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 2015  marzo 16 Lunedì calendario

Finora non mi sono mai perso un libro di Houellebecq, e bene ho fatto. Sono affascinato dalla sua fisicità, quell’orrenda bocca, quel senso di sgradevolezza timida che emana, uomo dai pori costantemente dilatati

Finora non mi sono mai perso un libro di Houellebecq, e bene ho fatto. Sono affascinato dalla sua fisicità, quell’orrenda bocca, quel senso di sgradevolezza timida che emana, uomo dai pori costantemente dilatati. Houellebecq nasce ateo, si fa agnostico, quindi è attratto dalla “potenza della fede” (lui usa la locuzione “in modo comptiano”). Con gli anni cambia, ma all’implacabile degrado della sua dentatura contrappone una crescita meravigliosa della sua scrittura, uno scambio denti-arte è quanto di più positivo possa esserci per la letteratura. Non per nulla la mia amica Marinella Doriguzzi Bozzo, la miglior penna per recensire film e libri (suo il blog “stelle perfide stelle”), la conclude con una frase che avrei voluto scrivere io: “Sottomissione ….ha anche il pregio di dimostrare come il romanzo non solo non sia morto, ma possa continuare a fungere almeno da contrappeso all’insignificanza montante di indebolite società di massa: non so se moriremo musulmani o inconvertiti, ma certamente con pochissime illusioni e con il continuo timore di innominate sofferenze”. Ha assegnato a Houellebecq il massimo delle stelle, e una meravigliosa sintesi: “Autopsia di una resa”. Impeccabile. L’aspetto banale del libro è proprio la storia, l’ascesa democratica alla presidenza de la République del musulmano Mohammed Ben Abbas che, grazie al sostegno delle Sinistre e della Destra moderata (il “Partito della Nazione”, tanto amato dai renziani colti), nel ballottaggio batte facilmente la destra fascista di Marine Le Pen (leggi Salvini). Il giorno dopo le donne abbandonano la moda occidentale, lasciano il lavoro, l’occupazione maschile esplode, il crimine scompare, le banlieue diventano zone residenziali, le università si islamizzano, tutti si convertono, sottomettendosi alla sharia. Parigi torna a Luigi XIV, abbigliato da Maometto II, Califfo di Costantinopoli. Soumission, per sfortuna sua, ha incocciato “Charlie Hebdo”, assumendo un’involontaria dimensione politica, polarizzando il pericolo islamista dell’Occidente. Può darsi che un giorno la minaccia venga dall’islam, per via demografica o militare o peggio culturale, però per ora, almeno per me, la vera minaccia viene da Occidente. Da anni individui della generazione dei “baby boomer” (1945-‘64) hanno preso il potere, essendo strutturalmente inetti e bonus-dipendenti, hanno fatto, in modo dilettantesco, e ora non sanno come uscirne, alcune scelte epocali (finanziarizzazione dell’economia, globalizzazione, Europa a 28, Euro, etc.). Nel contempo, hanno messo a punto meccanismi automatici che permettono loro di governare a distanza con “trattati, protocolli, troike”. Tutti organismi non elettivi, tipo BCE-FR-FMI, tutti sotto l’ombrello (“traforato”) dell’ONU, riducendo i Premier eletti dai cittadini dei diversi Paesi a semplici “addetti macchina”. Una ridicola bolla colorata nella quale siamo immersi, nostro malgrado. Per me i “nemici” da abbattere sono quelli al vertice di questa struttura: i supermanager delle banche d’affari, dell’industria (convenzionale o dei big data), che praticano un curioso “ceo-capitalismo”: un solo uomo che assume in se, non solo il ruolo esecutivo, ma pure quello strategico e di controllo, sottraendolo agli azionisti, allo Stato, agli elettori. Se si accetta questa analisi, allora il libro di riferimento non è “Soumission”, ma “Rigodon” di Celine (il terzo della cosiddetta “Trilogia del Nord”). Come diceva André Gide “non è la realtà che Céline dipinge, ma l’allucinazione che la realtà provoca”. Siamo nel ’44, Celine, vista prossima la