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 2015  marzo 14 Sabato calendario

UNA MISURA PER LA VIRILITA’

Le dimen­sioni del pene sono l’oggetto di una ricerca recente con­dotta da stu­diosi del King’s Col­lege di Lon­dra.
La lun­ghezza media del pene sarebbe di 13,12 cm in ere­zione e di 9,16 cm a riposo. Gli stu­diosi pen­sano che usando que­sti dati scien­ti­fici pos­sano ridi­men­sio­nare certe fan­ta­sie col­let­tive inat­ten­di­bili e aiu­tare alcuni maschi a supe­rare il loro sen­ti­mento d’inferiorità in que­sto campo. Anche se, ammet­tono, con i «molto ansiosi» c’è poco da fare.
La misura del pene ha un valore sim­bo­lico esten­si­bile ad altri oggetti. Le armi, i grat­ta­cieli, le sfide auto­mo­bi­li­sti­che, la con­cen­tra­zione di denaro e di potere sono misu­ra­zioni sim­bo­li­che della viri­lità attra­verso la loro omo­lo­ga­zione (ugual­mente sim­bo­lica) alle dimen­sioni del pene. Ma l’ossessione dell’uomo per la viri­lità cosa misura vera­mente? Misura la difesa tenace con­tro l’incertezza dell’esposizione all’altro, l’angoscia di castra­zione che colma, bloc­can­dolo, lo spa­zio dell’apertura all’inconsueto.
Nell’infanzia il pene gode, nei bam­bini di entrambi i sessi, di un netto pri­vi­le­gio nei con­fronti della vagina. È un luogo cor­po­reo di sen­sa­zioni sen­suali molto pia­ce­voli, come il cli­to­ride, men­tre la vagina, sep­pure non priva di ecci­ta­zioni, non è acces­si­bile a sti­moli esterni e non è ancora frui­bile per la mastur­ba­zione (che nei bam­bini svolge una fun­zione impor­tante di difesa del loro desi­de­rio con­tro le delu­sioni). Nei con­fronti del cli­to­ride gode di visi­bi­lità, che fa la dif­fe­renza: nell’infanzia vedere, affer­rare le cose nella loro con­cre­tezza, con­sente di dare con­si­stenza alla pro­pria espe­rienza, men­tre l’invisibilità, l’inaccessibilità eccita ma allarma e, per­si­stendo, pro­duce ango­scia. L’invidia del pene nelle donne ha la sua ori­gine nel van­tag­gio difen­sivo dell’uomo nell’infanzia, che tende, tut­ta­via, a ridurre la pro­fon­dità del suo coinvolgimento.
L’investimento nar­ci­si­stico del pene (nei bam­bini maschi che lo pos­seg­gono e nelle bam­bine che fan­ta­sti­cano di poterlo avere) con­sente di abi­tare il mondo esterno con una certa pre­senza in sé e con un senso di coe­renza e di sta­bi­lità, che creano sicu­rezza. Que­sto pro­tegge da sen­sa­zioni ed emo­zioni interne che espan­dono la per­ce­zione della pro­pria esi­stenza verso una mag­giore com­ples­sità, ma, non avendo uno sbocco imme­diato e sicuro nella realtà, desta­bi­liz­zano e creano smarrimento.
L’esibizione del potere virile sim­bo­lico nella vita adulta, ha un’inconscia radice infan­tile e la per­si­stenza di que­sta radice in tutti noi (uomini e donne), spiega l’ammirazione e l’invidia che spesso rie­sce a otte­nere.
La pre­oc­cu­pa­zione ansiosa dell’uomo per la pro­pria viri­lità, ha ori­gine nella soprav­va­lu­ta­zione del pro­prio pene da bam­bino. L’ansia nasce in pros­si­mità del sen­ti­mento d’invidia verso la donna per la mag­gior inten­sità e pro­fon­dità del suo orga­smo. L’intensità e la pro­fon­dità sono con­nesse al potere destrut­tu­rante della vagina, che sovra­de­ter­mi­nata dal pene prima dell’adolescenza, svi­luppa il suo potere libe­ra­to­rio successivamente.
L’invidia della vagina spinge l’uomo all’identificazione con la libertà e l’anarchia ses­suale del corpo fem­mi­nile, senza la quale l’erezione del pro­prio desi­de­rio reste­rebbe pri­gio­niera del suo manto nar­ci­si­stico, inca­pace di lasciarsi andare in qual­si­vo­glia forma di pia­cere vero. Ogni osta­colo all’abbandono ero­tico, che lo costringe a ripie­gare su stesso, inten­si­fica l’invidia e non c’è miglior difesa che inve­stire capar­bia­mente il suo oppo­sto: l’ansia di per­dere il fon­da­mento virile del suo corpo.
L’ossessione della viri­lità è espres­sione del pria­pi­smo psi­chico (il fan­ta­sma dell’erezione per­pe­tua) che affligge l’uomo.