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 2015  marzo 14 Sabato calendario

LANTERNE ROSSE

Li Yinhe, una famosa socio­loga e ses­suo­loga cinese, ha scritto che «in Cina, il fem­mi­ni­smo è sem­pre stato demo­niz­zato», aggiun­gendo che molte donne cinesi, per­fino se scrit­trici o arti­ste, anche una volta giunte all’estero, ten­dono a sot­to­li­neare il pro­prio sta­tus di «brava moglie» e «madre», sem­pre «al pro­prio posto». La cul­tura cinese ha forti tra­di­zioni e radici con­ta­dine, e ha quasi sem­pre pri­vi­le­giato, nel corso dei secoli, l’uomo alla donna. E in Cina, pur tenendo conto dei cam­bia­menti epo­cali — dal 2011 la mag­gio­ranza della popo­la­zione è urbana — certe radici sem­brano rima­nere ben salde nella loro pro­fon­dità cul­tu­rale. Per le donne, dun­que, è cam­biato poco, nono­stante la presa di posi­zione per­fino di Mao Zedong, che negli anni Cin­quanta le definì «l’altra metà del cielo». Se, in più, que­sta fem­mi­ni­lità con­tro cui alla fin fine non si può niente, si asso­cia ad atti­vità di natura poli­tica, il guaio è die­tro l’angolo. Così cin­que ragazze, l’8 marzo scorso, sono state arre­state per­ché hanno volan­ti­nato in favore della parità ses­suale. Sono state fer­mate e impri­gio­nate. E ieri incriminate. Secondo il loro avvo­cato rischiano tre anni di car­cere, per «disturbo della quiete sociale». Enne­sima «stretta» ope­rata da un Par­tito sem­pre più sotto il giogo del suo numero uno. Ma Xi Jin­ping al momento non è, al con­tra­rio, ad esem­pio, di Putin, un nemico dell’Occidente. E può quindi ope­rare in tutta tran­quil­lità in favore del vero e pro­prio incubo del Par­tito, il «wei wen»: il «man­te­ni­mento della stabilità».