sconfitta della Germania, temendo di essere ucciso come collaborazionista di Vichy, fugge (con la sua Lili e il gatto Bébert), verso la Danimarca: la trilogia è il resoconto delle sue peregrinazioni fisiche e mentali. Il titolo è il nome di un’antica danza provenzale, perfetta metafora di questo viaggio (e pure del mondo d’oggi), “un passo avanti, un passo indietro, senza mai spostarsi”. Il nemico non sono (per ora) gli islamici, ma siamo noi nemici di noi stessi, l’autopsia di una resa è il nostro destino se non reagiamo contro queste Classi Dominanti. Se la profezia “islamica” di Houellbecq dovesse verificarsi, e noi avessimo già perso l’attuale partita contro costoro, non cambierebbe molto: passeremmo dall’attuale sharia tecnocratica a una sharia religiosa. E’ la sharia tecnocratica che dobbiamo combattere per prima, oltretutto essa, come noto, è “collaborazionista” per sua natura. Di Houellbecq preferisco cogliere un’altra profezia, quella più profonda (credetemi, quella “islamica” puzza di fiction politica), quando parla del crollo (!) della filosofia dei Lumi e il ritorno potente delle “religioni”, dice: “il XXI secolo sarà quello delle religioni: Islam, Cattolicesimo, Evangelici”. Da quell’uomo della strada che sono, mi chiedo: non sarà che il barattolo di miele dei Lumi sia vuoto, e io non me ne ero accorto? Domani tornerò sul tema, e non è una minaccia. (1. Continua) 17 marzo Nel Cameo di ieri sostenevo una tesi che si è rivelata non gradita alla Destra, e al contempo rifiutata dalla Sinistra. Dicevo: “non considero l’islam una minaccia, almeno per ora, i “nemici” sono a Occidente, sono le attuali Classi Dominanti, il “ceo-capitalismo”, questi supermanager onnipotenti, siamo noi i nemici di noi stessi”. Attraverso un percorso sciagurato di consumismo idiota (per esempio, trasformando in spazzatura il 40% del cibo acquistato), dopo aver legiferato su un caravanserraglio di diritti civili (per poi trovarsi in imbarazzo: “perché non devo acquistare una cintura D&G e ascoltare invece rapito l’orrenda Candle in the Wind, solo per essere politicamente corretto?), dopo aver rinunciato ai valori fondanti della nostra cultura giudaico-cristiana, abbiamo messo a punto una curiosa modalità di scambio: barattare 70 anni di pace per consumi voluttuari. Siamo via via degradati fino a metterci al polso un orologio che ha una capacità di calcolo superiore a quella che fu necessaria per mandare l’uomo sulla luna (che disastro per la mia amatissima mini collezione: sei pezzi, orologi anni ’40-’60 a carica manuale, bruciata in una notte). Avendo passato la vita a fare business e management sono stupefatto nell’osservare come si possano governare grandi organizzazioni umane con Leadership ove siano rigorosamente assenti i tre profili basici del buon governo manageriale: a) Una “vision” visionaria e una “mission” chiara; b) Capacità e velocità di execution; c) Elevata intelligenza sociale. Della prime due non merita neppure parlarne, in costoro è totale l’assenza della “dimensione umana ed eroica” che dovrebbero avere i leader, per trasferirla poi, con l’esempio, ai collaboratori, e giù per li rami. L’unica focalizzazione che i supermanager riescono a mantenere è quella sulla “quotidianità”, e la visione strategica è tarata sulla “contemporaneità”, quindi per definizione siamo in piena assenza di vision. Si parla tanto di innovazione, ma l’ultima vera innovazione è stata “internet” (anni ’60), frutto della tecnologia militare, “se investi nelle spese militari meno quattrini di quanto spendi di interessi sul debito pubblico il declino del Paese è irreversibile” (Niall Ferguson). Oggi cosa ci danno questi mitici supermanager? Le “app”. Ci rendiamo conto? Le “app”. Eppure la Borsa continua a salire, pur senza fare investimenti e senza dare dividendi (solo bonus a lor signori). Ci eccitiamo perché Banche centrali