Flavia Amabile, La Stampa 14/3/2015, 14 marzo 2015
E SUL PRESIDE-ALLENATORE È GIÀ SCONTRO
Ieri nelle scuole italiane si respirava un’aria diversa. Gli unici tranquilli erano i prof di ruolo sopravvissuti alla «Buona Scuola» presentata due giorni fa in Consiglio dei ministri senza subire troppi colpi. Gli altri, dai dirigenti ai supplenti e precari si sono svegliati senza sapere bene quale futuro avranno davanti. Il disegno di legge introduce quelli che Renzi ha definito i «presidi-allenatori», dirigenti scolastici che avranno molta più autonomia e più potere. Come ha chiarito il sottosegretario Davide Faraone, «devono avere un compito di guida per un’intera comunità, come un sindaco». E, quindi, «potranno scegliere liberamente da un albo i docenti di cui hanno bisogno e potranno godere di maggiori risorse per tenere le scuole aperte il pomeriggio». E poi potranno «assumere i docenti precari ma non perché lo imponga qualcuno ma per coprire i fabbisogni reali delle scuole». Vuol dire, insomma, non avere vincoli di graduatorie e agire in base a criteri autonomi.
I nuovi manager
È l’evoluzione sulla falsariga europea di un processo iniziato con Letizia Moratti alla guida del ministero dell’Istruzione e l’arrivo dei presidi-manager. Oggi, infatti, si chiamano ufficialmente dirigenti scolastici, controllano i fondi in arrivo dallo Stato, devono fare periodicamente il resoconto del bilancio al Consiglio d’Istituto, firmare ogni circolare o documento emesso dalla scuola, e quindi assumersene la responsabilità alla stessa maniera di un qualunque dirigente d’azienda. Rispetto ai colleghi europei hanno un controllo inferiore con l’alto rischio che alcuni futuri preside-allenatori diventino presidi-sceriffi, «comandanti-assoluti con diritto di vita e di morte sugli insegnanti», come ha commentato dall’opposizione il senatore Fabrizio Bocchino del Gruppo Misto.
È solo l’inizio
Nulla di tutto questo accadrà, assicura la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini in un’intervista a Radio 24. «Il meccanismo di valutazione dei risultati delle scuole, della didattica e dell’apprendimento degli studenti sarà attribuito ai dirigenti scolastici nella parte che loro compete. Chi ha una responsabilità così forte deve renderne conto ed essere valutato». Il processo di valutazione dei dirigenti è però appena agli inizi ed è tutto da vedere se e come funzionerà. Nessun pericolo di favoritismi anche secondo Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi «E’ una vecchia obiezione ma c’è tutto l’interesse del dirigente a scegliere le persone più adatte al progetto educativo altrimenti non si raggiungono i risultati prefissati» anche perché «può esserci una mela marcia ma non per questo bisogna bloccare le riforme».
L’Era Gelmini
Via libera alle riforme, quindi, ma è anche vero che i dirigenti sono una figura già messa a dura prova dai tagli dell’era Gelmini. Non a caso, sono i dirigenti pubblici con il peggior rapporto remunerazione/responsabilità. La parte fissa del loro stipendio – uguale per tutti - è di circa 47.500 euro annui lordi (su 13 mensilità). La parte variabile oscilla fra i 10 e i 15 mila euro annui lordi. E almeno il 35% lo versano in tasse. Arrivano alla nomina dopo aver superato un concorso regionale in via di riforma e che è una delle tante fonti di infiniti ricorsi che rendono la nomina sempre e comunque precaria. In totale sono in 8070 ma erano 10.400 nel 2011. In tre anni si sono persi 2400 posti. In 1300 sono stati cancellati dagli accorpamenti tra Primarie e Medie che hanno portato alla nascita degli istituti comprensivi con grande risparmio di personale. Altri 1100 sono stati cancellati dai tagli dell’era Tremonti che hanno previsto accorpamenti per tutti gli istituti che avevano meno di 600 studenti. Forse saranno presidi-allenatori ma per il momento sembrano soprattutto presidi-panda in via d’estinzione.
Flavia Amabile, La Stampa 14/3/2015