe, amoretti, fontane, mostri, templi, teatri e altre mille artificiosissime invenzioni». Giovanna Giusti e Riccardo Spinelli hanno studiato a lungo questa e altre fonti; ne esce, spiega il direttore di Palazzo Pitti Matteo Ceriana, «una meta assai ambiziosa: evocare una grandiosa messinscena del tutto effimera». Risultato pienamente raggiunto; e solo un artista spagnolo, Joan Salas, può spiegare come, partendo dal Trattato delle piegature di Mattia Giegher (1639), è riuscito a dare forme incredibili ai suoi tovaglioli. Per l’occasione, si era costruita anche una speciale credenza, alta 17 metri e che terminava con i gigli di Francia, dove sciorinare i tesori per le tavole di famiglia; e pure essa è stata evocata in mostra. E in cinque sale adiacenti a quella famosa Bianca, adesso si può rivivere il clima, con i fasti, dell’eccezionale evento. Dei bacili in argento dorato del diametro di 60 centimetri, e un toro in zucchero disegnato da Giambologna; tutte le ricevute del caso per gli artisti che, invece del marmo, avevano usato (mai sentito prima) appunto lo zucchero, spesso «messo a oro». Per rivivere, ora, il «regio banchetto» delle «felicissime nozze», come le chiama Buonarroti; per andare in un museo, ed una volta tanto, stupirsi e perfino divertirsi assai.