Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  marzo 14 Sabato calendario

IL BUONO, IL BRUTTO E IL CATTIVO D’EUROPA

Si incendia il duello tra Grecia e Germania e prende in ostaggio l’Eurozona. Non tanto su tecnicismi, cifre mancanti e buchi neri di un negoziato estremamente teso e difficile. Quanto su risentimenti personali, passioni nazionali, interessi contrapposti e sempre più inveleniti. Deriva pericolosa.
Fosse uno spaghetti-western, il film girato in questi giorni tra Atene, Bruxelles e Berlino sarebbe una riedizione involontaria ma quasi perfetta de “Il buono, il brutto e il cattivo”.
Pochi dubbi sulla distribuzione dei ruoli: il tedesco Wolfgang Schäuble, borsa rigonfia, lingua tagliente, “cacciatore” implacabile è il cattivo predestinato del triangolo. Alexis Tsipras, il radicale di sinistra divenuto repentinamente premier inesperto di un Paese in miseria, è il brutto anatroccolo di cui nessuno si fida: lo si vorrebbe abbandonare nel deserto ma non si può se non a proprio rischio. Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Ue, è il vecchio e stanco cavaliere europeista, perfetto nella parte del mediatore buono tra due sanguigni antagonisti, di chi tenta di guardare oltre gli scontri a fuoco alla ricerca di un futuro solido, meno sterile e polveroso.
I ruoli sono chiari, la trama ancora incerta mentre i segnali di intolleranza reciproca vanno alle stelle. «La Grecia deve attuare gli impegni. Basta cercare capri espiatori» ha detto Schäuble liquidando come «non senso» la protesta ufficiale del governo greco che l’accusa per i presunti toni sprezzanti e irridenti usati pubblicamente per parlare del collega Yanis Varoufakis.
Poi, tanto per mettere tutti i puntini sulle i, il ministro delle Finanze tedesco non ha escluso un Grexit per caso: «Visto che la responsabilità e la possibilità di decidere quello che accade spetta solo alla Grecia e visto che non sappiamo esattamente che cosa stiano facendo quelli che in Grecia dovrebbero fare, non possiamo escluderne l’uscita dall’euro».
Parole pesantissime, laceranti, acrimoniose.
Ma fanno il paio con l’ostruzionismo greco al negoziato, tra richieste di riparazioni di guerra a Berlino, peraltro approvate all’unanimità dal parlamento insieme alla creazione di una commissione di inchiesta ad hoc. E con la nuova domanda di Atene per la ristrutturazione/cancellazione del proprio debito in quanto insostenibile e non ripagabile. Poi, tanto per ricucire un dialogo tempestoso, nell’ultima vignetta apparsa sul giornale di Syriza, il partito di Tsipras, si legge: «Greci, siete accusati di voler vivere. Questo vostro desiderio è punito con la morte». Ovviamente, a pronunciare la sentenza è Wolfgang Schäuble.
Le provocazioni reciproche si accavallano, dunque, nel continuo ping pong tra arroganza e umiliazione, tra severità, disperazione e incomunicabilità culturale quasi pneumatica. Cresce intanto il rischio di corti circuiti più o meno accidentali. Sarebbero disastrosi per tutti.
Per questo Juncker tenta di mediare tra gli opposti estremismi, di fare il pompiere tra animi esacerbati. Sa che il problema non è solo greco: è anche e soprattutto europeo. Per questo chiunque accenda le tensioni invece di spegnerle, non importa se sia il brutto o il cattivo, disdegna la salvaguardia dell’interesse collettivo, che è la coesione dell’euro e non la sua disgregazione. Juncker però sa anche che più di tanto non può fare.
Perché il negoziato in corso per evitare la bancarotta di Atene è bilaterale, tra Grecia ed Eurogruppo. La Commissione Ue «non ha un ruolo da protagonista». In breve, Juncker, che è stato presidente dell’Eurogruppo per ben otto anni fino al 2013, è estromesso dalle trattative. Il suo tête-à-tête ieri a Bruxelles con Tsipras ha avuto un valore più simbolico che di sostanza.
Come se già non fosse abbastanza drammatica, la battaglia greca in corso in Europa si intreccia infatti con una sorda guerra interistituzionale nella quale i governi sono decisi a prevalere a tutti i costi. «Da quando è alla guida della Commissione, Juncker crede di possedere il monopolio della creatività politica ed economica. Si sbaglia. Sono i governi e l’Eurogruppo che decidono» ironizzava qualche giorno fa un diplomatico europeo che pesa molto nelle partite in corso.
La fiducia intra-europea è saltata, i mediatori buoni sono messi ai margini. A ben pensarci, invece di uno spaghetti-western sarebbe più appropriato evocare una tragedia di Euripide.
Adriana Cerretelli, Il Sole 24 Ore 14/3/2015