Francesco Ninfole, MilanoFinanza 14/3/2015, 14 marzo 2015
LA BCE PROSCIUGA IL DEBITO
Le dimensioni del Quantitative easing varato da Mario Draghi sono tali da creare effetti di portata storica, che continueranno ad avere conseguenze rilevanti per i mercati anche nei prossimi mesi. Basti pensare, come ha osservato Ubs, che per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale si ridurrà il debito pubblico in circolazione per gli investitori a causa degli ingenti acquisti della Bce (in tutto 1.140 miliardi fino a settembre 2016, in gran parte titoli di Stato).
Nel giro di un anno Francoforte dovrà comprare 720 miliardi di titoli (7,2% del pil dell’Eurozona), ma il deficit dei Paesi sarà di soli 205 miliardi (2,2% del pil). Ciò vuol dire che la Bce dovrà togliere dal mercato, attraverso acquisti anche aggressivi, titoli per 505 miliardi (5% del pil). Una novità assoluta nel Dopoguerra per l’area euro, che finora aveva offerto agli investitori un ammontare di titoli di debito pubblico in costante crescita. A causa dell’alta domanda e della bassa offerta, i prezzi dei bond sovrani resteranno elevati e i rendimenti vicino allo zero o addirittura negativi. Non sorprende che la Germania sia il Paese dove questo fenomeno sia più accentuato. Dal 2010 Berlino ha giovato del cosiddetto «fly to quality». Ora si aggiunge l’effetto Qe: la Bce dovrà comprare soprattutto Bund (poiché la Bundesbank ha la maggiore quota capitale), ma proprio il governo tedesco è quello che ha meno problemi sul deficit. La Bce dovrà quindi togliere dal mercato titoli tedeschi equivalenti all’8% del pil. La situazione in Italia è invece nella media (circa 5% del pil), mentre la pressione sui prezzi dei bond governativi sarà inferiore in Francia e Spagna, che faranno più emissioni nette a causa del maggiore deficit (si veda tabella in pagina). Questo scenario, come ha sottolineato il presidente Bce Mario Draghi, mette al riparo gli Stati dal contagio di crisi in altri Paesi, come quella in Grecia.
Resta da verificare tuttavia su quali mercati si riverseranno gli investitori che venderanno titoli di Stato dalla Bce, uscendo così dal comparto obbligazionario governativo. Ubs ha calcolato che le emissioni nette sull’obbligazionario non pubblico, circa 100 miliardi quest’anno, non sono sufficienti ad assorbire i flussi in uscita dal debito sovrano. Anche questi mercati sentiranno quindi la pressione sui prezzi generata dal Qe.
Alla fine, secondo la banca svizzera gli investitori dovrebbero decidere di spostarsi sull’azionario: gli effetti del piano di acquisti si faranno sentire anche sui listini europei, dato che in borsa potrebbero affluire risorse pari al 6% dell’attuale capitalizzazione complessiva dell’area euro. Ubs considera teoricamente possibile che una parte degli operatori si sposti fuori dall’Eurozona, ma finora questo fenomeno non si è manifestato: al contrario, il comparto azionario ha attirato flussi di investimento nei primi mesi del 2015, soprattutto in Germania e Italia (si veda grafico in pagina).
Nei calcoli di Ubs è implicita l’assunzione che la Bce riesca a comprare tutti i titoli previsti dal Qe. Altri analisti però ne dubitano. Secondo Barclays, in particolare, le banche dell’Eurozona potrebbero essere caute a vendere titoli di Stato alla Bce, perlomeno all’inizio del programma di acquisti avviato da Francoforte, a causa delle poche alternative di impiego e degli incentivi regolamentari a mantenere titoli di Stato nei bilanci. Per gli analisti britannici all’inizio del Qe è difficile che le iniezioni di liquidità si traducano in nuovi prestiti all’economia, per i quali si dovrà aspettare una ripresa economica più sostenuta. Né le banche avranno convenienza a spostarsi su asset più rischiosi (che richiedono un assorbimento patrimoniale), oppure a parcheggiare denaro nei depositi Bce (che hanno tassi negativi). Inoltre, i bond sovrani dell’Eurozona aiutano le banche a raggiungere i requisiti di liquidità previsti da Basilea 3. Queste indicazioni sembrano per ora confermate da quanto detto il 13 marzo da Federico Ghizzoni, ceo di Unicredit: la banca «sta vendendo qualche titolo di Stato italiano, ma si tratta di importi marginali, cifre contenute». Tuttavia Benoit Coeuré, membro dell’executive board della Bce, ha giudicato eccessive le preoccupazioni sulla capacità di acquistare i bond previsti dal Qe, anche perché le banche riceveranno liquidità da Francoforte, potranno registrare plusvalenze (con effetti positivi sul capitale) e hanno l’opportunità di ridurre l’esposizione sui titoli governativi: «Si potrebbe verificare una scarsità di bond, ma non una carenza», ha assicurato Coeuré. Per banche e investitori, dopo anni di profitti sui titoli di Stato, partirà così la caccia a rendimenti in mercati diversi da quello delle obbligazioni governative.
Francesco Ninfole, MilanoFinanza 14/3/2015