comprano carta straccia (vecchia) pagandola con carta straccia (nuova), di pari valore. Quanto può durare, questo giochino? Non parliamo poi del collante che dovrebbe avere ogni organizzazione umana, quello che dovresti ritrovare nell’intelligenza sociale del leader, parametro fondamentale per valutare le leadership. Che cosa hanno elaborato costoro? Una strategia che sta fra il banale e lo sconcio: “impoverire la classe media, sedare quella povera” con la prospettiva che, scomparsa la classe media, dovranno forse aumentare le dosi di sedativi? Malgrado costoro, chi viene dalla vita vera (di strada) pervicacemente cerca di “pensare lungo”, ipotizza che ci siano tutti gli elementi per dire come l’Occidente stia entrando nella “Crisi del III secolo”. Nell’Impero romano in decadenza, nei 50 anni di mezzo del III secolo si succedettero oltre 20 Imperatori (inetti e buffoni). Certo, poi Diocleziano riprese in mano la faccenda, Roma resse, malamente, ancora quasi due secoli, prima di chiudere definitivamente la ditta, e consegnare le chiavi a Odoacre. Una “exit strategy”? Alcuni (fra cui Houellebecq) ipotizzano una crisi irreversibile della filosofia dei Lumi, altri un ritorno alla dimensione religiosa (con l’Islam in testa al gruppo, a seguire Evangelici e Cattolici). Non c’è dubbio che il barattolo di miele dei Lumi appaia quasi vuoto, per tre secoli ha nutrito molti di noi di vero nettare, ma dalla “caduta del muro”, il miele ha preso una punta di rancido, se ne trova sempre meno, dicono perché sempre più api vengano uccise dal “calabrone asiatico”. Avanguardisti di questi calabroni arrivarono tempo fa a Bordeaux, nascosti in un carico di legname come fossero normali immigrati, si moltiplicarono, per cibarsi abbatterono le api. I “maschi”, non le difesero, lo sappiamo da sempre, costoro sono pigri, improduttivi, e pure vigliacchi, da secoli vivono da “magnaccia” alle spalle delle femmine, hanno persino perso il pungiglione. Ora, in effetti, il “barattolo” pare quasi vuoto. Circa la dimensione religiosa, che sia un’opzione in forte salita non c’è dubbio. Entrambe le teorie hanno una loro dignità. Quello tagliato fuori è senza dubbio l’Occidente, il suo “ceo-capitalismo” ha irrimediabilmente inquinato il pensiero liberale, rendendolo metaforicamente una “macchietta” con i loro “bonus” e le loro “app” (lo confesso, ciò mi rende furibondo). Nel cameo di domani entreranno in gioco Emmanuel Carrère e la Chiesa di Bergoglio, poi la chiudiamo lì. Nel “pensare lungo” non bisogna esagerare. (2. Continua) 18 marzo Nei due Camei precedenti sono partito dal libro di Houellebecq per ragionare di islam, chiedendomi: può succedere che la minaccia (demografica o militare) un giorno venga dall’islam? Certo, ma per ora non la vedo, per me il nemico è in noi stessi, nel nostro modello culturale-politico-economico, che ha fatto il suo tempo, nelle nostre Classi Dominanti, nel ceo-capitalismo. In Soumission il Presidente eletto Ben Abbas, fin dai suoi primi atti, dimostra di avere un progetto di civiltà, diverso ma dinamico e visionario, mentre le Classi Dominanti abbandonano in fretta e furia i loro valori (?), la laicità, il secolarismo, il materialismo ateo. In questi giorni, è uscito “Il Regno” (Adelphi) di Emmanuel Carrère (consiglio la recensione di Marinella Doriguzzi sul suo blog “Stelle perfide stelle”), che ha speso sette anni per scrivere un grande affresco sull’inizio del cristianesimo. Con lui torniamo a quei primi secoli dopo Cristo, nel lusso più sfrenato del grande corpaccione di Roma imperiale. La raffinata civiltà romana di allora dibatte e teme l’aggressione di una “religione orientale, fanatica, intollerante, aggressiva, con valori opposti ai nostri: il cristianesimo”. Curioso, è la stessa terminologia che oggi noi usiamo nei riguardi dell’islam. Houellebecq è convinto che, in prospettiva, l’Occidente