Enrico Sisti, la Repubblica 14/3/2015, 14 marzo 2015
STANCO, TRISTE E IMPAURITO COSÌ SI È PERSO DE ROSSI¬
ROMA
Non è la caviglia destra, è il cuore. Non è un amore che finisce, è l’energia nervosa che sparisce. Quel che resta di uno straordinario centrocampista ciondola fino a bordo campo per la sostituzione. Il suo sguardo si confonde con la barba. Maledetta barba: proprio da quando ha la barba Daniele De Rossi ha cambiato pelle, chissà come e quando (il perché un po’ lo si conosce), trascinandosi nel vuoto, in quello spazio senza sorrisi in cui rimbombano solo domande scomode. Una per tutte: ha ancora senso tutto questo? A Firenze il ragazzo stanco di essere se stesso, il ragazzo che malgrado tutto questo suo precipitare nella paura di giocare è ancora il calciatore più pagato della serie A (sei milioni all’anno che adesso stridono come unghie sulla lavagna) ha chiesto il cambio dopo il secondo madornale errore di forza e di concentrazione. Guarda in panchina e dice: «Io esco». Da tutto probabilmente. La caviglia è veramente l’ultimo dei problemi. Fantastico patrimonio del calcio italiano, De Rossi è un caso soprattutto per se medesimo. La pagina amara di giovedì sera ha evidenziato quanto il pur esaltante amore per la sua squadra, per la «cosa giallorossa», non sia più sufficiente per nascondere la verità: il corpo è più potente dell’anima, quando si indebolisce. Un anno terribile, di sole ombre, sette volte sostituito, cinque panchine, otto assenze, un’espulsione. E sempre lì a giocare troppo basso, condizionando l’intero sistema. Tre anni fa poteva andare al City. Nel 2013 Garcia fermò il suo passaggio allo United. Forse cambiare aria avrebbe ridestato la sua parte addormentata. Però non l’ha fatto. La spettacolare e un po’ invidiabile colleganza con la sua terra e la sua fede calcistica, che l’ha mantenuto tifoso anche da atleta superpagato, è prevalsa. Forse a quasi 32 anni riproverà a scappare. Osvaldo racconta di aver ricevuto un suo sms: «Invidio il tuo gol sotto la ”12” (la curva della Bombonera, ndr) ». Potrebbe raggiungere il suo ex-compagno al Boca a fine stagione. Ma chi pagherà il suo stipendio? C’era in ballo anche il Nordamerica, con New York (via City), o Toronto. Ovunque purché lontano, verrebbe da pensare. Orazio tuttavia avverte: «Muta il cielo, non l’animo di chi va per mare». Il cambiamento comincia (e finisce) dentro. E forse Daniele lo sa.
Enrico Sisti, la Repubblica 14/3/2015