Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera 14/3/2015, 14 marzo 2015
LA SVOLTA DI VAROUFAKIS: LE PROMESSE ELETTORALI? SIAMO PRONTI A RINVIARLE
CERNOBBIO Non una rivoluzione, ma un negoziato permanente. Il ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, 53 anni, si presenta a Cernobbio con un denso repertorio di proposte, offerte, aperture, appelli. L’ospite più atteso del «workshop» organizzato da The European House Ambrosetti tiene a chiarire che Syriza, la sinistra radicale al governo ad Atene, non vuole distruggere il sistema. «Non siamo populisti, non abbiamo promesso cose irrealizzabili. Siamo pronti a rimandare l’attuazione di alcuni impegni elettorali, se questo è necessario per dare fiducia ai nostri partner. Il nostro è un programma che vale quattro anni».
Il perno della trattativa, però, poggia su una profonda revisione del rapporto con i Paesi creditori: «un nuovo contratto con l’Europa». Spiegazione: «Vogliamo restituire il nostro debito fino in fondo. Ma chiediamo ai partner di aiutarci per rilanciare la crescita in Grecia. Tanto più rapida sarà la stabilizzazione della nostra economia, tanto più veloce sarà il ritmo del nostro rimborso». Segue dettaglio più tecnico, perché Varoufakis non perde occasione per ricordare che è un economista: «L’idea è convertire il debito in un’obbligazione indicizzata al tasso di crescita. Più la Grecia si riprende, più è in condizione di ripagare i prestiti».
Abilmente il ministro greco si rivolge direttamente all’opinione pubblica della Germania: «I cittadini tedeschi hanno ragione. Si è speso troppo per aiutare la Grecia: 240 miliardi di euro. Il problema è che quegli aiuti facevano parte di uno schema sbagliato, ora lo possiamo cambiare». L’offensiva politica di Atene finora ha raccolto qualche comprensione, ma non ha azzerato lo scetticismo. Gli interlocutori sono tanti. Il governo di Berlino, innanzitutto, custode delle norme e del rigore finanziario. Varoufakis prova una manovra di aggiramento: «Non stiamo discutendo di regole divine, ma di vincoli che non esistevano prima del 2010. Ora è tempo di favorirne l’evoluzione. A che cosa serve il surplus primario di bilancio se non è sostenuto dagli investimenti? Solo ad alimentare la deflazione, il blocco dell’economia».
Poi la Banca centrale europea, Mario Draghi. «Difendo l’indipendenza della Bce. Credo sarà difficile riportare il tasso di inflazione intorno al 2%, ma Draghi ha fatto tutto quello che era possibile fare. Sono convinto che la Bce continuerà a difendere l’indissolubilità dell’euro. Ci crede anche la Grecia. Purtroppo siamo stati esclusi dal Quantitative easing (l’acquisto di titoli pubblici da parte della Bce n.d.r.). Chiediamo a Draghi di sostenere gli sforzi del nostro Paese esattamente come fece con il governo in carica ad Atene nel 2012 (esecutivo di centrodestra di Antonis Samaras n.d.r.)».
Bruxelles, Berlino, Francoforte. Più, naturalmente, Washington, sede del Fondo monetario internazionale, a cui Atene, segnala l’agenzia «Reuters», avrebbe rimborsato ieri sera una rata di 340 milioni. In totale quindi restano altri 930 milioni di euro da versare al Fmi entro fine marzo. Il perimetro del negoziato continuo è questo. «Non ci sono soluzioni alternative — dice Varoufakis — non chiederemo aiuti all’esterno. Coltiviamo rapporti economici con la Russia, la Cina e altri Paesi. Ma il nostro è un problema europeo, che risolveremo all’interno della nostra famiglia europea».
La Grecia si è impegnata a trovare una soluzione di compromesso entro il 20 aprile. Il contesto può aiutare. I segnali di ripresa appaiano un po’ più percepibili, sospinti dalla svalutazione dell’euro. Ieri la moneta unica è scesa a quota 1,048 sul dollaro: il livello più basso degli ultimi 12 anni. Dall’Italia un dato positivo sui prezzi diffuso dall’Istat: il tasso di inflazione è salito dallo -0,6% di gennaio allo -0,1% di febbraio. Un po’ meglio della stima precedente fissata allo -0,2%.