sia spacciato, che non si debba neppure perdere tempo a rimpiangere qualcosa di questa civiltà. L’ultima frase di Soumission è “Non avrei avuto niente da rimpiangere”, Carrère la trova altrettanto memorabile del finale di 1984 “Amava il Grande Fratello”. Carrère riflette sulla possibile “sottomissione” di noi occidentali, sul fatto che potrebbe esserci un capovolgimento delle prospettive, quello che in termini religiosi si chiama “conversione” e in termini storici “cambiamento di paradigma” Da ultimo, mi permetto di far entrare in scena Bergoglio. Lo dico da uomo della strada, da liberale, da cattolico: con Wojtyla mi sentivo protetto “fisicamente”, aveva preso a cazzotti i gerarchi nazi-comunisti, anche con colpi sotto la cintura, fino a farli crollare. Speravo che Ratzinger facesse altrettanto col materialismo ateo dei radical chic, ma dopo il discorso di Ratisbona capii che costoro l’avrebbero abbattuto, usando i loro loschi mezzi. Bene fece a ritirarsi, il suo tratto umano aveva la dolcezza dell’intellettuale tedesco, non poteva certo competere coi volgari, impudichi supermanager dei “bonus”, della coca, delle “app”. Per capire un grande leader bisogna capire chi sono i suoi “nemici”, la “scelta del nemico” è il momento più alto e più drammatico di ogni leadership. Facile con Wojtyla (il comunismo), così con Ratzinger (il multiculturalismo), più difficile capire Bergoglio, uomo che viene dal Barrio de Flores. Chi è Bergoglio? Quello delle 15 “malattie curiali” utilizzate per togliere potere alla Curia? Quello che usa frequentemente il termine parresia, perfetto in termini di analisi sociologica (significa “schiettezza” ma pure sopra le “righe”) ma mai quello “definitivo” di San Berardo (“in capite et in corpore”)? Soprattutto quale è la sua strategia? Avrà capito che molti paesi europei sono ormai “decristianizzati”? Che dirsi cattolici oggi in Europa equivale a dirsi evasori fiscali o mafiosi? Il dibattito culturale ormai è fra il pensatore Elton John e i due filosofi dello stile D&G. Lo stesso Bergoglio è silente verso una serie di temi, un tempo “non negoziabili”, perché? Avrà capito che il mix “finanziarizzazione dell’economia”, “globalizzazione”, “ceo-capitalismo” porta ad aumentare il numero dei poveri in Occidente? In termini strategici, forse ha ragione lui, meglio tacere. Ragionando da manager (noi siamo quelli più culturalmente vicini ai gesuiti, per questo, credo, la Loyola di Chicago mi diede una laurea in legge HC), un’idea me la sono fatta. Bergoglio ha chiaro il destino dell’Occidente (è “spacciato”, dice l’avatar di Houellebecq), sa perfettamente che le élite dell’Occidente, specie quelle dell’Europa e delle zone costiere degli Stati Uniti, vivono in un altro mondo, la Chiesa le ha già perse, loro sono al di là del bene e del male, sono “umanamente” morti. E allora si limita a fare piccoli restyling verbali e punta tutto sui “nuovi poveri di ritorno”, sfruttando anche l’incapacità della Sinistra, neppure più in grado di farsi capire da costoro. L’ho chiamata, in altro cameo, la strategia delle periferie, modo elegante per dire “marketing da discount”. Essendo aggredito sia dai musulmani che dagli evangelici, questi dal Nord America stanno sciamando in tutto il Sud America (il “core” cattolico), Bergoglio non deve assolutamente farsi sottrarre altre quote di mercato. E’ probabile che pure lui giudichi corretta l’intuizione di Houellebecq: il XXI sarà il secolo col ritorno potente delle religioni (da ex mi dico: meglio poveri che diventare “app”), e così si attrezza. Peccato, il miele del barattolo dei Lumi mi era tanto dolce. Devo continuare a suggerire ai miei nipotini di guardare a Est, colà ci sono popoli che hanno ancora un destino, a Ovest, nelle capitali europee e sulle coste americane, ci sono solo individui eleganti e colti, con banali storie da convention. (Fine)